NAPOLI – Festeggiare la mamma ha origine nell’antichità. In Grecia si organizzavano grandi feste floreali in onore della dea Rea, considerata la madre di tutte le divinità. A Roma, i Matronalia venivano celebrati all’inizio della primavera per onorare la nascita della città, la rinascita della natura, le madri e la fertilità. Considerata pagana dalla religione cristiana, la ricorrenza fu abolita. Solo nel XV secolo la “Mothering Sunday” riapparve in Inghilterra: era un’opportunità per le donne della servitù di avere un giorno per unirsi alle loro famiglie e godere della loro compagnia. La festa della mamma è comparsa invece negli Stati Uniti all’inizio del XX secolo. Sconvolta dalla morte della madre, la maestra Anna Jarvis organizzò nel suo villaggio una festa in suo onore. Il concetto piacque anche al presidente Wilson che, nel 1914, emanò un decreto per renderla nazionale.
La Festa della Mamma, come la conosciamo oggi, è stata ufficializzata dal Parlamento italiano nel 1959 nella data dell’8 maggio. Nel 2000, però, la data venne spostata alla seconda domenica del mese di maggio, come accade negli Usa, in Germania, Australia, Turchia e tanti altri Paesi. Anche se le date variano da continente a continente, nella maggior parte dei casi la ricorrenza è fissata nel mese di maggio.
Dal punto di vista religioso, la festa risale al 1957: ne fu protagonista don Otello Migliosi, parroco di Tordibetto di Assisi, in Umbria, il 12 maggio 1957. L’idea di don Otello fu quella di celebrare la mamma non già nella sua veste sociale o biologica ma nel suo forte valore religioso, cristiano anzitutto, ma anche interconfessionale, come terreno di incontro e di dialogo delle varie culture: il suo tentativo è stato ricordato, in due contributi, anche dal quotidiano vaticano. Da allora, ogni anno, la parrocchia di Tordibetto celebra ufficialmente la festa con importanti manifestazioni a carattere religioso e culturale. Quando, il 18 dicembre 1958, Raul Zaccari presentò al Senato della Repubblica un disegno di legge tendente a ottenere l’istituzione della festa della mamma, l’iniziativa suscitò un acceso dibattito che si prolungò anche nell’anno successivo: alcuni senatori ritenevano inopportuno che sentimenti così intimi fossero oggetto di norma di legge e temevano che la celebrazione della festa potesse risolversi in una fiera di vanità. La festa comunque prese ugualmente campo in tutta Italia e fu celebrata inizialmente l’8 maggio, in concomitanza con la commemorazione cattolica della Madonna del Rosario di Pompei; a partire dall’anno 2001 la festività venne confermata nella seconda domenica di maggio. Don Luigi Giussani affermava che “la vita si esprime come coscienza di rapporto con chi l’ha fatta e la preghiera è accorgersi che in «questo» momento la vita è «fatta»”.
La preghiera è dunque accorgersi che c’è un fatto, che la vita del figlio è un dono di un Altro. Non è come un qualcosa di tuo. Se è limitato alla sola festività, allora sì che si è perso quel tratto di strada che permette l’approfondimento del significato della vita. È come vivere a tratti, senza una costanza, senza una direzione unica. Senza questo abbraccio confidenziale tra genitore e figlio, si cammina separati ed il tutto dove porta? Al nulla. Festeggiare la mamma ha una valenza straordinaria perché oltre a ricordare la vita, la tradizione, l’eredità che si comunica, che si trasmette, sollecita a riconoscere un’origine, una storia che è di tutti e di ognuno in particolare. La nascita, la vita, l’educazione trasmessa, comunicata, una storia che attraverso le mamme si comunica inesorabilmente.
È la continuità per eccellenza ed è ciò che Dante esprimeva in maniera mirabile nell’inno alla Vergine: Vergine madre, figlia del tuo Figlio, / umile ed alta più che creatura, / termine fisso d’eterno consiglio. L’inno alla Vergine di Dante infatti coincide con l’esaltazione dell’essere, con l’ultima tensione da parte della coscienza dell’uomo che è alla presenza della “realtà”. Al di là di ogni ideologia che si presenti e che tenti di oscurare se non di cancellare la ricorrenza, non possiamo non commuoverci pensando ad ognuna delle nostre mamme. Viverne la presenza o la memoria è indice di attaccamento alla nostra origine, al significato della nostra storia, per questo diremo sempre: infinitamente grazie.
Innocenzo Calzone
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