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Lo “Schindler ucraino” che salva i bambini

di | 2025-04-30T23:56:21+02:00 4-5-2025 0:05|Attualità, Sezione 2|0 Commenti

MILANO – “Non è sempre facile farsi da parte e non poter fare altro che registrare le sofferenze che ci circondano” (Robert Capa, Budapest 1913 – Thai Binh, Vietnam, 1954): con questa citazione Nello Scavo conclude la pagina dei ringraziamenti in calce al suo libro “Il salvatore di bambini. Una storia ucraina” (2024). Ai tempi dell’Unione Sovietica in tanti credevano che i russi mangiassero i bambini, nel conflitto in corso con l’Ucraina li rubano e non si tratta solo di informazioni raccolte con inchieste giornalistiche, ma di dati certi dedotti da denunce e da rapporti circostanziati e documentati di autorevoli organizzazioni internazionali. Non basta, pertanto, riportare ancora una volta cifre, foto, documenti falsificati e già noti di queste presunte “adozioni internazionali”, ma bisogna riflettere su tutte le vittime innocenti di qualsiasi guerra e non farsi fagocitare da quello che Papa Francesco definiva “la globalizzazione dell’indifferenza”.

Centrale, nel libro, è appunto l’inchiesta condotta proprio su questo tema dall’autore a Kherson, città ucraina a nord della Crimea, conquistata dai russi nel 2022. Gli inviati di guerra operanti sul campo hanno consegnato alla Storia quel terribile scenario di morte e distruzione con le loro cronache che sono di per sé tragedia (“nei sacchi neri vanno i corpi interi, nei sacchi azzurri i pezzi di quelli torturati” o ancora “cosa abbiano fatto alle donne, prima di ucciderle, ciascuno lo può immaginare”), inoltre tutti erano a conoscenza di rapimenti e deportazioni di un numero imprecisato di bambini ucraini.

Il salvatore di bambini di questa “storia ucraina” (così la definisce Scavo nel sottotitolo) è Volodymyr Sahaidak, eroe senza alcuna aurea di glorificazione, personaggio reale e uomo comune, direttore di una casa per minori (per lo più orfani) che, resosi conto che anche “i suoi bambini” erano in pericolo, ricorre ad ogni stratagemma per aiutarli a scappare verso zone sicure. Dei sessantasette bambini ospitati nel suo centro ne salva dapprima cinquantadue, gli altri vengono deportati in Russia, ma successivamente, grazie alla sua tenacia, rintracciati e fatti rientrare in Ucraina.

Nello Scavo

È stato, ben a ragione, definito lo “Schindler ucraino” che, senza grandi mezzi a disposizione, ha raggiunto un risultato inimmaginabile. Sapeva, per esperienza personale, di poter confidare sull’ottusità della burocrazia russa, per la quale egli stesso era soltanto un numero. Del resto secondo la toponomastica di impronta sovietica era noto agli invasori come il conduttore di un appartamento del condominio n°16 della via n°17; logica meccanicistica per cui strade, case, uomini vengono assimilati semplicemente a numeri. Forse, ancor più, contava sulla ferocia senza intelligenza dei torturatori (“lasciavano sempre le finestre aperte delle stanze di tortura, perché tutti sentissero”), contro cui sarebbe poi bastato falsificare e tradurre tutti i documenti dei bambini in ucraino, lingua da cancellare.

Volodymyr Sahaidak, lo “Schindler ucraino” 

La russificazione forzata e la conseguente inchiesta sono costate a Vladimir Putin il mandato di cattura internazionale ed i filmati e la testimonianza del direttore Volodymyr Sahaidak sono stati tra i riscontri più accreditati contro di lui. L’autore col suo stile per certi versi affabulatorio si fa testimone di questa vicenda drammatica, ma lascia anche intravedere nella prassi educativa uno spiraglio di speranza e rinascita. Va evidenziato che, oltre al sequestro dei bambini, il piano di Putin prevedeva una violenta cancellazione (che ancor oggi perdura) della cultura ucraina attraverso la delirante riscrittura della Storia, per cui il vero Gesù sarebbe nato in Crimea, da difendere quindi come la Terra Santa, ed il popolo eletto sarebbe (manco a dirlo!) quello russo.

La solita paccottiglia ideologica che Mosca vuole inserire nei programmi scolastici dei paesi che sottomette, ricorrendo a sperimentate armi manipolatorie: eradicazione, confusione e intimidazioni nei confronti degli insegnanti, fino all’arruolamento forzato per gli uomini nell’esercito russo. Tecnica privilegiata dai tiranni di ogni tempo e che si traduce nella cancellazione dell’identità di un popolo appiattita e sostituita con quella del vincitore. Proprio per questo la speranza va riposta nell’educazione e nella salvaguardia della cultura, come ben traspare dalle parole disperate di Volodymyr: “Non tradirò mai i bambini, non li consegnerò mai ai russi… Quello che loro vogliono è rubarci il futuro, cancellarci, riprogrammare le menti dei piccoli”.

Volodymyr alla fine ha vinto contro l’orso russo, proprio come la lepre in “Favola dell’orso e della lepre”, prima storia popolare ucraina riportata nell’opera. È un mondo alla rovescia quello delle favole, in cui il bene trionfa sempre e si fa contraltare di una realtà dove a nessuno è concesso di vivere tale condizione edenica. La scelta narratologica di inserire questo genere nell’opera di Scavo si fa, oltre che stile, anche struttura. Alcuni capitoli sono infatti preceduti da novelle/racconti fantastici popolari ucraini, la cui morale del lieto fine stride con le brutture dell’attualità.

D’altronde il fatto che tale visione ottimistica sia alla base del patrimonio favolistico mondiale può essere letto come espressione della necessità del cambiamento, dell’insurrezione della volontà di scegliere il bene, così da decidere finalmente di vivere in pace in una sorta di “favola” ambientata nella realtà. In fondo è risaputo che le favole non sono solo “roba da bambini”!

Adele Reale

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