//La Vanina televisiva delude le aspettative

La Vanina televisiva delude le aspettative

di | 2024-04-06T18:15:54+02:00 7-4-2024 6:00|Punto e Virgola|0 Commenti

Nelle trasposizioni televisivive o cinematografiche di romanzi, capita non di rado che i risultati siano deludenti, se non mediocri. Perché non sempre l’indubbia forza delle immagini riesce a catturare e ad esprimere la potenza dello scritto. Accade anche il contrario e cioè che la fiction (o il film) risulti più gradevole e apprezzabile rispetto ai libri da cui traggono origine. Non è il caso di “Vanina – Un vicequestore a Catania”, miniserie di 4 puntate in onda da fine marzo su Canale 5, tratta dai romanzi di Cristina Cassar Scalia, medico oftalmologo di 47 anni che esercita la sua professione ad Aci Castello, in provincia di Catania. 

E proprio nel capoluogo etneo sono ambientate le vicende del vicequestore Giovanna Guarrasi, conosciuta da tutti come Vanina, giovane poliziotta che dopo un’ottima carriera nell’antimafia di Palermo, si trasferisce a Catania dove dirige la sezione Reati contro la persona: in pratica, si occupa soprattutto di omicidi. Ha deciso di trasferirsi per dimenticare un passato doloroso legato alla scomparsa del padre, l’ispettore Giovanni Guarrasi, ucciso da un commando mafioso quando lei aveva solo 14 anni. Da allora il suo unico pensiero è quello di vendicare la morte del papà; da qui la decisione di entrare in polizia per poter arrestare i colpevoli dell’omicidio e lottare contro la criminalità organizzata. Ma c’è un altro obiettivo che motiva il volontario allontanamento dalla città natia: il tentativo di dimenticare la sua precedente relazione con Paolo Malfitano, magistrato operativo dell’antimafia.

Giusy Buscemi interpreta Vanina Guarrasi

Inevitabili le comparazioni tra la dottoressa Guarrasi e il commissario Salvo Montalbano, nato dalla penna di Andrea Camilleri e portato in tv da Luca Zingaretti: in primo piano c’è sempre la Sicilia, terra splendida e tormentata, capace di esaltare ma anche di deprimere (da una parte le immaginarie città di Vigata e Montelusa, dall’altra le reali Catania e Palermo) e ci si muove sempre nell’ambito di indagini coordinate dalla Polizia di Stato, con i suoi rituali e i suoi protocolli, talvolti un po’ trascurati (anzi, volutamente messi da parte, ma senza esagerare) per arrivare alla verità. In comune anche il ricorso al dialetto siciliano, soprattutto nelle riunioni di lavoro per fare il punto sulle indagini. E ci sono i poliziotti, i pubblici ministeri, il medico legale, i superiori di vario genere e natura.

Cristina Cassar Scalia

Cristina Cassar Scalia cerca in ogni modo di sfuggire agli impietosi paragoni con Camilleri e Montalbano e va detto che, almeno in parte, ci riesce, disegnando una poliziotta sui generis, dal carattere un po’ brusco, costantemente concentrata sulle indagini che le sono affidate. Nessuna concessione alla vita affettiva, salvo qualche rara confessione all’amica del cuore, l’avvocato matrimonialista Maria Giulia De Rosa (interpretata da Dajana Roncione). In comune, hanno anche la passione per il buon cibo e soprattutto per le specialità siciliane (arancini o arancine che dir si voglia, cannoli, raviole, granite…): Montalbano si affida alle sapienti mani della sua governante, Vanina a selezionati fornitori di fiducia dai quali si serve prima di tornare a casa, oltre che ai piatti preparati in quantità industriali da Bettina, la sua vicina di casa (l’unica che la chiama Vannina).

Sul piccolo schermo, nonostante la sceneggiatura sia scritta da Leonardo Marini e dalla stessa Cassar Scalia, i tormenti della Guarrasi si notano poco:  Giusy Buscemi (che interpreta il vicequestore) ci mette tanta passione e applicazione, ma appare un po’ algida, quasi distaccata, sostanzialmente poco empatica. Non “sfonda” il teleschermo, come si dice in gergo televisivo. Al contario di Zingaretti che è davvero entrato nel cuore del pubblico tanto che persino le repliche degli episodi più antichi raggiungono ottimi indici di ascolto.

Nell’orbita di Vanina Guarrasi, gravitano l’ispettore Marta Bonazzoli (settentrionale di origine, ma ormai integrata nella realtà catanese, interpretata da Paola Giannini), il capo della Mobile Tito Macchia (Orlando Cinque), l’ispettore Carmelo Spanò (Claudio Castrogiovanni), il sovrintendente Domenico Nunnari (Giulio Della Monica), l’agente Salvatore Lo Faro (Danilo Arena), il medico legale Adriano Calì (l’unico amico vero, dichiaratamente gay e felicemente accoppiato con un giornalista di successo, che piace tantissimo, ma inutilmente a Maria Giulia: in tv lo interpreta Alessandro Lui). Un microcosmo variegato e intrigante del quale Vannina è motore trainante: li guida tutti con piglio fermo, ma sa ascoltare e ne sa cogliere dunque le sfumature e i consigli che si rivelano preziosi durante il corso delle indagini. Nel dipanarsi delle vicende c’è anche l’apporto non trascurabile di Biagio Patanè (reso ottimamente da Maurizio Marchetti), ultraottantenne commissario in pensione ed ex capo della Squadra Mobile, memoria storica vivente di ogni fatto e misfatto cittadino. Manca, per fortuna, un personaggio come l’agente Catarella, trasformato in orribile macchietta nella trasposizione televisiva, ma il poliziottto Lo Faro sembra avviato sulla medesima (e brutta) strada…

L’ispettore Carmelo Spanò e il vicequestore Vanina Guarrasi

Nella miniserie Mediaset, che pure ha fatto registrare ottimi ascolti almeno nei primi appuntamenti, manca in estrema sintesi tensione emotiva nella narrazione, probabilmente in virtù di una regia (firmata da Davide Marengo) piuttosto superficiale e poco attenta all’analisi psicologica dei vari coprotagonisti che appaiono slegati dal contesto: Spanò, ad esempio, non incide troppo nel racconto, come invece avviene nei romanzi, e Giulio Della Monica (Mimmo Nunnari) appare ancora troppo legato alla statica interpretazione di Danilo Restivo, l’assassino di Elisa Claps. Perfetta invece la perfomance di Marchetti che dà vivacità all’anziano, ma più che pimpante commissario Patanè.

Decisamente si poteva fare meglio in quanto proprio il confronto con il Montalbano televisivo (ma anche con il vicequestore Rocco Schiavone, magistralmente interpretato da Marco Giallini) conferma che in Tv non basta un’ottima fotografia per confezionare prodotti gradevoli e apprezzabili. Del travaglio interiore di Vanina Guarrasi, ossessionata dalla voglia di dare la caccia ai killer del papà e costretta proprio per questo a lasciare Palermo, si vede sinceramente molto poco, almeno per ora. E questa è pecca grave.

Buona domenica.

 

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