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Khaled Khalifa contro Assad, ma senza armi

di | 2023-10-08T09:36:48+02:00 8-10-2023 5:10|Personaggi, Sezione 3|0 Commenti

PERUGIA – Un infarto. Una morte improvvisa a soli 59 anni. Si è spento ad Aleppo in Siria il poeta e scrittore Khaled Khalifa (1964-2023). Un letterato impegnato. Un resistente senza armi, se non le parole: le sue poesie, i suoi libri. Figlio di una famiglia numerosa (tredici figli, lui era il quinto della serie), era nato in un piccolo villaggio alla periferia della grande città, una delle prime in assoluto costruite nel mondo antico.  Khaled – non senza sacrifici suoi e dei genitori – si era laureato in giurisprudenza. Ma coltivava la passione della scrittura ed a questa aveva affidato l’ostinato, insopprimibile grido di dolore della sua gente, della sua terra.

Portavoce della sofferenza del suo popolo, alfiere della libertà di parola, propugnatore della democrazia. Una volta conseguita la laurea aveva fondato la rivista culturale “Aleph”, immediatamente chiusa dal regime di Assad. A neppure trent’anni, nel 1993, aveva dato alle stampe il suo primo libro “The Guardian of deception” (Il guardiano dell’inganno) e poi “Elogio dell’odio”, “Non ci sono coltelli nelle cucine di questa città” e “Morire è un mestiere difficile”. Una decina di anni fa era stato aggredito, sequestrato e picchiato a sangue da una squadraccia del regime. Gli aggressori gli avevano anche fratturato una mano, utilizzata per scrivere i suoi romanzi, le sue poesie, i suoi articoli.

Quando amici, non solo occidentali, gli avevano suggerito di lasciare il paese oppresso dalla guerra civile (Aleppo, considerata città “ribelle”, da circa quattro milioni di abitanti, ora ne conta meno della metà), Khaled aveva replicato con orgoglio: “Qui sono nato, qui voglio morire”. E non si era fermato, dopo le aggressioni degli accoliti del tiranno. Anzi aveva inviato una lettera agli scrittori di tutti i continenti per ricordare loro il genocidio che si stava, terribilmente, consumando in Siria, in danno del suo popolo “decimato dal regime”. Dicono che, tra i prodotti della sua terra, prediligesse le ciliegie (a proposito sapevate che in Italia questo succoso frutto venne portato da Lucio Licinio Lucullo, vincitore nel 72 aC di Mitridate del Ponto e divenuto più famoso come anfitrione di cene che come generale?), saporite al palato e belle agli occhi per il loro colore rosso che rammenta il sangue versato dalle vittime dei massacri.

E pensare che ad Aleppo, non da ieri ma da tempo immemore, convivevano arabi, armeni, curdi, circassi, turchi e che ogni credo religioso aveva modo di coltivare i propri spazi. Nella città delle quarantanove moschee, sono state costruite nei secoli – in particolare nel quartiere fuori della “Porta della Gioia” – anche nove chiese cristiane: maronite, ortodosse, melchite (rito bizantini e lingua araba), cattoliche. Speriamo che non solo in Siria ci sia chi raccoglierà il testimone lasciato, anzitempo, da Khaled.

Elio Clero Bertoldi

 

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