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Quell’infanzia negata nel buio delle miniere

di | 2025-02-19T13:13:07+01:00 23-2-2025 0:10|Attualità, Sezione 3|0 Commenti

MILANO – I giorni dei calendari occidentali si caratterizzano per essere associati alla venerazione di un Santo e, in una lettura laica, alla celebrazione/memoria di un evento; ma tutto è destinato a risolversi in un mero esercizio di enfasi retorica, se il ricordo non è supportato da una consapevole presa di coscienza e dalla volontà politica di non ripetere l’errore o peggio l’orrore di tali accadimenti. È di questi giorni la notizia del crollo, nel Mali occidentale, di una miniera d’oro gestita illegalmente, che ha fatto registrare la morte di almeno 48 persone. La maggior parte delle vittime erano donne e bambini, tra i corpi sommersi dall’acqua sono state ritrovate anche alcune mamme con il proprio bambino sulle spalle.

Miniera di Vohibola in Madagascar: la foto è stata scattata 15 metri sotto terra, dove Nina lavora per estrarre la Mica.

Il sito estrattivo sfruttato da un’azienda cinese era stato poi abbandonato, situazione molto diffusa nel Mali che, pur essendo tra i principali produttori di oro dell’Africa, è tuttavia uno dei paesi più poveri del mondo. Il minerale prezioso attira i grandi gruppi stranieri che lavorano con l’autorizzazione delle autorità locali, ma spesso, dopo lo sfruttamento e conseguente dismissione, queste miniere vengono prese d’assalto da minatori d’oro improvvisati, tra cui molte donne e bambini, nella disperata ricerca di qualche forma di sostentamento. Intanto i calendari occidentali celebrano “La Giornata Mondiale dei diritti dei bambini” il 20 novembre di ogni anno, data che coincide con il giorno in cui l’Assemblea generale ONU adottò la Dichiarazione dei diritti del fanciullo (1959) e la successiva Convenzione sui diritti del fanciullo (1989).

Estrazione d’oro in Mali

Val la pena suggerire la consultazione del variegato elenco di tutte le “giornate mondiali”, tra cui – solo per citarne alcune – quella della torta, della pizza, del cane in ufficio, della Nutella, dell’emoji, dell’igiene delle mani e poi chiedersi se il 20 novembre debba essere semplicemente assimilato ad una celebrazione retorica o divenire piuttosto la rivendicazione di diritti inalienabili. La risposta andrebbe cercata nei dati che proprio l’ONU fornisce prospettando una situazione drammatica, nella quale essere bambini è un privilegio per chi nasca in paesi meno sviluppati, dove l’infanzia è negata a un bambino su quattro.

Questi minori sfruttati e maltrattati sono gli schiavi moderni, costretti a condizioni di vita disumane e non è un caso se il rispetto dei loro diritti costituisca uno dei punti del piano di sviluppo sostenibile dell’ONU entro il 2030. I paesi maggiormente interessati da quest’inaccettabile condizione lavorativa si trovano in Asia, Africa ed in alcune zone del Pacifico. Basti pensare a tutti i bambini dell’India o del Madagascar che lavorano nelle miniere per estrarre la Mica, minerale usato nell’industria cosmetica, che vale pochi centesimi al chilo e viene poi venduto all’estero anche per mille dollari.

Altrettanto grave la situazione in Costa d’Avorio e Ghana, dove circa due milioni di bambini sono impiegati nella raccolta di semi di cacao per 78 centesimi di dollaro al giorno o ancora quella del Burkina Faso, paese in cui la presenza di minori nelle miniere d’oro è stimata tra il 30 e il 50% dell’intera forza lavoro. Questi piccoli lavoratori si spingono fino a 170 metri di profondità, respirando sostanze nocive come cianuro, mercurio ed esplosivi. L’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) ha classificato queste attività come le peggiori forme di lavoro minorile e, secondo i suoi dati, nel mondo oltre 70 milioni di bambini sono impiegati in varie forme di lavoro pericoloso soprattutto nel settore primario.

Ultimo, ma purtroppo non tale per gravità, la condizione del lavoro minorile nelle miniere di cobalto del Congo, dove 40 mila bambini scavano a mani nude, anche per 24 ore a fronte di un euro di compenso. Il cobalto viene utilizzato per costruire le batterie di smartphone, tablet e dispositivi elettronici, nuovi idoli a cui vengono immolati queste giovani vite, che per resistere spesso fanno uso di alcol, cannabis e anfetamine, uniche panacee per una vita assolutamente ingiusta. In quel mondo sommerso nessuno riconosce loro perfino un’identità, dal momento che laggiù nel buio delle miniere tutto si confonde con tutto e nessun diritto può essere garantito.

È giunto il tempo di non limitarsi a celebrare, ma di passare ad azioni concrete ed antitetiche rispetto alle scelte attuali, ricordando che “la lacrima di un bambino affamato pesa più di tutta la terra” (Gianni Rodari).

Adele Reale

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