//Una barriera corallina al largo della Puglia

Una barriera corallina al largo della Puglia

di | 2019-03-10T06:43:49+01:00 10-3-2019 6:46|Punto e Virgola|0 Commenti

La notizia è stata pubblicata qualche giorno fa dalla rivista Scientific Reports ed è una scoperta che ha dell’incredibile: al largo della Puglia c’è una barriera corallina simile a quella delle Maldive, oppure del Mar Rosso. L’annuncio è dai ricercatori del Dipartimento di Biologia dell’Università di Bari, che avevano cominciato ad indagare circa tre anni fa. Questa straordinaria scogliera è posizionata tra i 40 e i 55 metri di profondità, ad un paio di chilometri dalle coste di Monopoli, in provincia di Bari. Una barriera che è sempre stata lì, sotto gli occhi di tutti, ma che mai nessuno prima d’ora aveva notato. Ora, l’ipotesi degli scienziati è che quella struttura corallifera, la prima con caratteristiche simili a quella equatoriale ad essere stata scoperta nel Mar Mediterraneo, possa estendersi da un lato fino a Bari e dall’altro sino a Otranto. Un’autentica perla della natura dalle potenzialità turistiche straordinarie.

 A guidare l’equipe il professor Giuseppe Corriero, direttore del Dipartimento di Biologia dell’Università di Bari e capo della spedizione: “Nella carriera di un ricercatore una fortuna del genere capita una sola volta”, dichiara sbalordito e soddisfatto nello stesso tempo. La prima barriera corallina italiana modificata da madrepore ha importanti caratteristiche batimetriche e di spessore. “Nel caso delle barriere delle Maldive o australiane – sottolinea il docente – i processi di simbiosi tra le madrepore (gli animali marini che costituiscono i banchi corallini) sono facilitati dalla luce, mentre quella presente nell’Adriatico meridionale vive in penombra e quindi le madrepore costituiscono queste imponenti strutture di carbonato di calcio in assenza di alghe”. E infatti il termine scientifico per indicarle è “mesofotiche”, cioè che ricevono poca luce. Questo spiega la ragione per cui nelle immagini scattate dai sub i colori appaiono meno accesi: dominano l’arancione, il rosso, il viola. Sono simili nello specifico a quelle della barriera corallina del mar Rosso, che è più in profondità rispetto a quelle australiane e caraibiche.  In questi ultimi casi, infatti, i processi di simbiosi delle madrepore sono facilitati dalla luce, piuttosto scarsa invece al largo della Puglia.
I gruppi di animali comunemente chiamati “coralli” sono colonie di antozoi, invertebrati lunghi pochi millimetri che vengono anche chiamati “polipi”. Un corallo non è quindi un singolo organismo, ma l’insieme di una miriade di individui. Le barriere coralline, che si trovano solitamente in acque marine calde e poco profonde, sono grandi strutture accumulate le une sulle altre da successive generazioni di coralli: quando muoiono, infatti, si lasciano dietro le formazioni calcaree dei loro scheletri. Nel linguaggio comune quando si parla di “barriera corallina” si intendono anche tutti gli altri esseri viventi – pesci compresi – che vivono nell’habitat creato dai coralli e noto per una grande biodiversità, favorita dall’accumulo di risorse nutritive.

La barriera è stata scoperta grazie all’analisi di un filmato subacqueo dalla ricercatrice Frine Cardone, interessata a studiarlo per cercare i molluschi bivalvi che stava studiando. Perché non è mai stata vista prima d’ora? Perché si trova davvero in profondità, e solamente sub professionisti con robot filoguidati e dotati di telecamera hanno potuto individuarla.

Ora, i ricercatori dell’Università di Bari (insieme agli studiosi dell’Università del Salento e dell’Università di Tor Vergata, che hanno co-partecipato alla spedizione) hanno allertato l’Ufficio parchi e tutela della biodiversità della Regione. Perché questo è un tesoro incredibile e, come tale, va rispettato e preservato. “Certo, potrebbe diventare un’attrattiva turistica – sottolinea con forza il professor Corriero – ma prima di tutto è necessario che, come Paese, ce ne prendiamo cura”.

Buona domenica.

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