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Covid, per i fumatori aumentano i rischi

di | 2020-08-22T12:11:17+02:00 23-8-2020 6:10|Attualità, Sezione 3|0 Commenti

RIETI – Studi recenti condotti in Cina hanno indicano un aumento significativo del rischio (di almeno 3 volte) di sviluppare una polmonite severa da COVID-19 in pazienti fumatori o ex fumatori rispetto a coloro che non fumano. Al momento del ricovero, infatti, un terzo dei fumatori positivi al Coronavirus presentava una situazione clinica più grave, con un significativo aumento del rischio di aver bisogno di terapia intensiva e ventilazione meccanica. Un dato che potrebbe spiegare anche perché il COVID-19 sembra colpire più gli uomini (4,7%) rispetto alle donne (2,8%): in Cina, infatti, la percentuale di uomini fumatori supera di molto quella delle donne fumatrici.  

Anche in un momento delicato come questo è importante che tutti coloro che hanno iniziato un percorso di disassuefazione dal fumo resistano alla tentazione di ricominciare. Smettere di fumare porta benefici sia a breve, sia a lungo termine: per esempio dopo alcune settimane migliorano tosse, problemi respiratori e gli scambi gassosi respiratori della circolazione; dopo appena venti minuti dall’ultima sigaretta la frequenza cardiaca si abbassa, tendendo a normalizzarsi. Dopo 12 ore i livelli di monossido di carbonio diminuiscono, mentre aumentano quelli di ossigeno nel sangue, e già dopo 2-3 giorni si ripristina la capacità di gusto, olfatto e la capacità polmonare. In Italia i fumatori sono 11,6 milioni, circa il 22% della popolazione che supera i 15 anni. Gli uomini sono oltre 7 milioni e le donne 4,5 milioni. Tra gli studenti di età compresa tra 14 e 17 anni, l’11,1% fuma abitualmente e il 13,4% fuma occasionalmente.

Ma cosa succede quando si fuma una sigaretta? Lo spiega la dottoressa Giulia Veronesi: “Le pareti della trachea e i bronchi sono normalmente ricoperti da cellule ciliate, che filtrano l’aria grazie a delle vere e proprie ciglia e all’aiuto del muco. Con il loro movimento, le ciglia spingono il muco verso la faringe per favorirne l’eliminazione. Il fumo di sigaretta, o più precisamente le sostanze contenute in esso, altera e danneggia questo meccanismo. A lungo andare, il tessuto cambia completamente: si perdono le ciglia e questo fa sì che il muco ristagni, favorendo lo sviluppo di infezioni di vario genere e malattie respiratorie. L’organismo tenta di sopperire a questa mancanza con lo stimolo della tosse, che spesso e volentieri diventa cronica”.

Il fumo di sigaretta, inoltre, esercita un’azione dannosa anche a livello polmonare, provocando uno stato di infiammazione cronica nelle vie aeree che finisce per “addormentare” le cellule del sistema immunitario, agendo da immunosoppressore. “Per quanto riguarda la nuova pandemia da coronavirus, è noto dai dati provenienti dalla Cina, confermati anche in Italia,  che il decorso della sindrome COVID-19 è più grave nelle persone affette da malattie croniche Ecco che il fumo è un rilevante fattore di rischio di tutte queste patologie”, commenta la dottoressa. Anche il successivo percorso di guarigione di un paziente fumatore può risultare più lungo e complesso, poiché il tessuto polmonare è ispessito e meno elastico e possono presentarsi malattie concomitanti legate al fumo.

I dati epidemiologici indicano che il 21% dei fumatori presentava un quadro grave, contro il 14,5% dei non-fumatori (un terzo in più). “È ragionevole pensare che i fumatori, con polmoni visibilmente indeboliti dalla costante esposizione alle sostanze nocive del tabacco, siano più esposti al rischio di sviluppare severe polmoniti da COVID-19 rispetto ai non fumatori” spiega Giulia Veronesi. “Anche se bisogna attendere di avere maggiori dati epidemiologici in merito, credo che i fumatori dovrebbero essere particolarmente attenti, perché sono a maggiore rischio, se non di contrarre l’infezione, certamente di avere un decorso meno favorevole della malattia COVID-19″, conclude la professoressa Veronesi.

Un motivo in più, anche se non ce n’era bisogno, per smettere di fumare.

Stefania Saccone

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