//Che cosa insegna la vicenda “Lifeline”

Che cosa insegna la vicenda “Lifeline”

di | 2018-06-23T18:47:38+02:00 24-6-2018 7:00|Punto e Virgola|0 Commenti

Ci sono diverse cosucce che non quadrano nella vicenda della nave Lifeline, al centro dell’ennesima querelle politico-sociale legata alla questione dei migranti. Una premessa: Matteo Salvini, ministro dell’Interno, leader della Lega e vice presidente del Consiglio, possiede uno straordinario potere comunicativo. Si può essere d’accordo o meno con quello che sostiene, ma non c’è dubbio che sa andare al cuore del problema con parole semplici e azzeccate. E d’altronde, ora che è al Governo, sta semplicemente mettendo in pratica ciò che aveva ripetutamente affermato durante la campagna elettorale e anche nei mesi precedenti. Perché meravigliarsene se proprio in base alle sue posizioni ha ottenuto larghi consensi (e questo vale anche per i Cinquestelle), certificate anche da un crescente aumento delle quotazioni anche nei sondaggi di questi giorni? Magari invece bisognerebbe interrogarsi sul perché certe posizioni, anche estreme, trovino terreno così fertile in larghi strati della pubblica opinione…

Meglio tornare al caso della Lifeline. La ricostruzione di Salvini è molto semplice ed è la seguente: dalle coste libiche si imbarcano su un gommone un bel po’ di extracomunitari, ma quando l’imbarcazione è ancora in acque territoriali interviene la Guardia costiera della Libia che invita a tornare indietro. Il gommone, però, non si ferma, fa qualche altro chilometro e raggiunge le acque internazionali dove il medesimo invito viene rivolto dalla Guardia costiera italiana. Niente da fare perché è già pronta nei paraggi una nave (battente bandiera olandese) della Ong tedesca Lifeline che, nonostante abbia una capienza di 50 posti si prende a bordo tutti e 224 migranti imbarcati. Da lì l’ormai solita tiritera: Salvini chiude i porti, Malta non li vuole e adesso parte anche l’allarme per mancanza di cibo e medicinali a bordo. Piccola postilla, sempre di fonte salviniana: a richiesta ufficiale dell’Italia, l’Olanda ha risposto che quella nave della Lifeline non risulta sui suoi registri navali, quindi è “una nave fantasma”.

Che cosa si ricava da questa vicenda? Che, molto probabilmente, visto come si sono svolte le cose, c’era un accordo tra “gommonisti” e Ong: questi migranti ce li prendiamo noi, tanto prima o poi si troverà una soluzione.  E’ normale che questo accada? Non esattamente. Così come non è normale che se ne debba far carico esclusivamente l’Italia, entro i cui confini attualmente vivono 170mila extracomunitari, arrivati più o meno con le stesse procedure. E neppure è accettabile che la Francia (alla quale come al solito non difetta la puzzetta sotto il naso) distribuisca patenti di razzismo a destra e a manca quando tiene i suoi soldati al confine di Ventimiglia per impedire che qualcuno (adulti, donne o bambini) possa mettere piede sul proprio suolo. A proposito, i numeri dicono che solamente 7 su 100 di questi poveri disgraziati appartengono alla categoria di coloro che hanno diritto all’asilo politico (gente che fugge dalla guerra e dalle carestie) e quindi a tutte le tutele previste dal diritto internazionale: cioè 11900 persone fra quelle che oggi sono in Italia. Tutti gli altri sono migranti cosiddetti economici, persone scappate perché cercano condizioni di vita e di lavoro migliori. Probabilmente non avrebbero nemmeno voglia di restare in Italia, ma nessuno in Europa li vuole: questa è la verità.

Come se ne esce, soprattutto evitando le strumentalizzazioni politiche? Detto che non ci sono bacchette magiche, la soluzione più razionale è impedire che partano attraverso accordi con i Paesi del Mediterraneo, in primis Libia e Tunisia, per creare i cosiddetti “hotspot” (per esemplificare, punti di prima accoglienza). Non sarà né semplice, né agevole. E ci vorrà molto tempo. Intanto andranno una volta per sempre chiariti i rapporti (non sempre limpidi e leciti) tra Ong e scafisti o gommonisti che dir si voglia.

Buona domenica.

 

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