PERUGIA – Un gruppo di archeologi egiziani ed inglesi ha scoperto, nella necropoli di Tebe, ad occidente di Luxor, la tomba di un noto faraone, Thutmosi II (1493-1479 aC), antenato di Tutankhamon. La cui sepoltura venne ritrovata. addirittura, più di un secolo fa (al 1922) ed è avvolta e romanzata da una presunta “maledizione” che avrebbe colpito diversi tra gli scopritori. Il direttore dei lavori, Piers Litherland ed il ministro egiziano non hanno nascosto la propria soddisfazione per l’ultimo ritrovamento. Il soffitto della tomba presenta una volta in cui sono state dipinte, sullo sfondo blu, stelle gialle, particolare che testimonia come si tratti del monumento funebre di un faraone. Ed ora si stanno studiando approfonditamente i reperti, che secondo alcuni esperti, potrebbero “riscrivere la storia del regno delle Due Terre”.
Tra il materiale ritrovato anche una serie di lastre di alabastro, dove accanto al nome del faraone compare pure quello della sua sorellastra, e poi moglie, Hatshepsut, che, pur avendo gestito il potere prima direttamente e poi per conto del minorenne Thutmose III (di cui risultava zia e matrigna), era stata colpita – non è chiaro il perché – alcuni decenni dopo la morte, da una “damnatio memoriae” (letteralmente, condanna della memoria), per la quale erano stati distrutti gran parte dei templi, dei monumenti, delle statue, che si era fatta costruire durante il suo regno. Di questa potente regina gli esperti conoscono molti aspetti, anche se altri sono rimasti nascosti.
Intanto, alla luce delle attuali conoscenze, Hatshepsut ha vestito i simboli del faraone per la seconda volta (dopo Nefrusobek) e prima di altre donne regine quali Merneith, Nitiqret, Sabekneferu, Tauseret e la famosissima Cleopatra. Figlia di Thutmose I e di Ahmose, moglie principale del faraone, era anche sorellastra di Thutmose II, nato da una sposa secondaria, Mutnefert. A sua volta aveva sposato Thutmose II. Dall’unione era nata la principessa Neferuria, cui la madre teneva in maniera fortissima. Diverse iscrizioni ricordano che all’inizio, forse per farsi accettare, Hatshepsut indossava indumenti maschili. Non solo: in varie spedizioni scendeva lei stessa in campo alla guida degli eserciti, come nei raid in Siria, in Nubia (documento di Sehel), a Punt alla ricerca di rame, turchese, oro, incenso con la stessa idea e protervia dei “cacciatori di terre rare” dei nostri tempi.

L’archeologo Piers Litherland
Per governare, Hatshepsut, si era via via circondata di validi e fedeli funzionari di cui sono rimasti i nomi e di alcuni la storia personale: Ineni (collaboratore di ben quattro faraoni), Senmut, architetto reale, precettore di Neferura e costruttore del tempio di Deir el Bahari, tesoriere, governatore del palazzo, forse persino amante della regina; Hapuseneb, Djenuty, Ahmosi, Senemiah. Nel tempio, distrutto, di Deir el Bahari, è stata recuperata una lastra in cui Hatshepsut, appena nata, ma rappresentata come un maschietto, viene tenuta in braccio da dodici geni. Destinata, insomma, al comando in virtù anche del titolo di “sposa del dio Amon”.
Tenne, con autorità, le redini del governo fino a quando Thutmose III (figlio di Thumose II e di Isis, consorte secondaria) non arrivò alla maggiore età. La regina, di cui è stata individuata la mummia, parrebbe essersi spenta in età avanzata, obesa e malata di cancro. Ora il ritrovamento della tomba di Thutmose II ed i reperti recuperati potrebbero regalare nuovi particolari su Hatshepsut e, forse, sul motivo, rimasto oscuro, della tardiva “damnatio memoriae” che la colpì dopo più di un trentennio dalla morte.
Elio Clero Bertoldi
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