CONTIGLIANO (Rieti) – La Resistenza ricordata insieme alla popolazione, per un incontro di memoria collettiva. Una felice iniziativa della banda musicale di Contigliano Enrico Romagnoli, diretta da Mauro Valeriani, presieduta da Luiso Simonetti, organizzata dall’associazione pro Collebaccaro (per la presidente Marisa Frattali ha portato i saluti Adolfo Tomassini). Siamo in una piccola frazione di Contigliano, nell’ex edificio scolastico di Collebaccaro, dove il maltempo ha costretto molti a restare fuori, a sbirciare sotto l’ombrello tendendo l’orecchio. I brani eseguiti dai musicanti stemperano la crudezza dei racconti del periodo più brutto del nostro Paese, quello dopo l’8 settembre 1943, con il nemico in casa.
“In questa stanza c’era la stazione radio, sulla piazza si sono radunate le camionette per il rastrellamento, là dietro c’è la chiesa dove hanno chiuso per ore 52 persone che sentivano sparare e non sapevano cosa stesse succedendo fuori. il parroco don Gaetano Villa si offrì al posto dei parrocchiani, cercò di mediare, ricompose e seppellì i cadaveri scempiati, annotò nomi e fatti negli archivi parrocchiali. L’elenco dei rinchiusi nella chiesa li scrisse dietro a un quadro appeso in sagrestia”. Il racconto di Daniele Sorgi, autore del libro “Collebaccaro 1943, un paese occupato” e di un video di oltre due ore (edito dall’associazione pro Collebaccaro) fa accapponare la pelle, ed è il frutto di interviste fatte 20 anni fa agli anziani che avevano vissuto quei momenti. Collebaccaro e la vicina S. Lorenzo hanno ricordato i propri caduti civili: Pietro Chiaretti, Francesco Damasi, Angelo Laureti, Roberto Segoni.

Lo storico Roberto Lorenzetti con la giornalista Sabrina Vecchi
“Il primo maggio del 1950 ci fu una quinta vittima – prosegue Sorgi – un bambino di 11 anni, Luigi Munzi, che fu dilaniato da una bomba, scambiata per un giocattolo, nascosta nel ponticello di Collebaccaro, che i tedeschi avevano minato durante la fuga”. In tutto il Lazio, la provincia di Rieti, è quella che ha avuto più rastrellamenti (48) e vittime (214 civili, di cui 33 partigiani): “Ma il numero potrebbe essere più alto, forse 300 ”, racconta lo storico Roberto Lorenzetti, a lungo direttore dell’Archivio di Stato di Rieti, che su richiesta del governo tedesco, ha iniziato 10 anni fa, in occasione del settantesimo anniversario della Liberazione, a fare ricerche consultando Prefettura, Questura, Archivi carcerari civili e militari.
“Perché la storia non l’hanno scritta i partigiani – precisa -. Il momento più tragico fu senz’altro quello della settimana santa del ‘44 culminato il 7 aprile a Leonessa con l’operazione Osterei, Uovo di Pasqua, con una cinquantina di morti civili, ma anche quello che accadde l’11 giugno fu spaventoso: ai 4 poveri martiri di San Lorenzo di Contigliano vanno aggiunti i 3 morti di Cerchiara e Morini, gli altri 3 morti di San Sebastiano a Monte San Giovanni, i 5 morti di Sant’Elia, i 3 morti di Poggio Fidoni e i 3 morti di Pendenza di Cittaducale, il Monte Tancia. La Resistenza l’ha fatta anche la gente comune, come le donne che a Poggio Bustone, aiutando la brigata Gramsci, hanno cacciato 170 nazifascisti, uscendo dalle stalle con i forconi”.

Il Maestro Mauro Valeriani con Sabrina Vecchi
La rappresaglia di Leonessa fu causata dalla delazione di Rosa Cesaretti che partecipò personalmente, vestita da SS (anni dopo si suicidò a Firenze) uccidendo alcuni suoi stessi parenti. L’ultimo a essere fucilato, su sua richiesta, per poterli benedire tutti prima dell’esecuzione, fu il parroco don Concezio Chiaretti. In questo ottantesimo anniversario il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, insieme al deputato Paolo Trancassini (già sindaco di Leonessa), il vescovo Vito Piccinonna e lo storico Paolo Mieli, sono venuti a Leonessa per consegnare la medaglia d’oro al merito civile ai familiari del parroco. Gli archivi del carcere di Santa Scolastica, i documenti del fondo Euclide Fantoni (generale di Roccantica che fece condannare Kappler), custodito nell’archivio di Stato di Rieti, hanno consentito di ricostruire anche i fatti delle Fosse reatine, su cui ha relazionato Daniele Scopigno, oggi direttore dell’Archivio di Stato di Terni.
“Le carte del carcere reatino ci hanno riconsegnato l’ultima traccia in vita di quelle persone: le impronte digitali del più giovane Gianantonio Pellegrini Cislaghi, 16 anni, ferito nella battaglia contro nazisti e fascisti in località San Valentino di Poggio Mirteto sul Tancia e il nome di Segoni, contiglianese, che fu uno delle 13 vittime riconosciute su 15 (la ricerca e la riesumazione dei corpi venne fatta su richiesta dei familiari)”. Cislaghi era milanese, studente all’Istituto dei padri Barnabiti. Sfollato a Pallanza, entrò in contatto con le formazioni partigiane in Val d’Ossola e in Val Grande (dove venne fucilata Cleonice Tomasetti di Capradosso di Petrella Salto, Rieti), si unì ai partigiani della brigata Stalin sul Tancia. Furono prelevati dal carcere per ordine del capo della provincia Ermanno di Marsciano e del conte Giovanni Vincenti Mareri, già ufficiale del Regio esercito, che li consegnarono ai tedeschi. Una scuola elementare di Rieti porta il nome di Cislaghi. Scopigno racconta la terribile dicitura ritrovata nei documenti del carcere: quel ‘rimesso in libertà’, che altro non era che la fucilazione di massa all’aeroporto Ciuffelli: “Li fecero scendere in una delle fosse scavate dalle bombe e li mitragliarono sul posto”.
La banda musicale alleggerisce la commozione tra un intervento e l’altro eseguendo “E io ero Sandokan” di Armando Trovajoli, dal film di Ettore Scola ‘C’eravamo tanto amati’ (ricordate le famose frasi “Il futuro è passato e non ce ne siamo accorti” e “Volevamo cambiare il mondo e il mondo ha cambiato noi”?) arrangiato dal giovane percussionista Giuliano Valeriani (Sandokan era uno dei soprannomi usati dai partigiani), il vero canto partigiano ‘I ribelli della montagna’, ‘Buongiorno Principessa’ di Nicola Piovani dal film ‘La vita è bella’ e infine ‘Bella ciao’ che in origine era solo un canto popolare.
Ricordare gli eventi collettivamente, nei luoghi in cui si sono verificati, nelle piccole frazioni di montagna e nelle valli, suggella nel modo migliore quanto il 25 aprile sia la festa di tutti gli Italiani e quanto sia preziosa la libertà. “Muovetevi ragazzi”, ha detto Mirella Alloisio, staffetta partigiana centenaria ai microfoni di Rai3 a Genova.
Francesca Sammarco
Nell’immagine di copertina, Daniele Scopigno, direttore dell’Archivio di Stato di Terni
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