//Perché la parola “Gesù” dà così fastidio?

Perché la parola “Gesù” dà così fastidio?

di | 2018-12-15T11:56:31+01:00 16-12-2018 7:00|Punto e Virgola|1 Comment

La parola “Gesù” non può apparire nella canzoncina o nella poesia di Natale. Perché? Non si sa. Intanto l’insegnante decide arbitrariamente di sostituire quel “bruttissimo” termine con un più neutro “laggiù”. Accade a Tuscania, provincia di Viterbo, all’Istituto comprensivo “Ildovaldo Rodolfi” dove in quinta elementare è accaduto questo episodio che ha ben presto superato gli angusti ambiti della Tuscia per diventare un caso nazionale. Ecco intanto le immagini dei testi incriminati: a sinistra l’originale, a destra quello arbitrariamente emendato.

 

 

Sarebbe stata una bambina, appena rientrata da scuola, a raccontare il fatto alla mamma. Interviene subito il sindaco Fabio Bartolacci (centrodestra): “Disapprovo – scrive  sulla pagina Facebook – perché modificare una poesia di Natale è un gesto inqualificabile che non dovrebbe essere fatto in generale e ancora meno dalla scuola che dovrebbe difendere le nostre tradizioni. Ho contattato subito la dirigente scolastica che ha confermato che si trattava di una scelta didattica fatta in autonomia dalla maestra. L’ho invitata quindi a monitorare certe situazioni, affinché non accadano più. È una questione riprovevole che non si può accettare dal punto di vista didattico perché le istituzioni devono salvaguardare la nostra cultura occidentale”.

 

Prima considerazione: poteva la docente fare una cosa del genere, magari solo per rispettare qualche vicino di banco? Rispondano gli esperti, perché chi scrive non lo è. Intanto, la presa di posizione della preside appare piuttosto burocratica, nel senso che appartiene alla categoria del “non voglio beghe nella mia scuola”. E poi, l’intero testo parla di stella cometa, bue, asinello, gelo, giovane mamma… A che cosa ci si riferisce? Ha senso sostituire un’unica parola? E qui non c’è bisogno di esperti perché la risposta è lapalissiana.

 

“Come comunità ecclesiale – interviene don Luigi Fabbri, vicario generale della diocesi di Viterbo – condividiamo lo stupore e la meraviglia delle famiglie, delle istituzioni civili e di quanti faticano a capire la logica di una scelta didattica che contraddice il ruolo stesso della scuola, chiamata ad offrire un’educazione aperta e inclusiva e non esclusiva soprattutto di ciò che costituisce la nostra identità e le nostre radici più profonde”. E ancora: “Scelte di questo genere riteniamo siano offensive proprio di coloro che si vorrebbe rispettare, in quanto considerati, in pratica, incapaci e non all’altezza di discernere e accogliere con serenità la ricchezza della nostra storia, della nostra cultura, delle nostre tradizioni”.

 

E qui il sacerdote non può esimersi da considerazioni più generali: “Ci chiediamo, infine, se, in base a certi criteri, a scuola si potranno più insegnare la Divina Commedia e i Promessi Sposi. Se i testi di storia dell’arte dovranno essere censurati. Se bisognerà riscrivere la storia. Se certi capolavori della musica si potranno più ascoltare. Se dovrà essere rivisto il calendario, dal momento che contiamo gli anni dalla nascita di Cristo”. Nulla da aggiungere: le cose stanno proprio così. Si comincia con una semplice parola e non si sa dove si va a finire. Ecumenica (e ci mancherebbe) la conclusione: “Ci auguriamo che il testo venga cantato nella versione originale, senza censure e, soprattutto, senza paure. È questione di rispetto della nostra identità, e, prima ancora, è buon senso”.

 

Ma la questione, come si diceva, si è ampliata tanto che anche il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini ha ritenuto di intervenire con il seguente post: “Follia. Se una maestra ha davvero fatto questo dovrebbe rammaricarsi per la sua idiozia. Come si può pensare che una canzoncina delle elementari dia fastidio ai bimbi di altre religioni?”.

 

Fin qui i fatti e le doverose reazioni. Un’ultima considerazione: ciò che è avvenuto nella piccola Tuscania fa rima con altri episodi avvenuti in ogni angolo d’Italia quando presidi o insegnanti hanno fatto, per esempio, togliere il crocifisso dalle aule per non offendere i non cristiani. Ma tutto questo è solo un segno profondo di ignoranza. La tolleranza e l’accoglienza non si insegnano né con i colpi di forbici né con il bianchetto: le censure non servono a nulla. Ci hanno provato in tutti i modi anche i dittatori e non ci sono riusciti.

 

Buona domenica e buona Natale (anche alla maestra di Tuscania).

One Comment

  1. Innocenzo Calzone 18 dicembre 2018 at 8:44 - Reply

    la più grande sconfitta per l’uomo è l’assenza di significato per la propria vita, è il non attendere più nulla come diceva Montale. del resto la crisi del mondo moderno è figlia della mancanza di una identità. in forza di uno sciocco ecumenismo (ma il termine indica ben altro) si perde una storia, una tradizione che ha proprio in quella cristiana la sua forza di essere.

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