//Pelè, Vialli e Miha: quando il calcio unisce

Pelè, Vialli e Miha: quando il calcio unisce

di | 2023-01-08T10:03:29+01:00 8-1-2023 6:51|Punto e Virgola|0 Commenti

Gli ultimi scampoli del 2022 e i primi vagiti del 2023 segnano il mondo dello sport e del calcio, in particolare, con la scomparsa di tre atleti che, in epoche e ruoli diversi, hanno saputo interpretare con stile ed eleganza le magie di quel pallone che rotola sul prato verde e che è capace di appassionare e coinvolgere in ogni angolo del pianeta miliardi di persone. Tre storie differenti, eppure unite da un comune denominatore: la capacità di suscitare emozione e cordoglio unanimi, al di là della nazionalità e della fede calcistica che, spesso, diventa fonte di contrasti, pure molto forti e violenti in certi casi.

Sinisa Mihajlovic

Il 16 dicembre si è dovuto arrendere ad una forma di leucemia mieloide Sinisa Mihajlovic, serbo di Vukovar, che da tempo era diventato cittadino italiano e che dal Comune di Bologna aveva anche ricevuto la cittadinanza onoraria. Aveva 53 anni e dal marzo dello scorso anno per l’aggravarsi delle condizioni di salute aveva dovuto lasciare l’attività di allenatore. Dopo gli esordi nella Stella Rossa di Belgrado, era arrivato in Italia e aveva giocato nella Sampdoria, nella Lazio e nell’Inter. Aveva sposato l’ex showgirl Arianna Rapaccioni dalla quale aveva avuto cinque figli: Viktorija, Virginia, Miroslav, Dušan e Nicholas. Nel 2021 Virginia gli aveva regalato la prima nipotina, Violante. Diretto, senza peli sulla lingua in campo e fuori, non la mandava mai a dire, nella vittoria e nella sconfitta; incantava soprattutto per le punizioni che calciava di sinistro e che furono persino oggetto di studio da parte di alcuni ricercatori dell’Università di Belgrado.

Pelè

Pelé, pseudonimo di Edson Arantes do Nascimento, si è spento in una clinica di San Paolo il 28 dicembre all’età di 82 anni. Era stato proclamato dalla Fifa miglior calciatore del secolo scorso e in carriera aveva segnato oltre mille gol, conquistando ben tre titoli del mondo. A parte l’ultima parentesi nei Cosmos di New York (un’avventura dalla quale aveva ottenuto molti dollari, ma ben poca gloria calcistica), non aveva mai voluto lasciare il Brasile e il Santos, la squadra con cui aveva iniziato. Era stato ministro dello Sport ed anche attore nel film Fuga per la vittoria che racconta dell’evasione di un gruppo di prigionieri americani da un campo di prigionia tedesco durante la seconda guerra mondiale. Insieme a Maradona è stato il più grande numero 10 di tutti i tempi, incantando con le sue giocate generazioni di ragazzini. Il suo unico limite? Non aver mai voluto lasciare il paese natio, evitando di confrontarsi con il calcio europeo, sicuramente più rude e meno portato allo spettacolo rispetto al futebol brasileiro.

Gianluca Vialli

Gianluca Vialli si è arreso l’altro giorno al tumore al pancreas (“l’ospite indesiderato“) che lo aveva colpito 5 anni fa. Aveva cominciato nella Cremonese, poi il passaggio alla Sampdoria (con la quale conquistò lo scudetto, facendo coppia in avanti con Roberto Mancini, attuale Ct della Nazionale), quindi la Juventus con il successo in Coppa dei Campioni dove con Del Piero e Ravanelli formò un trio di autentiche meraviglie. Infine il Chelsea, del quale fu giocatore e manager. Esperienza esaltante tanto da convincerlo a stabilirsi a Londra con la famiglia. Il soggiorno inglese non gli ha comunque impedito di diventare capo delegazione degli azzurri al fianco del “Mancio”, l’amico di sempre. Indimenticabili le lacrime e l’abbraccio tra i due subito dopo la vittoria agli Europei, battendo in finale proprio i padroni di casa nel mitico stadio di Wembley.

L’abbraccio tra Vialli e Mancini dopo la vittoria agli Europei

Simpaticissimo il siparietto che si svolgeva prima della partenza del pullman dalla sede del ritiro verso l’impianto che ospitava l’incontro. Era accaduto che Gianluca, in occasione di una gara di qualificazione, avesse ritardato di qualche minuto e così era stato l’ultimo a salire sul bus. Siccome quel match era andato bene, nelle partite successive lui fece in modo da ritardare così da essere sempre l’ultimo a mettere piede sul predellino e a sedersi nella prima poltroncina, quasi al fianco dell’autista. Un’innocua scaramanzia che evidentemente portava bene.

Di Vialli e Mihajlovic ha colpito il coraggio e la dignità con cui hanno saputo affrontare la malattia. E’ vero, in tanti in Italia e nel mondo combattono ogni giorno la loro battaglia contro mali perfidi: con lo stesso coraggio e la medesima dignità. Ma quando si è personaggi pubblici, si sta sotto i riflettori sempre e certi esempi e comportamenti pesano molto più delle parole. Di Pelè è rimasto impresso il garbo signorile con cui ha interpretato il ruolo di ambasciatore della Fifa (la federazione calcistica mondiale) e dell’Unicef. Sempre sorridente, sempre umile. Perché più si è campioni (e lui è stato davvero il più grande), più l’umiltà diventa una caratteristica imprescindibile.

Adesso giocano un’altra “partita” in qualche angolo del cielo: Pelè palleggia e Miha calcia le sue punizioni. E Vialli? E’ in ritardo. Come sempre.

Buona domenica.

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