PALERMO – “Vi scriverò ancora” (Sellerio, Palermo, 2024) è il titolo del libro che raccoglie le lettere scritte da Andrea Camilleri ai genitori, al padre Giuseppe e più spesso alla madre Carmelina Fragapane, quando nel 1949 da Porto Empedocle si trasferisce a Roma per studiare regia all’Accademia nazionale di Arte drammatica, sotto la guida di Silvio d’Amico e Orazio Costa.
Curata da Salvatore Silvano Nigro con la collaborazione di Andreina, Elisabetta e Mariolina, le tre figlie dello scrittore, la raccolta si “chiude” con una lettera del 31 agosto 1960, che mostra un Camilleri trentacinquenne ormai maturo, sposato da tre anni con Rosetta Dello Siesto, padre di due bambine (la grande, Andreina, assai vivace, è appellata affettuosamente “criminale” ) e finalmente regista affermato: infatti, oltre a portare a teatro Le sedie di Jonesco, è ormai anche il primo regista a rappresentare Samuel Beckett in Italia, di cui già nel 1958, al Teatro dei Satiri di Roma, ha messo in scena Finale di partita, e in seguito ne curerà una versione televisiva con Adolfo Celi e Renato Rascel.

Andrea Camilleri
Pur nella ripetitività di diario/notiziario minuto su stato di salute, sugli studi appassionati e sulla diuturna forsennata ricerca di lavoro, con la periodica necessità di chiedere soldi ai genitori, per la scrivente, appassionata lettrice dell’illustre conterraneo, il testo è stato una piacevole sorpresa, che le ha permesso di scoprire e apprezzare aspetti sconosciuti dello scrittore, approdato a Roma inizialmente come studente fuori sede, vincitore di una borsa di studio di regia teatrale all’Accademia di Arte drammatica, da cui però verrà escluso un paio d’anni dopo per motivi ”boccacceschi” , che Camilleri stesso rivelerà nel 2002 in un’intervista a Saverio Lodato.
Dopo tale esclusione, oltre a continuare a studiare giorno e notte, il futuro scrittore si metterà alla ricerca di qualsiasi lavoro legato al mondo dello spettacolo per racimolare i soldi necessari a vivere senza i vaglia della famiglia. Emblematica la chiusa di una lettera del 22 maggio 1953 alla madre: “Io stringo i denti e vado avanti a tutti i costi… Vedremo alla fine chi vincerà, io o questa scarogna porca”.

Camilleri con Aldo Giuffrè
Dall’epistolario si evince infatti il carattere e la tenace resilienza Camilleri, nonostante le porte chiuse e i vari, soprattutto iniziali, buchi nell’acqua. Degni di ammirazione i suoi innumerevoli, complicati e rocamboleschi, tentativi di inserirsi nel mondo del teatro, del cinema, della nascente televisione italiana: nel 1954 partecipa con successo a un concorso per funzionari Rai, ma non viene assunto poiché comunista, come disse lui stesso. Entrerà in Rai solo tre anni dopo.
Scopriamo ancora un giovane Camilleri voglioso di allargare il suo giro di conoscenze, sapiente tessitore di rapporti umani: gli viene presentata l’attrice Anna Proclemer, diventa amico di Franco Rosi, di Patroni Griffi, di Vittorio Gassman… Fu in Italia il primo a scoprire lo scrittore francese Jean Genet, di cui aveva tradotto e adattato per la radio un testo, nonostante l’occhiuta censura del tempo. Pranzerà poi con lui e con Jean-Paul Sartre.

Silvio D’Amico
Due i temi costanti delle lettere: il legame affettuoso, forte e genuino per mamma e papà, per la nonna, per gli zii e il numeroso parentado e, nei primi tempi di permanenza a Roma, soprattutto da giovane studente, l’umile richiesta ai genitori del vaglia telegrafico mensile che gli avrebbe permesso di mettere assieme pranzo e cena e pagare l’affitto.
“Mamma carissima, scusami per il ritardo. Non è colpa mia, non sono stato tanto bene in salute. (…) Spero che queste giornate passino presto in un modo o nell’altro, ho la necessità assoluta di stare un poco tranquillo, un anno di seguito di questi continui alti e bassi hanno ridotto i miei nervi in uno stato veramente pietoso. E poi mi accorgo di essere stato abbastanza sfortunato, che me ne fosse andata bene una delle diecine di iniziative che ho preso! Ho scritto a Luchino Visconti e aspetto una sua risposta per mettere in rima «Les bonnes» ma ho pochissima fiducia. (…) Spero entro questo mese di concludere qualcosa, altrimenti la situazione si fa troppo oscura e insostenibile. (…) A proposito di scrivere, otto giorni fa, sul terzo programma, Enrico Falqui parlando della giovanissima letteratura italiana, ha detto che io sono «uno di quelli che bisogna tenere d’occhio, una delle poche forze vive e in sviluppo della giovanissima poesia d’oggi». Ci faccio una birra, con la poesia. Io ho bisogno di soldi, e non di belle parole. Comunque, te le ho ripetute, se possono esserti di conforto. Ti abbraccio con tutti di casa con immenso amore”: questo uno stralcio significativo della lettera alla mamma, scritta da Camilleri il 3 agosto 1952.

Orazio Costa
E ancora: “Io lavoro parecchio, tento di aprirmi a difficoltà una strada e il risultato che intendo raggiungere non è il successo o una mia famiglia: siete voi, avere la possibilità di avervi accanto”.
Da uno che avrebbe fumato poi due pacchetti di sigarette al giorno per tutta la vita, in tante lettere si legge poi la tenera e paradossale la raccomandazione al padre di non fumare!
Scopriamo inoltre un Camilleri fine e acuto conoscitore dell’animo umano: il futuro autore del commissario Montalbano e di tante trame avvincenti si propone infatti di ‘studiare’ Orazio Costa, il maestro di regia all’Accademia “per scoprire i punti deboli che sicuramente avrà… un uomo che, abbattuta la muraglia, resta un uomo timido, bisognoso di affetto, un bimbo troppo presto cresciuto”.

Vittorio Gassman
Infine, dall’epistolario traspare l’innamoramento del giovane Andrea per Rosetta Dello Siesto, “una brunetta deliziosa”, conosciuta come aiuto-regista, citata per la prima in una lettera ai genitori del giugno 1953. Camilleri dirà poi alla madre, nel novembre successivo: “Le voglio molto bene, ma non è una passione irragionevole. Voglio che sia una cosa solida, per tutta la vita, altrimenti non ne farò niente”. E ancora a dicembre: “Gli unici momenti di distensione li trovo con Rosetta (…) accanto a lei mi avviene di placarmi e di tornare sereno”. Camilleri intuisce bene: sposerà Rosetta nel 1957 e il loro sarà un matrimonio riuscito che durerà tutta la vita, sino alla morte dello scrittore avvenuta il 19 luglio 2019, mentre Rosetta ci ha lasciati qualche giorno fa, nella notte tra l’1 e il 2 maggio.
“Rosetta è stata la spina dorsale della mia esistenza – dichiarò Camilleri in un’intervista – So di essere un uomo fortunato, e non solo perché sono riuscito a vivere facendo esattamente quello che sognavo, ma anche perché ho avuto Rosetta”.
Grazie dunque alle figlie dello scrittore e al critico Salvatore Silvano Nigro per la condivisione di quest’epistolario, che lascia un segno positivo: perché incoraggia a non arrendersi mai chi, come Camilleri, ha una passione e un sogno da realizzare.
Maria D’Asaro
Nell’immagine di copertina, Andrea Camilleri con la moglie Rosetta Dello Siesto, sposata nel 1957
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