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L’indimenticabile primo giorno di scuola

di | 2020-10-02T15:10:56+02:00 4-10-2020 6:15|Attualità, Sezione 4|0 Commenti

RIETI – Siamo ancora in tempo di riapertura delle scuole. L’anno scolastico è appena iniziato, anche se in maniera incerta e tra mille difficoltà, ma con tutto l’entusiasmo, la buona volontà e la speranza di ognuno che possa scorrere almeno in maniera “ordinaria”. E come ogni volta che si riaprono le scuole, si riaffacciano nella mia mente i ricordi dei miei trascorsi scolastici. Alcuni sono nitidi e ben dettagliati, altri un po’ sbiaditi, come fotografie, altri si confondono con quelli che mi hanno vista varcare la soglia come insegnante. Una moltitudine di immagini che si riaffacciano alla mente, tutte portatrici di bei ricordi e tanta nostalgia di quei momenti spensierati. Ricordo il piacere, che ancora oggi sento, di comprare nuovi quaderni, i nuovi libri, le cartelle, e le penne, le matite: un’autentica passione per me. Ancora oggi tale.

Non ho mai vissuto il primo giorno di scuola con ansia, anzi con l’ansia che presto iniziasse si. Non vedevo l’ora che accadesse, tanto che ad ogni fine anno scolastico invece, sentivo un po’ di tristezza, come se tutto si spegnesse per un po’: il suono della campanella, la confusione nei corridoi, gli intervalli tanto attesi per riunirsi tra compagni delle altri classi, o per altre cose lasciate momentaneamente sospese, l’ansia delle interrogazioni, dei compiti in classe, degli esami… Tutto così grande ed importante a qualunque età. I miei ricordi di scuola iniziano con l’immagine di me bambina che con mia sorella ci rechiamo nella nostra scuola in bicicletta. Con le nostre piccole biciclette che percorriamo la strada insieme ogni mattina ed al pomeriggio per il rientro, e il ricordo che ancora mi porto dentro è della paura di dover attraversare, ad un certo punto, un tratto di bosco, dove io acceleravo, chissà poi perché, visto che comunque eravamo in compagnia, ma quel tratto di bosco che ci assorbiva per un po’, mi destava immagini poco rassicuranti.

Quando poi si ritornava alla luce, sulla strada e si intravedeva il ponticello che ci divideva dall’ingresso della scuola, allora riprendevo fiato e dimenticavo tutto improvvisamente. La nostra scuola era grande, con un bel cortile centrale su cui affacciavano tutte o quasi le finestre dell’edificio semicircolare. Il cortile dove si passavano molte ore a fare attività di ricreazione ma non solo. Il cortile dove mi incontravo con mia sorella maggiore e dove ci si riuniva per iniziare ogni nuova cosa, dove si passava per andare a mensa e dove scoprivo pian piano, ogni giorno anche il bello o il meno bello dell’animo umano. Dove ho scoperto quello che oggi si definisce “bullismo”, e che allora pensavo fosse ignoranza e cattiveria di qualcuno che era geloso o infelice. Eravamo in Francia. Quella Francia multietnica già allora dove l’integrazione era considerata, ma difficile da gestire, arginare. Ma noi bambini questo non lo sapevamo.

I miei ricordi poi si spostano all’ingresso delle scuole che mi accompagneranno poi per lungo tempo, in Italia, dove, all’inizio, per quasi non riuscì ad abituarmi. Né con la nuova lingua né con i nuovi ritmi, essendo completamente differente il sistema scolastico. Grande difficoltà e grande fatica per dimenticare il Paese e gli amici e parenti ormai lontani. Ma poi la nuova integrazione, nuove amicizie, nuove esperienze e l’entusiasmo di vivere ogni momento che mi avrebbe poi portato a scegliere di fare l’insegnante e varcare l’ingresso ogni anno scolastico al suono della campanella sempre e comunque con rinnovato entusiasmo e gioia da trasmettere ai miei alunni affinché potessero anche loro, in parte, vivere la scuola come un periodo della vita in cui, senza esserne coscienti, si impara e si costruisce parte di quello che sarà il carattere ed il futuro .

Stefania Saccone

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