VITERBO – Se c’è una cosa che l’umanità ha perfezionato nei secoli, oltre alla frittura perfetta ed alla procrastinazione creativa, è la cattiveria gratuita. Ma c’è un livello ancora più subdolo e sofisticato: la cattiveria interiore, quella che non ha bisogno di manifestarsi apertamente per essere letale. Ci sono persone che non devono nemmeno sforzarsi di essere apertamente perfide. La loro cattiveria è tutta nella postura mentale: giudizi impietosi, pensieri velenosi, sorrisi finti accompagnati da silenzi carichi di disprezzo. Non lanciano frecciate dirette, ma coltivano un orto rigoglioso di rancori e superiorità morale.
L’arte del veleno sottile Un vero cattivo interiore non ha bisogno di commentare a voce alta il nuovo taglio di capelli della collega. Gli basta un’espressione leggermente sorpresa, una pausa calibrata prima di dire: “Ah, ti sei fatto qualcosa di nuovo?” per far crollare ogni sicurezza. La loro cattiveria non esplode mai in scenate: si insinua, serpeggia, lascia il dubbio che forse il problema siamo noi. Hanno un talento naturale nel ricordare vecchi errori nei momenti meno opportuni, nel dare consigli non richiesti che suonano come sentenze. “Ma tu non eri quello che aveva detto di non voler mai cambiare lavoro? Strano vederti qui!”: basta poco per minare le certezze altrui, ed è proprio questo il loro gioco preferito.
Il sadismo emotivo e la soddisfazione silenziosa A differenza dei professionisti della malignità gratuita, che almeno si divertono a spargere frecciate, i cattivi dentro provano un sottile piacere nella distruzione silenziosa. Osservano in disparte mentre il loro veleno lavora, senza bisogno di urlare o alzare la voce. Il loro passatempo preferito? Essere sottilmente passivo-aggressivi: “Ah, non sapevo che TU fossi il tipo da leggere quel libro… Interessante!”. Oppure giocano sull’indifferenza studiata: ignorare selettivamente una persona in un gruppo, non rispondere a un messaggio, fingere di non sentire un saluto. L’omissione, il mancato riconoscimento dell’altro, è una forma di disprezzo particolarmente raffinata.
Sopravvivere alla cattiveria interiore Contro la cattiveria esteriore si può reagire, ma come si combatte quella interna? Il problema è che il cattivo dentro non si espone, non si dichiara, non fa mosse plateali. Si annida nei dettagli, nelle omissioni, nei toni di voce calibrati con precisione chirurgica. L’unico vero antidoto? L’indifferenza. Perché chi si nutre di superiorità e disprezzo imploderà nella propria tossicità quando si accorgerà che il suo veleno non ha effetto.
E poi, diciamocelo: quando capita di coglierli in fallo, di vederli squagliarsi sotto una risposta diretta, la soddisfazione è impagabile. Ma il vero trionfo? Vivere bene nonostante loro. Nulla ferisce un cattivo dentro più di vedere qualcuno prosperare senza curarsi della sua presenza. Perché in fondo, la loro esistenza si alimenta proprio dell’idea che il loro veleno possa funzionare.
Alessia Latini
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