/, Sezione 5/Lavoro, fanno paura le nuove tecnologie

Lavoro, fanno paura le nuove tecnologie

di | 2018-04-07T12:07:04+02:00 8-4-2018 6:25|Attualità, Sezione 5|0 Commenti

BRUXELLES (Belgio) – I ricercatori ne sono convinti: le nuove tecnologie aumenteranno le diseguaglianze sui posti di lavoro. E per tale motivo le future politiche del mercato del lavoro saranno chiamate ad affrontare sin da subito i cambiamenti tecnologici in atto, investendo in welfare, istruzione e ricerca e sviluppo. E’ il risultato dal rapporto sull’impatto delle nuove tecnologie sul mercato del lavoro messo a punto dal dipartimento Science and Technology Options Assessment (Stoa) del Parlamento Europeo, con la collaborazione di Austrian Institute of Technology.

Nel mirino dei riceratori la relazione tra innovazione, nuove tecnologie, occupazione e disuguaglianza. Un’indagine che vuole evidenziare i potenziali effetti che l’utilizzo delle nuove tecnologie possono determinare sull’occupazione. Uno sguardo all’attuale e al futuro non dimenticando, però, di mettere sotto la lente d’ingrandimento gli effetti delle precedenti rivoluzioni tecnologiche. Il report del Parlamento Europeo sostiene che la corsa alla creazione di posti di lavoro attraverso nuove metodologie sia stato possibile, in passato cosi come oggi, grazie all’innovazione.

In futuro le attività di lavoro autonomo e le modalità di lavoro più flessibili aumenteranno con la digitalizzazione. Sarà dunque necessario garantire maggiori tutele per consentire alle persone di effettuare passaggi sicuri da un lavoro all’altro e per far fronte a cambiamenti strutturali in futuro. Flessibilità e maggiori tutele, che sono già una parte importante della strategia europea per l’occupazione, saranno essenziali per aiutare le future politiche del mercato del lavoro ad affrontare i cambiamenti tecnologici. Attenzione, però, dicono i ricercatori, l’occupazione digitale puo’ infatti creare un nuovo precariato di individui isolati che passano da un lavoro all’altro, senza legami finanziari o sociali duraturi con i loro luoghi di lavoro o con altri lavoratori. La politica dovrebbe rivedere lo status di questi tipi di dipendenti e, se necessario, ampliare la legislazione sulle loro coperture sociali e di welfare, ma anche le norme sulla salute. Anche i datori di lavoro saranno chiamati a fare la loro parte.

Tuttavia – continua il report – la politica dovrebbe evitare di passare dall’attuale non-regolamentazione all’eccessiva regolamentazione. Storicamente, gli aumenti di produttività generati dalle nuove tecnologie hanno portato a riduzioni dell’orario di lavoro e hanno consentito a piu’ persone di entrare nel mondo del lavoro.

La riduzione dell’orario di lavoro è un approccio molto flessibile che può essere facilmente implementato, anche a piccoli passi. Inoltre, potrebbe rivelarsi una forma più moderata di redistribuzione rispetto all’introduzione di un reddito di base garantito. La riduzione dell’orario di lavoro tuttavia comporta anche un aumento del costo del lavoro, che può avere conseguenze negative per la competitività delle imprese. La riduzione dell’orario di lavoro può essere la misura giusta se l’obiettivo è ridurre le disuguaglianze causate dalle nuove tecnologie.

La ricerca conclude che si puo’ essere ottimisti riguardo al futuro. L’innovazione è favorevole al lavoro: distrugge, ma crea anche occupazione. La digitalizzazione in atto non porterà alla disoccupazione di massa. Tuttavia, sottolinea il rapporto, a causa della natura tendenziosa delle competenze richieste dal cambiamento tecnologico, i costi della digitalizzazione saranno distribuiti in modo non uniforme. Saranno sostenuti in particolare dai lavoratori poco qualificati che si troveranno ad affrontare un rischio piu’ elevato. Anche gli impieghi con mansioni di routine, in particolare nei settori dei servizi, saranno tra i settori più a rischio.

Dallo Stoa arrivano anche le indicazioni sui rimedi. Servirà una politica orientata all’istruzione che consentirà a giovani e meno giovani di adattarsi alle nuove condizioni di lavoro. Gli investimenti nell’istruzione dovrebbero riguardare tutti i livelli di istruzione e dovrebbero anche tener conto della dimensione sociale, visto che i bambini provenienti da un contesto svantaggiato hanno meno probabilità di ottenere il sostegno di cui hanno bisogno e rischiano di restare esclusi.

Ricerca e sviluppo sono un’area chiave per quanto riguarda la digitalizzazione, è strettamente correlata all’educazione, in particolare a livello terziario. Gli investimenti aiutano le imprese a sviluppare le loro competenze e sono, a lungo termine, un importante fattore di competitività e crescita dell’occupazione. L’Europa dovrebbe investire in ricerca e sviluppo a tutti i livelli, ciò includerebbe budget più elevati per le università e maggiori finanziamenti pubblici per la ricerca e lo sviluppo nelle imprese.

Non solo, ricerca e sviluppo hanno bisogno degli imprenditori per trasformare le nuove scoperte scientifiche in crescita e nuova occupazione. Un recente rapporto dell’Ocse mostra che una considerevole quantità di nuovi posti di lavoro viene creata da piccole start-up. Tuttavia, non puo’ essere compito dei governi fornire capitali di rischio. Sono i Governi che devono incentivare le persone a investire di più in start-up e piccole imprese. E dovrebbero anche sforzarsi di rafforzare i mercati dei capitali in Europa.

 

 

 

 

Lascia un commento

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi