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Grilli e locuste a cena? Ma per piacere…

di | 2022-02-17T18:49:52+01:00 20-2-2022 6:30|Attualità, Sezione 7|0 Commenti

PERUGIA – Dunque l’Europa ha dato il via libera ai grilli serviti al desco. L’Efsa – l’organismo europeo che si occupa della sicurezza alimentare degli esseri umani – ha infatti certificato che il consumo di questo insetto è sicuro per la salute dei cittadini. A favore del nostro palato non sono state spese parole. Dopo le tarme della farina (Tenebrio Molitor, secondo la denominazione scientifica) e le locuste (Locusta Migratoria, questa la classificazione di Linneo), anche il grillo domestico (Acheta Domesticus, per i dotti) si guadagna un posto a… tavola. Gli esperti sostengono che si tratti di un alimento molto proteico. E che per affrontare i problemi della fame nel mondo e dell’inquinamento ambientale altra strada da seguire non c’è se non gettarsi sugli ortotteri, quali sono appunto, locuste e grilli. Io lascerò queste specialità alle generazioni future. Senza invidia alcuna.

Nelle campagne umbre girava (non so se circoli ancora) un proverbio: “Disse la volpe ai suoi cari figli, quando a pollastrelle e quando a grilli”. A sottolineare le difficoltà della vita in cui, talora, si possono gustare piatti succosi (le pollastrelle) ed altri in cui si è costretti a fare buon viso a cattiva sorte e, per sopravvivere, si debba ricorrere agli insetti. I grilli, appunto. Nei supermercati si troveranno – per chi li vorrà – grilli (e locuste, resta inteso) interi, congelati, essiccati e persino in polvere. Per ora – lo dice una indagine di Coldiretti – soltanto il 16% della popolazione italiana si dice favorevole al consumo di insetti; mentre il 24% si dichiara indifferente e il 51% decisamente contrario. Confesso di essere schierato, nettamente e senza infingimenti, con quest’ultima fazione. Non mi convince il fatto che molte popolazioni ritengano grilli, locuste e tarme una squisitezza per il palato.

Sarà per abitudini inveterate e per pregiudizi culturali, ma se dovessero presentarmi un vassoio con un cibo del genere scapperei di corsa, a perdifiato come una lepre, inseguita da una muta di cani. Sono convinto che neanche in tempo di guerra, periodo nel quale i miei genitori e i miei nonni, hanno sofferto la fame più acuta – così mi raccontavano nelle sere d’inverno intorno al focolare -, qualcuno di loro sia mai arrivato a dover ricorrere agli insetti per sfamarsi. Erbe e radici di ogni tipo finivano a bollire nelle pentole, persino i petali dei fiori, talvolta, venivano serviti per contorno; il pane si presentava con un colore scuro come il carbone (per via della farina di segale) e per il caffè veniva utilizzata la cicoria, seccata e tritata. Mai e poi mai si è pensato ad un paté di grilli, ad una composta di locuste. Anche se non posso escludere, a priori, che qualche tarma della farina sia finita, all’epoca, nell’impasto dei filoni del pane.

Sono sorpassato, lo so. Fatico a tenere il passo dei tempi. Non posso più permettermi i lauti e ben conditi pasti della giovinezza. E, tanto meno, le scorpacciate dei tempi della spensierata goliardia. Ora mi accontento di poco. Non imiterò Marziale, che voleva essere invitato a mense ricche e con vini ricercati. Altrimenti dedicava al padrone di casa irridenti epigrammi. E neppure seguirò Epicuro che accettava di partecipare ai convivi solo se i commensali erano intelligenti e di buona conversazione. Sono disposto a mangiare solo come un cane. Magari con una semplice fetta di prosciutto o di mortadella ed un bicchiere di un rosso di buona beva. Locuste e grilli, perdonatemi, li lascio a chi vuole. Su questi aspetti mi accodo a Cecco (Angiolieri) che nelle Rime scriveva: “Torrei le donne giovane e leggiadre/le vecchie e laide lasserei altrui”.

Elio Clero Bertoldi

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