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Quando corpo e psiche cercano di separarsi

di | 2025-05-09T19:47:57+02:00 11-5-2025 0:30|Cultura, Sezione 7|0 Commenti

MILANO – “Noi siamo un corpo che, vivendo, muore. Ma poiché oltre all’occhio, all’utero, al polmone, siamo uno sguardo, un neonato, un respiro noi siamo corpo che, morendo, vive”: così scrive Vittorio Lingiardi, psichiatra e psicoanalista, accompagnando il lettore in un interessante viaggio tra lo scientifico e l’artistico attraverso il corpo considerato non soltanto un semplice assemblaggio di organi, ma un tutt’uno con la psiche: umano, appunto. (“Corpo, umano”, Einaudi, 2023). Non sarebbe difficile, più che mai in questo periodo così tragico, trovare un qualsiasi oscuro evento di corpi martoriati o di menti disumanizzate, ma in particolare due più recenti si caratterizzano per la loro efferatezza.

Il primo fa riferimento alla restituzione dei poveri resti, in un sacco bianco etichettato “NM SPAS 757” e catalogati come maschili, della giornalista ucraina Viktoria Roshchyna da parte delle autorità russe. Solo con il test del DNA è stato possibile identificare il corpo della freelance di ventisette anni, scomparsa nell’agosto 2023. Alcune sue inchieste riguardavano i “ghost detainees”, i civili ucraini (si stima tra i sedicimila e ventimila) detenuti arbitrariamente in carceri e centri non ufficiali. I dati delle Ong e fonti delle Nazioni Unite parlano di almeno 186 strutture, in Russia e nei territori occupati, che trattengono civili e prigionieri ucraini, sottoponendoli a torture e sevizie in una condizione di umanità negata.

Quella stessa che emerge ne “Il sogno del prigioniero” (1954) scritta da Eugenio  Montale nel secondo dopoguerra; nella lirica si avvertono le percezioni fisiche di un prigioniero: “l’occhio del capo guardia dallo spioncino, //crac di noci schiacciate, un oleoso //sfrigolìo dalle cave, girarrosti veri o supposti…” evocanti immagini di tortura e di morte (corpi straziati, ossa frantumate). Le metafore “gastronomiche” di ispirazione dantesca (noci schiacciate, girarrosti, olio che frigge dai forni) simboleggiano la condizione di angoscia esistenziale del poeta e rimandano storicamente ai campi di sterminio nazisti, ai forni crematori, ai gulag e alle persecuzioni di Stalin in Unione Sovietica. Anche il corpo della Roshchyna mostrava segni di torture e mutilazioni, quali la rimozione del cervello, degli occhi e parti del collo.

L’Ordine dei giornalisti italiani ha denunciato che, dall’inizio del conflitto, sono almeno trenta i giornalisti detenuti nelle prigioni russe e che sedici di nazionalità ucraina (fra cui sei donne) sono stati uccisi. Scrive ancora Lingiardi, nel suo libro, che il cervello è l’organo per “eccellenza” che ha fatto della specie umana quella più evoluta: “Esso contiene tutti gli organi… laboratorio infinito, pieno di stanze ed anfratti”; il momento storico che stiamo attraversando rende, tuttavia, alquanto difficoltoso ascrivere gran parte dei comportamenti attuali a quelli dell’homo sapiens.

Il secondo episodio si ricollega alla vicenda di una ragazza nata in un paesino dell’Aspromonte dove, poco più che bambina, era stata violentata insieme ad un’amica da un gruppo di ragazzi, tra cui anche i rampolli di qualche capo-bastone locale, affiliato alle cosche di ‘ndrangheta di Seminara. Le immagini dello stupro erano state usate in seguito per due anni, come strumento dell’inqualificabile ricatto tra silenzio vs divulgazione. La vittima ha avuto il coraggio di denunciare, pur in quel clima di complice omertà diffusa, e così sei dei componenti del branco sono stati condannati, in primo grado, a pene variabili da tredici a cinque anni di reclusione, assolti altri sette. Arduo individuare quale parte “dell’evoluto cervello” abbiano usato i congiunti a lei più vicini che le avevano “consigliato” di ritirare la denuncia e, di fronte al suo rifiuto, intimato di buttarsi dalla finestra o di fingersi pazza.

L’opera di Frida Khalo “Qualche piccolo colpo di pugnale” (1935)

Grottescamente più amaro il successivo intervento, sempre pro aguzzini, della nonna (78 anni) e di suo figlio (47) che l’avevano rinchiusa, frustata a sangue con una corda e imbavagliata perché nessuno sentisse le sue urla di dolore. Nelle scorse settimane, grazie alle indagini della procura di Palmi, la nonna è stata posta agli arresti domiciliari, mentre per il secondo parente è stato disposto il divieto di avvicinamento alla parte offesa. Nel 1935 Frida Kahlo, traendo spunto dalla notizia riportata sui giornali di un brutale femminicidio, dipinse “Qualche piccolo colpo di pugnale” (Unos cuantos piquetitos, 1935). L’opera immortala il corpo martoriato della donna, in piedi accanto a lei il compagno-assassino con in mano ancora l’arma del delitto, due colombe mentre reggono uno striscione con le parole che, in sua difesa, l’uomo aveva pronunciato davanti al giudice: “Ma è solo qualche punzecchiata, niente di che”.

Quando si definiranno i piquetitos per quello che sono, ovvero pugnalate, forse vorrà finalmente dire che qualcosa sarà cambiato per l’homo sapiens nel rapporto corpo/mente.

Adele Reale

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