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Tutti uniti per salvare la chiesa di Leofreni

di | 2024-01-25T20:02:21+01:00 28-1-2024 5:10|Sezione 3, Viaggi|0 Commenti

PESCOROCCHIANO (Rieti) – C’era una volta la chiesa di S. Antonio da Padova, una chiesetta privata del XV secolo di proprietà della famiglia Attili, e C’era una volta una frazione, Leofreni, circondata da montagne a mille metri di altitudine, al confine tra il Regno delle Due Sicilie e lo Stato Pontificio, ricca di attività pastorali, artigianato, tradizioni. Come in tutte le terre di confine, c’era la dogana con i gabellieri, episodi di brigantaggio (da non confondere con il brigantaggio postunitario), architettura rurale e palazzi nobiliari come quello della famiglia Mareri, con il suo stemma. Quando suonavano le campane, le signore prendevano la loro sedia e andavano alla Messa, perché in chiesa le panche di legno erano solo per i proprietari.

Anatolia Maceroni (madre generale S. Filippa Mareri), Rosalba Golino, la sindaca Ilaria Gatti

Davanti alla chiesa, nella piazzetta in cima al paese, razzolavano galline e ragliavano asini, si cuoceva il pane nel forno a legna, si pigiava l’uva, si chiacchierava sull’uscio di casa e i bambini giocavano. Oggi tutto è silenzio, le aree interne sono sempre più spopolate, lasciando dei veri e propri ‘tesori nella terra di mezzo’ in stato di abbandono, case e chiese che hanno storie da raccontare. Oggi, a Leofreni, ci sono poco più di 100 abitanti. La chiesetta non era più in uso da una cinquantina di anni, nel corso dei quali è stata oggetto di furti e atti vandalici. La famiglia Attili, alla fine del 2022, ha voluto donare la chiesa alla popolazione per preservarla e utilizzarla, ma il compito non è facile.

Rosalba Golino, originaria di Leofreni, ha raccolto l’invito facendone una propria missione: ha costituito una associazione ‘Sant’Antonio alle piazze a Leofreni’, presieduta da Osvaldo Ambrosini, con uno Statuto, un conto corrente (IBAN IT25E0306973710100000002090 – Intesa San Paolo – dall’estero aggiungere BCITITMMXXX), il sito gofund.me e il profilo social ‘Il tesoro della terra di mezzo’ su TikTok, Instagram e Facebook, per la raccolta fondi, ha lanciato l’appello a condividere il sogno di proteggere e restaurare la chiesetta partecipando a diverse trasmissioni televisive. Migliaia le visualizzazioni e l’interesse suscitato in tutta Italia, che ha permesso di fare i primi lavori, l’associazione Viviamo Leofreni, presieduta da Ernesto Mareri, ha organizzato una sagra estiva e l’associazione dei Beni separati di Leofreni ha dato un contributo.

La chiesa in un anno è stata accatastata, intestata all’associazione, ripristinata e lucidata l’anta del portone con la serratura (la chiesa era aperta), riportata all’originale l’antica facciata in pietra che era stata coperta dal cemento, imbrigliato il campanile a vela con le campane originarie della fonderia Pasqualini di Fermo (un’antica e storica fonderia non più esistente), ripulito l’inginocchiatoio in legno. Campanile e tetto vanno consolidati al più presto per motivi di sicurezza. Nonostante gli atti di vandalismo, la chiesetta mostra ancora tutto il suo splendore e sembra chiedere con dignità di essere salvata e rivissuta come un tempo. Potrebbe ospitare concerti e convegni culturali, si potrebbero celebrare nuovamente matrimoni e battesimi, visto che è ancora consacrata. Dietro l’altare è stato smurato un armadio in legno di castagno, sulla parete a sinistra vere e proprie ferite sul muro indicano che c’erano delle scale in legno che portavano alla cantoria.

Don Mario Mandarini, parroco di Torano di Borgorose

C’è la tomba di famiglia con lo stemma, pavimento in cotto originario, un’antica acquasantiera, un quadro di S. Antonio con il bambino da restaurare (hanno rubato anche la cornice). Da Napoli sono stati donati dei candelabri di fine 1600, da Scicli (Ragusa) è arrivata un’antica statuetta di una madonnina siciliana, altri hanno donato tendaggi, una tovaglia di altare, un presepe, un crocifisso in bronzo. Sono ben accetti materiali, ore di lavoro di carpenteria, pittura, stuccatura, quadri, l’occorrente per servire messa. Questa estate dalla Campania verrà un esperto gratuitamente per restaurare gli stucchi; Alberto Colombo, che abita nella frazione di Peschieta, nel vicino comune di Fiamignano, ha restaurato un reliquiario di tardo 1600 (l’autenticità delle reliquie è certificata da antichi bolli in ceralacca), un Tabernacolo del 1700, un ostensorio, che sono stati benedetti dal parroco, durante una piccola cerimonia di ringraziamento per quanto è stato fatto e di incoraggiamento per quanto c’è da fare ancora, brindisi e la fisarmonica di Marco Morelli, che presta servizio civile in Comune ed è già festa.

Osvaldo, presidente associazione

Ha partecipato anche la Madre Generale del Monastero di Santa Filippa Mareri Anatolia Maceroni, con suor Francesca Zambellli storica francescana, che ha fotografato il reliquiario, gli stemmi, la pietra tombale, l’acquasantiera. La sindaca Ilaria Gatti ha ringraziato le associazioni del territorio, per il loro prezioso contributo nel mantenere le tradizioni, socializzare, colmando lacune delle amministrazioni comunali che hanno pochi fondi: una situazione sempre più complicata nelle aree interne e nei piccoli comuni, a cui bisognerebbe porre rimedio, per evitare ulteriori spopolamenti e la perdita di un’identità culturale e storica, prima che sia troppo tardi.

L’acquasantiera

“All’Archivio di Stato dell’Aquila, dove si conserva il Catasto preonciario del 1683, vengono citati tutti i capofamiglia dell’epoca, fra i quali gli Attili, nel punto più in alto del paese viene richiamata proprio la Cappella di Sant’Antonio di Padova, oltre ad un arco (tutt’oggi visibile) sotto un portico, dove appare lo stemma dei nobili Mareri, tre rose che sormontano tre monti – sottolinea Rosalba Golino -. Ringrazio chi ci sta aiutando e chi ci aiuterà, mi appello a chiunque abbia la possibilità, di condividere il nostro sogno, mettere a disposizione le proprie capacità professionali, anche per progettare il restauro del prezioso campanile a vela, coibentare il tetto, tutto può essere utile. Dopo il nobile gesto della famiglia Attili diventa dovere morale riportarla agli antichi splendori e ridar vita ai suoi 500 anni pieni di storia e storie. Insieme possiamo farcela”. A marzo lo storico Luciano Bonventre pubblicherà la storia della chiesa e della famiglia nella rivista “Di questa e di altre terre”.

Francesca Sammarco

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