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Le regole del Kanun sono sempre attuali

di | 2021-02-14T10:24:02+01:00 14-2-2021 6:05|Cultura, Sezione 2|0 Commenti

ROMA – A volte accadono fatti, nella vita quotidiana di un paese, che assumono un ruolo determinante nello svolgimento della storia ma che, non essendo opera di personaggi famosi o non venendo registrati dalla storiografia ufficiale per motivi politici, non sono annoverati tra le cose da ricordare. Un esempio è ciò che ha potuto creare in Albania una legge non scritta, che ha dettato gesti fondamentali nel destino di tante genti, gesti che però non sono conosciuti e rimangono una parentesi non nota anche di quel grande e drammatico evento che è stato l’Olocausto.

Questa legge è contenuta in un antico codice, il Kanun, considerato una delle maggiori raccolte di diritto consuetudinario che solo nel 1933 fu messo per iscritto da un frate francescano, Shtiefen Gjecov. Per alcuni studiosi, le sue origini risalirebbero al terzo e quarto secolo d. C. e più precisamente agli imperatori illirici Diocleziano, Costantino e Giustiziano ma quel che è certo è che esso era in vigore nel feudalesimo anche se ogni villaggio ne aveva una versione differente. Fino a quando non furono messe per iscritto, dunque, le norme del Kanun venivano recitate a memoria e mandate attraverso le generazioni come una tradizione di famiglia.

Il loro intento di base sta nel dovere di ogni uomo di preservare il proprio onore, valore che non sussiste senza l’umanità, la solidarietà e l’accoglienza verso il prossimo, che a loro volta così vengono espressi nel codice: “La casa è di Dio e dell’ospite che viene prima di tutte le altre cose, anche dei padroni di casa: a lui si devono dare il miglior cibo, il miglior letto, e bisogna essere di guardia che non gli succeda niente di male, pena l’onta sull’onore della famiglia e dei parenti”. Ed è proprio in virtù di questo principio, detto Besa, che durante la seconda guerra mondiale gli albanesi, che sono musulmani, salvarono la vita a tanti ebrei. Tennero infatti nascoste agli italiani fascisti arrivati in Albania nel 1939, e poi ai tedeschi nazisti arrivati nel 1943, le liste con i nomi di quelli presenti nel territorio. Fecero questo esponendosi al pericolo di ritorsioni che, specialmente durante l’occupazione nazista, fu molto alto.

Gli albanesi collaborarono tutti al fine di preservare coloro che erano ricercati per essere deportati nei campi di sterminio: sia i privati cittadini che le autorità albanesi nascosero, infatti, gli ebrei nelle loro case, trovarono loro delle identità false e li misero a lavorare nei campi come contadini. E lo fecero in osservanza del principio di solidarietà contenuto nel Kanun anche se l’accoglienza che offrirono agli Ebrei è la stessa di cui hanno beneficiato altri profughi, nel tempo: tra questi gli italiani stessi e non ultimi Bosniaci e Kosovari. Ma grazie a ciò che fece durante l’Olocausto, all’Albania viene oggi riconosciuto il merito di essere l’unico paese dove nessuno degli Ebrei presenti nel suo territorio è stato fatto prigioniero o ucciso dai nazisti. Inoltre solo qui sembra che il loro numero, alla fine della guerra, sia stato superiore a quello dell’inizio.

Non si sarebbe saputo nulla di tutto ciò perchè la dittatura comunista ha tenuto nascosti i documenti relativi a questi fatti fino al 1990 quando essi furono scoperti da una delegazione americana recatasi in Albania dopo la dittatura di Hoxha e negli archivi, che furono aperti in quell’occasione, essi vennero alla luce raccontando aneddoti e personaggi di questa vicenda. Da quel momento è iniziata la ricerca di tutti coloro che contribuirono alla salvezza del popolo eletto ma il lavoro è ancora molto lungo da fare perché si tratta di ricostruire racconti e testimonianze, individuare famiglie e persone.

Per il loro eroico comportamento, finora sono 69 gli albanesi, donne e uomini di religione musulmana, che sono stati nominati “Giusti fra le Nazioni”. Questo è il titolo che Yad Vashem di Gerusalemme, l’istituto per la ricerca e la commemorazione della Shoà, dà a chi ha salvato vite ebraiche. Ma la ricerca è ancora in corso e la storia è ancora tutta da documentare. Una cosa, però, è certa: che questa storia non ci sarebbe stata senza l’obbligo morale di ogni uomo verso il suo prossimo imposto agli albanesi dal Kanun.

Gloria Zarletti

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