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La scuola italiana è troppo “femminile”

di | 2020-02-21T13:53:24+01:00 23-2-2020 6:10|Attualità, Sezione 3|0 Commenti

RIETI – Siamo quasi alla soglia dell’8 Marzo, ovvero della giornata dedicata alla donna, e il pensiero corre veloce su ciò che s’intende definire “condizione femminile” nel mondo del lavoro. Circa un anno fa, proprio in occasione di tale ricorrenza, un giornale riportava un quesito inerente la crescente femminilizzazione del corpo docente e se questo potesse essere considerato un vantaggio o meno e se avesse rilevanza rispetto al rapporto con gli alunni e di conseguenza al risultato finale del loro successo scolastico. A chiedersi se davvero troppe sono le donne nella scuola, è anche l’Ocse, l’Organizzazione per lo sviluppo economico, che in “Gender imbalances in the teaching profession” (Squilibri di genere nella professione docente) ha evidenziato la predominanza femminile nella professione dell’insegnante come un fenomeno in continua ascesa nei Paesi sviluppati. 

Storicamente l’insegnamento è stato sempre dominato dalle donne: la percentuale di insegnanti di sesso femminile è aumentata nell’ultimo decenni, raggiungendo il massimo nel 2014 (68%) per tutti i livelli scolastici. Tale disparità diminuisce gradualmente con il livello di istruzione, dal 97% delle donne nella primaria al 43% ai restanti ordini di grado. In Europa, è la Gran Bretagna che ha cercato di correre ai ripari, prevedendo incentivi per aumentare il numero dei docenti di sesso maschile. In Italia è forse la retribuzione modesta a spingere i laureati uomini a cercare soluzioni lavorative più vantaggiose.

Tornando ad analizzare il fenomeno, in uno studio di Birch e Crosier si ritiene che “l’assenza di insegnanti maschi a scuola rafforza e perpetua gli stereotipi problematici su donne e uomini. Così gli studenti apprendono attraverso l’esperienza diretta che il mercato del lavoro segrega gli esseri umani per genere, considera le donne come ‘assistenti’ più idonee rispetto agli uomini e finiscono per non considerare la professione dell’insegnante”. Confrontando i dati del Ministero relativi agli ultimi due anni scolastici, per i docenti statali con contratto a tempo determinato annuale e fino al 30 giugno, sembrerebbe emergere un’inversione di tendenza nel rapporto di genere.

Nella scuola dell’infanzia dove, come si è visto, i docenti maschi di ruolo rappresentano complessivamente lo 0,7%, quelli con contratto a tempo determinato raggiungono in media l’1% (confermato nei due anni scolastici esaminati). In alcune regioni la percentuale nel 2017-18 è più alta, come, ad esempio, in Basilicata, in Friuli Venezia Giulia e in Piemonte. Nella scuola primaria dove i docenti maschi con contratto a tempo indeterminato rappresentano complessivamente il 3,6%, quelli con contratto a tempo determinato invece raggiungono nel 2017-18 in media il 5,9% (due anni prima erano al 5,7%). Nelle regioni del Nord Ovest, c’è una maggiore tendenza all’incremento, gli uomini raggiungono il 7,8%, mentre in quelle del Mezzogiorno restano al 3-3,5%. La punta più alta si registra in Lombardia dove i supplenti uomini passano all’8,4%. I professori supplenti della scuola secondaria di I grado, subiscono una minima flessione tra le due annate. La media tra i professori di ruolo è di cinque punti percentuale in meno. Le percentuali maggiori in Basilicata, in Molise, in Calabria.

Da notare che nelle regioni del Mezzogiorno la percentuale di professori uomini supplenti è superiore alla percentuale media nazionale, mentre nella scuola primaria e nell’infanzia è inferiore, evidenziando come l’essere “professore” piuttosto che “maestro” sembra esercitare un’attrazione maggiore in quei territori. Anche negli istituti di secondaria di II grado la percentuale media di supplenti uomini si conferma di gran lunga maggiore di quella dei colleghi di ruolo con percentuali superiori al 40% in Basilicata, Calabria, Friuli, Veneto, Lombardia, Molise e Piemonte.

Con i nuovi concorsi alle porte, per far fronte al significativo ricambio generazionale che aspetta la classe insegnante italiana, è prevedibile che la maggiore incidenza di docenti uomini tra i precari si tradurrà in una maggiore incidenza anche tra i docenti di ruolo. Insomma si preannuncia una leggera inversione di tendenza, dopo anni e anni di valanga rosa sulle cattedre italiane. Se anche dai prossimi concorsi uscirà una percentuale di insegnanti maschi simile a quella dei precari, la scuola potrà trarne vantaggio in termini di maggiore equilibrio di genere.

Stefania Saccone

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