//Napoli, città davvero dai mille colori

Napoli, città davvero dai mille colori

di | 2018-08-12T07:05:01+02:00 12-8-2018 7:00|Punto e Virgola|0 Commenti

Ha proprio ragione Pino Daniele quanto canta i mille colori di Napoli. Lui, il cuore del grande cuore di questa città; il figlio prediletto, quello che non se ne sarebbe mai voluto andare e che, anche quando se ne è allontanato, ci è rimasto con l’anima. Napoli è una città meravigliosa, vittima ingiustamente di stereotipi antichi che si fatica a comprendere quando si ha la possibilità di visitarla e di viverla per qualche giorno. Un variegatissimo mondo in cui riescono a convivere senza sforzo la magnificenza dei monumenti, delle chiese e delle residenze reali con la modernità di un’economia in continua evoluzione che, a dispetto delle tradizioni, è tutt’altro che sole, pizza e mandolino.

La rigorosa planimetria di Piazza del Plebiscito confina con la squinternata eppure affascinante essenza dei quartieri spagnoli, dedalo di stradine simmetricamente squadrate in cui si vive per strada: la vecchina che stende il bucato davanti casa è proprio al fianco di un prezioso negozio di antiquariato, nel quale spiccano alcuni crocifissi lignei che pure l’occhio inesperto non ha difficoltà a riconoscere come autentici capolavori. E lì, quasi a segnarne il perimetro, ecco via Chiaia e via Toledo, le strade dello shopping per eccellenza con quella perla di arte e di fantasia che è la stazione della metropolitana, la più bella d’Europa con i suoi giochi di colori e le sue rifrangenze, con i mosaici di William Kentridge (che fanno riferimento ai miti mediterranei, al Vesuvio e all’iconografia napoletana), e con i pannelli lenticolari di Bob Wilson che riproducono le onde del mare, e infine – per non farsi mancare proprio nulla – una grande riproduzione del lavoro in galleria dell’artista Achille Cevoli.
Già, la galleria, quella intitolata a re Umberto: austera, maestosa e misteriosa. Oasi savoiarda in un contesto che è sempre angioino oltre che borbonico. Ci si allontana di una decina di metri dal caos di via Toledo e si sprofonda nel silenzio di quelle volte altissime: sembra di galleggiare in un’epoca diversa, lontana ma pur sempre attuale. Un gioiello incastonato nel cuore commerciale della città.

Ma il visitatore resta davvero incantato da quella fettuccia che risponde al nome di Spaccanapoli. E’ lì che si affacciano il monumentale complesso del monastero di Santa Chiara (sì, proprio quello della canzone), la chiesa del Cristo velato, il duomo di San Gennaro, la zona di San Gregorio Armeno (quella dell’arte presepiale). Un rettilineo che divide letteralmente in due la metropoli, imbastardito soltanto dalla presenza ossessiva di extracomunitari che offrono la loro povera mercanzia sulla strada: occhiale e borse, portafogli e giocattoli e cappelli, tutti palesemente contraffatti, in assurdo contrasto con le tradizioni, le usanze e la storia di un posto meraviglioso che non può essere rovinato in maniera così eclatante. E qui non c’entra il razzismo: i medesimi toni sarebbero usati se i venditori fossero bianchi e italiani. Ma lì basta una semplice ordinanza del sindaco (che probabilmente già esiste) e soprattutto serve che venga fatta rispettare. E poi il lungomare Caracciolo, la dolce collina di Posillipo, la spettacolare funicolare…

E se tutto questo elenco (necessariamente sommario) non bastasse, allora il consiglio è di fermarsi nella storica pasticceria Scaturchio in piazza San Domenico Maggiore: la sfogliatella e il babà che vi si possono gustare valgono da soli una gita a Napoli…

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