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Il potere delle parole: occorre usarle bene

di | 2019-03-08T17:44:28+01:00 10-3-2019 6:30|Attualità, Cultura, Sezione 7|0 Commenti

LICATA (Agrigento) – “Le parole sono pietre”: quest’espressione, di Carlo Levi,  può essere colta in tutta la sua polisemia per dire che le parole devono avere un loro peso, una loro gravità, cioè una loro forza ed efficacia, ma anche un loro stile comunicativo. Le parole hanno un potere grande: danno forma al pensiero, trasmettono conoscenza, comunicano. Le parole sono leggere: incantano, guariscono, fanno sognare, innamorare. Le parole sono pietre e hanno un peso: offendono, calunniano, ingannano, emarginano, feriscono, uccidono.

Per questo vanno usate con consapevolezza sia nel mondo reale che in quello virtuale perché la Rete e i social network – è bene sottolinearlo – sono luoghi virtuali in cui si incontrano persone reali, tanto che l’affermazione “virtuale è reale”, oggi, non è più un ossimoro, una contraddizione in termini perché nella Rete e nei social abitano persone reali. Per questo occorre ridefinire lo stile con cui vi si abita perché, al riparo dell’anonimato, essa può diventare il luogo dove insultare, diffondere calunnie, amplificare errori, mettere in moto la macchina del fango, creare ad arte fake news fino a indurre le vittime a compiere atti estremi.

Queste considerazioni tanto semplici da apparire ovvie (ma, sia chiaro, non sempre l’ovvietà coincide con la banalità…) sono spesso dimenticate da una società come la nostra, affetta da una pericolosa e contagiosa forma di Alzhaimer collettivo che le impedisce di ricordare, di imparare dal passato e che la rende miope, incapace di andare oltre l’immediatezza, di fare progetti a lungo termine. Ed ecco che le parole vengono usate senza pensare alla loro ricaduta, alle loro conseguenze, con una superficialità preoccupante sia dall’uomo della strada che dai personaggi pubblici: politici, rappresentanti delle istituzioni, del mondo dello sport, dello spettacolo, della comunicazione si lasciano andare al turpiloquio e usano i social per dare sfogo alla loro rabbia e per risvegliare e sdoganare i sentimenti più beceri che albergano nella pancia dell’uomo.

Questo aspetto è ormai sotto gli occhi di tutti e mostra uno scenario inquietante che rivoluziona il nostro modo di vivere il rapporto con gli altri. C’è invece una ventata di aria pura che ogni tanto arriva non solo dal mondo reale ma anche dal mondo virtuale. Si parla, in particolare, del Progetto Sociale di Sensibilizzazione contro la Violenza delle Parole portato avanti, dal 2017, dall’Associazione “Stile Non O_Stile” che si propone di diffondere, nelle scuole, nei luoghi di lavoro e ovunque, uno stile comunicativo non ostile. Adottare uno stile comunicativo non aggressivo e non violento non è sinonimo di debolezza, di mancanza di argomenti, di accondiscendenza o di buonismo. Tutt’altro. Non è una questione di mera forma, di eleganza stilistica, di ricercatezza lessicale, ma di sostanza perché le parole sono la forma della sostanza, in quanto manifestazione del pensiero. E, visto che le parole hanno un peso e quindi delle conseguenze nelle relazioni, è bene sceglierle con cura, con l’obiettivo di creare ponti e non di erigere muri e seminare odio perché – occorre tenerlo ben presente – l’insulto non è un argomento e chi ha non la pensa come me non è un nemico: le idee, infatti, si possono discutere; le persone si devono rispettare.

Giuseppe Mistretta

Nella foto di copertina, il manifesto della comunicazione non ostile

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