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L’antica leggenda di Sant’Antonio e del fuoco in Sardegna

di | 2020-02-01T11:37:50+01:00 2-2-2020 6:20|Attualità, Cultura, Sezione 5|0 Commenti

NUORO – Un rito sacro e profano che ancora perdura nella nostra isola sarda. La notte del 16 gennaio in Sardegna si accende un gran fuoco davanti alla chiesa principale del paese o nella piazza più grande, forse per ricordare la leggenda secondo la quale Sant’Antonio portò il fuoco agli uomini.

Una volta nel mondo non c’era il fuoco. Gli uomini avevano freddo e chiesero aiuto al santo che viveva nel deserto. Sant’Antonio, sempre chiuso tra sé e sé, dedito alla preghiera, si commosse e decise di aiutare gli uomini. Col suo porchetto e col suo bastone di férula si presentò alla porta dell’inferno e bussò chiedendo di poter essere accolto. Ma i diavoli, quando si accorsero che era un santo e non un peccatore gli negarono l’accesso e gli proposero di far entrare il porchetto al suo posto. E così il porchetto entrò, ma appena dentro si mise a scorrazzare con una tale furia da mettere lo scompiglio ovunque, tanto che i diavoli, ad un certo punto, non ne poterono proprio più. Finirono perciò per rivolgersi al Santo, che era rimasto fuori dalla porta chiedendogli di entrare velocemente nell’Inferno, riprendersi la bestia e sparire prima possibile.

Sant’Antonio entrò, toccò il porchetto col suo bastone e quello se ne stette subito quieto, ma il Santo, stanco, si sedette un momento per scaldarsi. Lo fece su un sacco di sughero, proprio sul passaggio dei diavoli. Ogni tanto davanti a lui passava un diavolo di corsa e lui, col suo bastone di fèrula, gli dava una legnata sulla schiena. Ad un certo punto i diavoli, arrabbiati gli presero il bastone e misero la punta tra le fiamme. Il porco, in quel momento, ricominciò a buttare all’aria tutto: cataste di legna, uncini, torce e tridenti. Sant’Antonio, quindi, per placare quella furia, propose che gli venisse restituito il bastone di fèrula. I diavoli glielo diedero ed il porchetto stette subito buono. Ma il bastone era di fèrula ed il legno di fèrula ha il midollo spugnoso. Se una scintilla entra nel midollo questo continua a bruciare di nascosto, senza che di fuori si veda. Così i diavoli non s’accorsero che Sant’Antonio aveva il fuoco nel bastone. Il Santo col suo bastone uscì dall’Inferno ed i diavoli tirarono un sospiro di sollievo.

Fuochi e processione a Orgosolo

Appena fu fuori, Sant’Antonio alzò il bastone con la punta infuocata e la girò intorno, facendo volare le scintille, come se stesse dando una benedizione. E cantò: “Fuoco, fuoco, per ogni loco; per tutto il mondo fuoco giocondo!” Da quel momento, con grande contentezza degli uomini, ci fu il fuoco sulla Terra e Sant’Antonio tornò nel suo deserto a pregare.

La festa di sant’Antonio Abate, chiamato a Orgosolo Sant’Antoni de su ohu, cade proprio nella notte tra il 16 e il 17 gennaio. La notte della festa è preceduta da nove giorni di novena che i devoti fedeli, raccolti in preghiera, fanno nella piccola chiesa, dedicata al santo, che è situata nella parte bassa del paese. E’ una costruzione suggestiva ed è stata costruita in origine con pietre non lavorate e cementate con l’argilla. La piccola piazza situata al fianco della chiesa è abbastanza grande da ospitare il falò tradizionale che di solito è il più grande e il più bello del paese. Alcuni giorni prima della festa le massaie preparano il dolce tradizionale “su pistiddu”, una focaccia fatta con una sottile sfoglia di pasta ripiena di miele, buccia d’arancia e semola, che poi viene “pintau”, ossia decorata con una piccola croce al centro per sottolineare la sacralità del pane dolce. Il “pistiddu” viene portato in dono a parenti e amici dalle persone che ne hanno fatto promessa al Santo.

Maschere e fuochi a Mamoiada

Nella zona sottostante la chiesa e la piazza, in alcuni “camerones”, enormi stanze dove si prepara per la parte laica della festa, i ragazzi della leva in carica, di solito trentenni e diciottenni, si occupano della preparazione dei cibi tradizionali che saranno offerti a tutti i presenti. Poco prima del tramonto, secondo la tradizione, viene acceso il grande falò, e ha inizio la messa nella piccola chiesa che si riempie di fedeli in pochi minuti. Dopo la benedizione, il campanaro dà il via ai rintocchi della piccola campana dai suoni acuti e la processione ha inizio. I “confrarios” vestiti di rosso e azzurro portano in spalla la statua del santo che ha ai suoi piedi un porcellino, per ricordare che il santo è anche protettore degli animali domestici e dei macellai.

Preceduti dal parroco “confrarios” e fedeli compiono tre giri attorno al fuoco; infine viene benedetta la grande pira scoppiettante da cui esala un gradevole profumo di arance che ardono in mezzo ai ciocchi, e la benedizione si estende a tutti gli altri fuochi nei rioni del paese. Finita la festa religiosa inizia quella della fratellanza e a tutti i presenti viene offerto un bicchiere di vino e su pistiddu.

I mamuthones di Mamoiada

Nei rioni di Nuoro, da Seuna a San Giovanni, ancor prima che il fuoco venga acceso si sente il profumo della “fava e lardu” che cuoce nei paioli, della salsiccia arrosto e della pancetta, offerta alla fine del rito cristiano ai tanti accorsi a fare i tre giri benaugurali attorno al fuoco. Molta attenzione, viene prestata a “sos istranzos”, gli estranei, cioè gli amici che vengono da fuori. Tutti i presenti vengono invitati a fermarsi a cena. Verranno serviti grandi quantità di fave con lardo, pecora bollita con le patate, porcetto e salsicce arrosto. Tutta la notte ci saranno canti a tenores e balli sardi attorno ai fuochi di tutto il paese. Alla fine c’è sempre una lotteria, dove il primo premio è un maiale la cui sorte è affidata al vincitore.

Mamoiada celebra l’arrivo dell’anno nuovo con la festa dedicata a Sant’Antonio Abate che, secondo la tradizione, avrebbe rubato il fuoco dagli inferi per portarlo agli uomini. La festa si articola in tre giornate: il 16 gennaio “Su pesperu”, la vigilia, il 17 gennaio “S. Antoni” e il 18 gennaio “S.Antoneddu”. Alla vigilia del giorno dedicato al santo, fervono i preparativi per la cerimonia che coinvolge l’intero paese. Si preparano i falò utilizzando la legna che proviene da antiche radici di alberi tagliati anni prima senza creare danno all’ambiente. Da quel fuoco madre ognuno ne prende un tizzone e tutti gli altri vengono accesi, illuminando Mamoiada. Il 17 gennaio, il giorno di Sant’Antonio, Mamuthones e Issohadores, le maschere tradizionali di Mamoiada, sfilano per la prima volta per le vie del paese ed intorno ai fuochi, dando così inizio al carnevale isolano. In occasione della festa, le donne del paese preparano dei dolci saporiti ed elaborati, che vengono offerti a tutti. Il 18 gennaio infine è il giorno di S. Antoneddu e la grande festa volge al termine accompagnata dalle ultime braci, gli ultimi bicchieri e gli ultimi dolci mangiati in compagnia.

Virginia Mariane

Amante del buon cibo, di un libro, della storia, dell’archeologia, dei viaggi e della musica

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