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L’emozione di cominciare e una compagna di banco araba

di | 2019-09-14T11:30:33+02:00 15-9-2019 6:20|Attualità, Sezione 5|0 Commenti

RIETI – Anche in questo settembre si è avvertito nell’aria quel particolare fermento che muove in maniera differente lo scandire delle giornate ordinarie, che è relativo ai preparativi per la riapertura delle scuole dove genitori e figli si adoperano, chi per gli ultimi acquisti, chi negli uffici per le ultime formalità burocratiche necessarie, chi per la scelta del futuro, agli Open Day universitari. Da sempre, di anno in anno, si respira questa atmosfera elettrizzante intrisa di speranza mista a curiosità e paura per l’ignoto che si andrà ad affrontare.

Ricordo perfettamente le mie emozioni legate a questo momento, che attendevo sempre con impazienza. Era per me come attraversare una strada, varcare una porta, entrare in un mondo sconosciuto da esplorare, non senza timore, ma con molta curiosità. Ho sempre pensato che il primo giorno di scuola fosse un attimo tangibile del destino che si stava compiendo in quel preciso momento e ancora oggi, da docente, lo vivo con la stessa emozione intensa nel vedere, nel sentire e nell’accogliere queste giovani vite inconsapevoli di ciò che effettivamente rappresentano per il futuro.

Conflans Sainte Honorine

Nei miei ricordi ho impressa nella memoria, in particolare, la giornata del mio ingresso alla scuola elementare. Vivevo all’estero, in Francia, a Parigi precisamente (Conflans Sainte Honorine). Ricordo ogni particolare di quella giornata. Il grande cortile circondato dagli edifici le cui finestre affacciavano; il cortile della ricreazione, dalla forma circolare intervallato, di tanto in tanto, da alti e folti alberi, dove gli insegnanti ci riunivano in fila per procedere poi al rientro nelle proprie aule. E mi rivedo proprio in fila, in quel primo giorno di scuola, mentre ci dirigiamo verso il porticato di uno degli edifici per fermarci davanti a delle scale, in cima alle quali, l’insegnante ci salutava e ci dava istruzioni prima di entrare in quella che sarebbe stata la nostra aula. Ero lì ferma, attenta, guardavo quell’ingresso che mi si sarebbe finalmente svelato.

Quel giorno lo ricordo particolarmente perché prima di entrare era necessario formare le coppie di allievi che durante l’anno avrebbero occupato i banchi in classe; tutto si svolse regolarmente finché non si arrivò al nome di una bambina di origini arabe che doveva esser associata ad una bambina che non voleva sedersi accanto a lei. Ricordo perfettamente il suo viso serio che cercava di nascondere il suo dispiacere e il suo disagio e, perdendomi dietro ai miei pensieri, senza neanche accorgermi mi ritrovai ad alzare il dito proponendomi come sua compagna di banco. Non parlava il francese e nel tempo divenne la mia migliore amica. L’aiutai ad integrarsi e a non sentire quella sensazione di disagio che invece molti esprimevano.

Ogni volta che penso a questo episodio, mi rendo conto della molteplicità dei sentimenti che pervadono l’animo umano e di quanto sia importante sempre promuovere, attraverso passi educative, la conoscenza e migliorare l’accoglienza e la qualità delle relazioni per favorire l’inclusione e la partecipazione sentita dei giovani, fin dal primo giorno, affinché la scuola diventi un’esperienza di civile convivenza e di crescita formativa, proprio perché, è il destino che si va via via compiendo.

Stefania Saccone

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