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“Lettore, vieni a casa” (e stavolta restaci)

di | 2018-11-16T13:35:48+01:00 18-11-2018 6:35|Attualità, Cultura, Sezione 8|0 Commenti

ROMA – Nell’epoca del digitale quanto e quando si legge? Leggere a schermo modifica il nostro modo di comprendere i significati? “Lettore, vieni a casa” è l’invito che la neuroscienziata Maryanne Wolf rivolge a tutti coloro che leggono e lo fa attraverso le pagine del suo ultimo saggio, arrivato recentemente in Italia dopo la sua pubblicazione negli Stati Uniti.

 

Maryanne Wolf è una scienziata della Tufts University del Massachusetts che ha impiegato sette anni a spiegare cosa succede nel cervello impegnato nella lettura ma, nel frattempo, il tipo di lettura tradizionale che ha tanto compiutamente analizzato è stato soppiantato da un altro tipo di lettura. Così come nel corso del tempo si è passati dalla cultura orale a quella scritta oggi ci troviamo di fronte ad un nuovo cambiamento epocale, ma questa volta il passaggio è dalla pagina scritta alla pagina digitale. E allora, si chiede la Wolf, come cambia la lettura nell’epoca del digitale? A questa domanda risponde analizzando tutti i cambiamenti che già si sono verificati e che continueranno ad aumentare sensibilmente immersi come siamo in questo periodo di transizione verso la cultura digitale.

 

La prima cosa da tenere presente, spiega la Wolf, è che la lettura non è una qualità innata, ma è un processo cerebrale di straordinaria complessità appreso dall’uomo, con grande impegno, circa seimila anni fa e che tale processo è destinato a cambiare rapidamente tanto che il lettore non si renderà neppure conto che si sta allontanando da quella “casa”, ovvero da quel tipo di lettura tradizionale, che prevede un’immersione totale nel testo che si chiama “lettura profonda” e che si realizza quando ci si approccia alla lettura di un libro in assoluta tranquillità e senza essere distratti da altri stimoli. Il problema è che siamo sempre più proiettati, in modo sempre più prolungato ed intenso, verso molteplici esperienze di natura digitale e ciò impedisce e impedirà sempre di più la formazione dei processi cognitivi  lenti che sono: il pensiero critico, la riflessione personale, l’immaginazione e l’empatia che si realizzano solamente in un contesto di “lettura profonda”.

 

È soprattutto per i giovani e per i bambini che utilizzano moltissimo le nuove tecnologie, che la Wolf  indaga se le stesse possano diventare una minaccia o un ponte verso forme di conoscenza più sofisticate senza che vengano pregiudicati i processi cognitivi della lettura tradizionale. Sceglie un modo inusuale l’autrice del saggio per rivolgersi al lettore e lo fa in forma epistolare. Sotto forma di nove lettere la Wolf si rivolge allo stesso come ad un amico ed esamina e spiega in modo colloquiale ma scientifico le modificazioni e gli effetti e le implicazioni per la società del cervello sottoposto agli stimoli del mondo digitale, in modo particolare analizzando ciò che lo stesso guadagna e ciò che perde. Nel corso dei suoi studi la Wolf ha constatato che leggere a schermo inibisce, a lungo andare, la lettura profonda perché si corre alla ricerca di snodi del testo che consentano di cogliere sinteticamente il senso senza prendersi il tempo di pesare ogni singola parte dello stesso; il rischio è che si compromette la capacità di comprendere con esattezza il significato di ciò che si sta leggendo, insomma si legge ma  spesso senza capire cosa. Per il cervello impegnato a leggere su uno schermo il problema è soprattutto mantenere la concentrazione in un ambiente troppo ricco di stimoli.

 

Colpa degli schermi? Probabilmente no, ma delle condizioni in cui si legge ovvero in mobilità, in metropolitana, nei tempi morti o mentre si svolgono altre attività. In tal modo i tempi di lettura sono molto compressi, di solito si butta uno sguardo allo schermo ma senza prendersi il tempo necessario per leggere veramente e il supporto digitale si presta ad essere utilizzato secondo queste abitudini di consumo, basta un clic per richiamare il testo o farlo scorrere con il movimento di un dito. Al contrario, dedicare tempo alla lettura e possibilmente in condizioni in cui non si è distratti da altri stimoli, aiuta il cervello ad attivare entrambi gli emisferi riuscendo in pochi millisecondi a riconoscere le parole, ricostruire attraverso immagini mentali le scene descritte, provare empatia per i personaggi, interpretare significati nascosti, aumentare il bagaglio di esperienze acquisite in relazione alle letture precedentemente fatte, verificare la coerenza delle nozioni in altre parole la lettura profonda sviluppa le nostre capacità intellettive ed emozionali.

 

Già qualche anno fa, l’economista Daniel Kahneman aveva effettuato una distinzione fra quelli che lui aveva definito pensieri veloci rispetto a quelli che invece aveva chiamato pensieri lenti. Sono veloci tutti i pensieri che supportano le nostre decisioni prese in tempo reale, decisioni veloci, quasi istintive, al contrario sono lenti quei pensieri  che supportano le nostre decisioni ponderate ovvero tutte quelle decisioni che richiedono argomentazioni, ponderazione e calma. Entrambi questi pensieri dovrebbero fare parte del nostro corredo cognitivo ma, al giorno d’oggi, la velocità a cui siamo sottoposti, sia in casa che sul lavoro, fa si che ricorriamo sempre più frequentemente ai pensieri veloci rispetto a quelli lenti. A tal proposito, osserva Lamberto Maffei, a lungo direttore dell’istituto di Neuroscienza del CNR, questo potrebbe comportare delle modificazioni nel nostro modo di elaborare le informazioni favorendo il lavoro del cervello basso a favore del cervello alto, detto in altri termini potremmo perdere progressivamente la capacità di pianificare a lungo termine.

 

Il vero problema quindi non sembra essere il digitale ma la velocità. Occorre trovare il modo di rallentare perché solo rallentando è possibile attivare i nostri pensieri lenti. Quale sarà allora il “buon lettore di domani”? Sarà colui che saprà trovare il giusto equilibrato fra tradizione e innovazione, fra pensiero lento e pensiero veloce perché il tornare a casa non significa tuffarsi nella nostalgia del passato ma è prendere coscienza di come va educata la propria mente per evitare l’atrofia dei processi mentali più importanti e conservare e accrescere quelli spazi di libertà, tranquillità e silenzio  da cui si generano la riflessione, l’analisi critica, la contemplazione e ciò si realizza, soprattutto per quanto riguarda i giovani, attraverso un valido progetto educativo in cui la lettura profonda su carta stampata sia la base su cui costruire il successivo e corretto approccio alla lettura digitale.

 

Il cambiamento va affrontato, questo è certo, ma va fatto con cognizione di causa, saggezza e grande equilibrio. La lettura profonda è importante, necessaria, stimolante, bisogna riprendersi il proprio tempo  per fare il modo che la lentezza e la riflessione non vengano soffocati dalla velocità e dall’istinto.

Silvia Fornari

 

Nella foto di copertina, Maryanne Wolf 

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