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Smart working, bello non andare in ufficio. Mah…

di | 2020-05-17T10:35:04+02:00 17-5-2020 6:45|Attualità, Sezione10|0 Commenti

VITERBO – Coronavirus,  Fase 2, mascherine, guanti, autocertificazioni, trasporti pubblici contingentati, distanziamento obbligatorio…  ma il vero protagonista delle nostre giornate anche in questa fase è lui: lo “smart working” il cosiddetto lavoro agile rivolto a lavoratori autonomi, dipendenti e professionisti, che non hanno la necessità di essere fisicamente presenti sul luogo di lavoro e le cui attività possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza. Bisogna ammettere che lavorare da casa è sempre stato il sogno di qualsiasi lavoratore ed in questo nefasto periodo molte aziende hanno dato la possibilità ai loro dipendenti di poter svolgere comodamente da casa le proprie mansioni lavorative senza doversi recare obbligatoriamente in ufficio. Con questa nuova modalità di lavoro non bisogna più svegliarsi presto la mattina per arrivare in orario in ufficio, si può gestire autonomamente il tempo da dedicare al lavoro da svolgere e tanto altro ancora. Questa modalità di lavoro è resa possibile grazie alle tecnologie contemporanee, come la connessione internet, già presente nelle case di ognuno di noi, e il possesso di un computer personale, non sempre fornito dall’azienda.

Ma cosa tratta realmente questa forma di attività? Quali cambiamenti può causare all’interno del contesto lavorativo? La possibilità di svolgere la propria professione a casa, cambia completamente la caratteristica spaziale del lavoro, in particolare del luogo “ufficio”. Per molti, il luogo di lavoro non è solo un edificio in cui produrre un certo risultato richiesto ma è, soprattutto, uno spazio di socializzazione e di condivisione in cui si costruiscono relazioni sociali e professionali: uno spazio umano specifico, che negli anni ha costituto una parte importante della vita delle persone e delle aziende stesse, fondamentale per il successo aziendale. Inoltre, lo scambio di conoscenze, idee e consigli all’interno dei momenti informali nei luoghi di lavoro, come la pausa pranzo o il momento del caffè, sono fondamentali da un punto di vista umano e professionale. Per giunta, lavorando da casa, la vita lavorativa e quella privata non hanno più la divisione netta che le ha sempre caratterizzate fin adesso. Non si tratta più di due ambienti separati, ma si mescolano in una situazione in cui ognuno può decidere dove e come svolgere la propria attività.

Naturalmente, c’è chi potrebbe essere molto soddisfatto di questo cambiamento, perché gli permetterebbe di seguire meglio i propri figli o in generale la vita privata e personale e c’è chi, di contro, trova nell’ambiente lavorativo una forma di evasione e uno spazio per sé, che sia alternativo alla routine familiare. Lo smart working come tutte le altre modalità di lavoro ha i suoi pro ed i suoi contro. Per i datori di lavoro, a fronte di un investimento iniziale per fornire gli strumenti necessari al lavoro in mobilità (telefoni e computer portatili), vede aumentare la produttività dei dipendenti e ha minore necessità di spazi per collocare le scrivanie, i parcheggi, le mense aziendali. I lavoratori risparmiano il tempo del viaggio tra casa e ufficio, lo stress di spostamenti poco confortevoli o nel traffico, possono gestire meglio il proprio tempo, lavorando senza vincoli orari e con maggiore possibilità di gestire in modo flessibile gli spazi per la vita privata. Il fatto di lavorare in casa propria consente inoltre di poter organizzare liberamente la propria postazione e di lavorare in un ambiente familiare e costruito a propria misura. Non ultimo, si minimizza l’antagonismo e si limitano i contatti con colleghi sgraditi. In una parola: la qualità della vita migliora sensibilmente e con essa anche la soddisfazione lavorativa. Non ultima questa modalità lavorativa è amica dell’ambiente, con il decongestionamento del traffico e un minore inquinamento.

Lavorare da casa non è però sempre l’ideale. Occorre essere capaci di mantenere separati gli spazi e gli ambiti della giornata da dedicare al lavoro da quelli per la famiglia, evitare continue distrazioni e interruzioni mentre si lavora, e nello stesso tempo evitare di essere assorbiti da preoccupazioni professionali anche nel tempo in cui ci si dovrebbe concentrare sulla famiglia. Il fatto di essere connessi da casa può anche generare l’equivoco di una reperibilità non-stop, comprese le sere e i fine settimana. Può anche accadere di sentirsi “tagliati fuori” da informazioni e contatti che preferiremmo condividere con i colleghi e i superiori e di avvertire la mancanza dello scambio di idee e di spunti tipici del lavoro in team. Insomma, non si tratta di un cambiamento in senso positivo o negativo, si tratta di un cambiamento nella vita personale e collettiva del nostro paese, in quanto lo spazio culturale e sociale dell’ufficio è stato fondamentale nel disegnare i percorsi di vita di ciascuno fin ad ora.  Adesso ci troviamo in una situazione emergenziale ed è probabile che, una volta superata, tutto torni alla normalità, ma qualora fosse l’inizio di una svolta, non sarebbe giusto chiederci (senza pregiudizi) a cosa stiamo andando incontro?

Adele Paglialunga

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