//“Cento domeniche”, storie di gente perbene

“Cento domeniche”, storie di gente perbene

di | 2024-04-21T10:07:33+02:00 21-4-2024 6:00|Punto e Virgola|0 Commenti

“Cento domeniche… Ci ho messo cento domeniche a costruire con le mie mani la mia casa… E adesso, in un giorno, mi hanno tolto tutto”. In una stanza di ospedale dove è ricoverato un suo amico colto da malore, Antonio Riva (operaio specializzato in prepensionamento, che va ancora in fabbrica ad insegnare gratis il mestiere ai più giovani) comprende davvero come le voci che circolano in paese sono purtroppo vere: la banca nelle quale ha messo tutti i suoi risparmi sta fallendo. Lui non ci crede, non ci può credere anche perché da più parti gli arrivano rassicurazioni: “E’ solo un momento di crisi”, “Se crolla la nostra banca, crolla tutto”, “Passerà…”. E invece non passa proprio niente.

Antonio Albanese è lo splendido protagonista di “Cento domeniche”, di cui firma anche la regia e la sceneggiatura (con Pietro Guerrera), film che racconta la drammatica vicenda di un mite tornitore di una piccola azienda metalmeccanica sulle rive del lago di Lecco. Negli anni, attraverso il suo lavoro, è riuscito a costruirsi una piccola bolla di serenità: gioca a bocce con gli amici, si prende cura dell’anziana madre, è separato con una figlia che sta per sposarsi, e ha anche un’amante, Adele. Proprio la notizia dell’imminente matrimonio di Emilia scatena la bufera. Antonio non è ricco, ma nel tempo ha messo da parte un piccolo gruzzoletto da utilizzare proprio per il momento in cui avrebbe accompagnato la figlia all’altare, al punto da farne un vero e proprio gioco quando lei era piccola. Vuole assolutamente rispettare la tradizione secondo cui è il padre della sposa a doversi sobbarcare tutte le spese del matrimonio.

Antonio con la mamma Sara (Giulia Lazzarini)

E così si reca nella banca del paese per ritirare parte dei suoi risparmi. Ma Girardi, nuovo direttore della filiale, lo convince a mantenere il suo capitale e a farsi erogare un prestito, che sarà ripagato con le rendite delle azioni che “stanno galoppando”. Antonio è perplesso: non possiede azioni, o meglio, non si è reso conto di aver tramutato le sue obbligazioni sicure in azioni a rischio, su consiglio di quella stessa banca. Ma si fida e firma i documenti per un prestito di 30mila euro, così come per eccesso di fiducia aveva firmato le carte che lo facevano passare da risparmiatore ad azionista.

Le voci sulle difficoltà dell’istituto di credito si rincorrono, Riva cerca consiglio ma molti lo rassicurano. Il primo duro colpo arriva quando, durante la festa di fidanzamento dell’Emilia col futuro marito Chicco, si diffonde la notizia del suicidio di un giovane impiegato della banca, che qualche tempo prima  lo aveva avvicinato per metterlo in guardia sul prestito che aveva appena sottoscritto. Margherita, l’ex moglie di Antonio con cui è rimasto in buoni rapporti, lo esorta a ritirare tutti i soldi finché è in tempo, ma lui continua a tergiversare nella convinzione che, come riferito dai dipendenti, si tratti di una fase critica, ma passeggera. Anche Carlo, il suo vecchio datore di lavoro che gli concede l’uso dell’orto e del pollaio, lo tranquillizza e lo spinge a fidarsi ancora; in realtà è riuscito a cavarsela perché, grazie alle sue conoscenze, ha spostato la gran parte dei soldi prima che scoppiasse il caos.

Quando le notizie diventano sempre più allarmanti, i correntisti iniziano a prendere d’assalto la banca per riavere indietro i loro soldi, scoprendo però che non è più possibile spostare il denaro, posto sotto sequestro dalle autorità. Antonio Riva si rende finalmente conto che non solo non può più disporre del suo piccolo capitale ma, attraverso il prestito sottoscritto, risulta anche debitore nei confronti della banca. Emilia, preoccupata per le sue condizioni psicofisiche, ipotizza un rinvio del matrimonio, ma non vuole sentire ragioni perché non permetterà a niente e nessuno di impedire  la realizzazione del sogno di una vita. Dopo l’ennesima notte insonne, Antonio indossa il vestito su misura che aveva fatto realizzare per il matrimonio e va in banca… Ricordando sempre il vecchio gioco in cui avrebbe accompagnato la figlia ormai adulta all’altare.

“Cento domeniche” è una pellicola amara sulla fiducia, sui tradimenti consumati sulle spalle della brava gente che nella vita ha solo pensato a lavorare e a consentire alla propria famiglia un’esistenza dignitosa e serena. Antonio Albanese ripercorre le vicende dell’omonimo protagonista con dolore e partecipazione, offrendo un’interpretazione magistrale: un’autentica prova di maturità. Paolo Baldini, sul Corriere della Sera, definisce il film “una lama nella coscienza collettiva. E Pedro Armocida de Il Giornale, aggiunge che si tratta di “un film asciutto, essenziale, sobrio, preciso e feroce. Ma, soprattutto, è un film perbene, come il suo protagonista, in un’epoca in cui questo aggettivo non sembra essere necessariamente un valore”. Bravi gli altri attori che danno sostanza alla trama, soprattutto una straordinaria Giulia Lazzarini che interpreta Sara, l’anziana madre di Riva, affetta da una galoppante demenza senile. 

A proposito, cento domeniche (circa tre anni) è il tempo che in media un operaio della provincia italiana degli anni Sessanta impiegava per costruire la propria casa, attività a cui poteva dedicarsi solamente nel fine settimana quando non lavorava in fabbrica.

Buona domenica.

 

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