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Nell’Iliade le donne “portatrici di valori”

di | 2023-11-15T19:23:58+01:00 19-11-2023 5:40|Cultura, Sezione9|0 Commenti

MILANO – Il poema epico di Omero, l’Iliade, racconta di un mondo pervaso dalla guerra dove gli attori principali sono gli uomini che detengono il predominio, ma nonostante questo anche le donne fanno la loro parte come mogli, schiave, madri. La vita delle donne nel poema appare particolarmente incentrata su attività come la filatura al telaio e la preghiera e, leggendo le parole di Omero, si deduce che nelle corti esistevano locali in cui la regina si riuniva con le ancelle per tessere. Per una donna senza ombra di dubbio la qualità principale era la bellezza, e così per attirare gli sguardi maschili si adornava con orecchini realizzati con splendide gemme, spille, fibbie preziose. La donna doveva curare il suo aspetto fisico e l’abbigliamento e doveva eccellere nei lavori domestici, obbedendo sempre al “comando dell’uomo”.

Le donne, infatti, vengono sempre rappresentate come subordinate all’uomo, se non addirittura come oggetti di contesa o come valori di scambio tra il padre e il marito ai quali deve sottostare durante la vita. Pudicizia, fedeltà, rispetto della divisione dei ruoli e obbedienza: queste sono le virtù richieste alla donna la cui principale funzione è quella di generare figli e gestire l’oikos (cioè, la casa). La donna non gode in genere dei diritti politici e non può intervenire nelle questioni che riguardano la vita del paese e in particolare la guerra. Non mancano, tuttavia, nel quadro complessivo tracciato nel poema, figure femminili che emergono per nobiltà di sentimenti e per condizione sociale.

Andromaca col marito Ettore e il figlioletto Astianatte

Tra queste, spicca Andromaca, soprattutto nell’episodio incentrato sul suo incontro con Ettore, dove traspaiono la sua completa fedeltà all’eroe, il suo attaccamento alla famiglia, l’amore per il piccolo Astianatte e l’orrore per la guerra che la getta in uno stato di perenne angoscia, quella guerra che l’ha privata dei più importanti affetti familiari. Il personaggio di Andromaca però oltre a queste caratteristiche segnatamente femminili dimostra anche un’insospettabile competenza sulle tattiche di difesa da adottare in battaglia. Da qui si potrebbe dedurre che le donne appartenenti ai ceti sociali più elevati e spose di guerrieri si occupassero, anche se indirettamente e molto velatamente, dei problemi pratici della guerra. Andromaca, infatti, nel poema si atteggia a consigliera del marito sulla migliore tattica da adottare per salvare oltre l’onore anche la vita.

La figura di Andromaca è significativa per molti aspetti. Per esempio quando fa sentire la sua voce e prega il marito Ettore di non combattere contro Achille. Qui però si scontra con la mentalità del tempo. Ettore infatti le ricorda che il suo ruolo è quello di sposa e di madre, e le ordina di non immischiarsi in faccende che riguardano la guerra. Andromaca poi dopo la caduta di Troia divenne schiava del re dell’Epiro lasciando che il suo tragico destino si compisse fino in fondo. Donna intelligente e perspicace che si piega a volontà superiori contro le quali sa di non potersi opporre.

La bella Elena

Tra i diversi personaggi femminili dell’Iliade spica senza dubbio Elena a cui si fa risalire la causa della guerra di Troia. Elena però racchiude in sé diversi punti contraddittori: da un lato ricopre in parte la figura della donna-passionale grazie al desiderio di vivere l’amore con Paride, un amore voluto anche da Afrodite, dall’altro si pone come donna sottomessa, piena di sensi di colpa e desiderosa di tornare a casa, perché convinta di essere la causa della guerra. Rimane così una figura leggendaria, quella di una donna che per tutti è e sempre sarà colei che ha causato la guerra ma soprattutto la distruzione di una della città più potenti dell’Asia Minore, Troia.

Ecuba, regina di Troia

Accanto agli esempi di spose fedeli non mancano quelli di preoccupazione materna nei confronti degli eroi che combattono. Una di queste è Ecuba, seconda moglie di Priamo, il re di Troia che ebbe da lei la maggior parte dei suoi figli, ben 19, tra cui Ettore. La regina, madre premurosa per eccellenza, viene rappresentata come una donna abile e materna, che visse dedicandosi all’educazione dei suoi figli rivelandosi anche capace di dare consigli utili al marito e alla sua numerosa prole. Un’altra madre costantemente preoccupata della sorte del figlio e premurosa nell’assisterlo è Teti che, pur essendo una dea e quindi consapevole del destino di Achille, mostra tratti di umanità dolente e conserva gli aspetti materni propri delle più grandi figure femminili.

Cassandra, la sacerdotessa

Emerge la figura di Cassandra, gemella di Eleno, figlia di Ecuba e di Priamo, sacerdotessa nel tempio di Apollo da cui ebbe la facoltà della preveggenza. Cassandra, che viene esaltata specialmente da Eschilo ed Euripide come eroina trasgressiva, dotata del dono della profezia e destinata a non essere creduta assume un ruolo fondamentale nelle vicende del poema e disegna i tratti di una donna di carattere. A lei si aggiunge nel novero delle donne del poema omerico la bella Briseide che, secondo quanto si legge nell’Iliade, Achille aveva preso come schiava affascinato proprio dalla sua bellezza.

La schiava Briseide condotta da Agamennone

I poemi omerici e in primis l’Iliade rappresentano così il primo documento storico che descrive nei particolari le condizioni di vita della donna ponendo l’accento sui valori e sulle regole della società greca nei secoli tra la fine della civiltà micenea e l’VIII secolo. Omero assegna alle donne un ruolo fondamentale: quello di portatrici di valori. Dalle loro parole traspaiono insegnamenti importanti e validi che riguardano gli affetti. Compagne di eroi, esse impediscono, o perlomeno tentano di impedire, che il loro senso dell’onore e il loro “inseguire” l’ammirazione di tutti e la vanagloria abbiano il sopravvento sugli affetti e sulla vita stessa, riscattando così la figura femminile che sembrava essere relegata soltanto all’accudimento della casa e dei figli oltre che all’obbedienza.

Margherita Bonfilio

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