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Time’s Up, attrici unite contro la violenza

di | 2018-03-30T18:49:54+02:00 1-4-2018 6:30|Attualità, Sezione 7|0 Commenti

DALLAS  (Usa) – Non solo Oscar e abiti glamourous, foto su Vogue e Instagram patinati. A 300 donne, tra attrici e addette dell’entertainment americano, interessa anche aiutare e proteggere altre donne meno abbienti contro abusi sessuali e discriminazioni sul lavoro. Reese Whiterspoon, Emma Stone, Natalie Portman, Kerry Washington, Eva Langoria, Ashley Judd (tra le tante) ma anche sceneggiatrici, registe e altre rappresentanti del settore, hanno infatti presentato alla stampa il loro programma di aiuti legali e finanziari all’interno del più ampio movimento chiamato Time’s Up.
Se le avete viste indossare abiti in nero durante serate fashion o agli Oscar o ai Golden Globes ora sapete perché: il nero è il colore che hanno scelto per ricordare e divulgare i loro obiettivi. E non si scherza, il gruppo di 300 ha già messo insieme 13 milioni di dollari per attivare aiuti legali rivolti alle donne senza mezzi finanziari per avviare e portare avanti cause contro datori di lavoro o denunce di abusi sessuali. Il famoso scandalo Weisntein è stato solo la punta dell’iceberg ed è servito a strappare il velo di silenzio e omertà che da decenni copre centinaia e centinaia di episodi di molestie e abusi contro le donne di Hollywood. Ma il loro tempo è finito, dicono le donne che hanno pagato un’intera pagina del New York Times (in inglese e spagnolo) per spiegare chi sono e cosa vogliono.
Una delle cose decisamente più interessanti è l’appoggio offerto alle donne lavoratrici nei settori più malpagati e meno protetti in America: contadine, colf, cameriere, addette alle pulizie, operaie. Il gruppo chiede di varare leggi che penalizzino le aziende che non prendono provvedimenti contro i colpevoli o contro chi faccia pressione contro le vittime per farle tacere.
Ma cosa hanno in comune queste attrici super pagate e le campesinas da pochi dollari all’ora? Tutto iniziò quando nel novembre scorso Time’s Up ricevette una lettera firmata da oltre 700 mila lavoratrici affiliate a una organizzazione chiamata Alianza Nacional de Campesinas (Allenza nazionale delle contadine) che rappresenta le donne che lavorano in svariati settori dell’agricoltura in America (dalla raccolta, alla preparazione, alla distribuzione dei prodotti provenienti dalle fattorie in vari Stati), Le campesinas appoggiarono nella loro lettera le sisters di Hollywood e chiesero loro in cambio di essere aiutate nelle loro battaglie contro le discriminazioni sessuali. Hollywood ascoltò e ora ha risposto offrendo aiuti concreti a dimostrazione che la sorellanza può travalicare differenze di ceto sociale e stili di vita.

Le 300 attrici e company di questo gruppo comunque non sono sole. Time is Up è un movimento senza leaders che si impegna su più fronti: un gruppo, ad esempio, sostiene Anita Hill, l’avvocatessa di colore che divenne famosa nel 1991 quando accusò il giudice della Corte Suprema Clarence Thomas di molestie sessuali. La Hill sta lavorando per proporre alcuni disegni di legge contro gli abusi nel settore del cinema e per la parità retributiva. 50/50by2020 è invece un gruppo che sta impegnandosi per creare un network di consensi mirati al riconoscimento della pari opportunità politica in previsione delle prossime elezioni del 2020; un altro gruppo invece lavora per sensibilizzare verso i problemi delle comunità gay, lesbiche e transgender.

Insomma, i camerini e gli studios di Hollywood fervono di energia e passione. La visibilità delle attrici e il loro prezioso ruolo di social influencers potrebbe essere la carta vincente per scuotere finalmente un sistema obsoleto e denigratorio contro le donne. Le eroine di celluloide sembrano essersi trasformate in eroine in carne ed ossa e un Oscar stavolta non è certo il loro obiettivo.

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