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Il Gambia vuole dire di nuovo sì alle mutilazioni genitali

di | 2024-04-21T10:04:07+02:00 21-4-2024 5:25|Attualità, Sezione 6|0 Commenti

RIETI  – “Tutte le pratiche di rimozione parziale o totale dei genitali femminili esterni o altre alterazioni indotte agli organi genitali femminili, effettuate per ragioni culturali o altre ragioni non terapeutiche”: così l’Oms definisce la brutale pratica delle mutilazioni genitali che non ha nessuna ragione di essere, se non mortificare le donne, dimostrare il proprio potere sul genere femminile. Lo si fa in molti modi e in tutto il mondo, in un modo o nell’altro, ma questo è veramente il peggiore e Avaaz, la piattaforma di raccolta firme per appelli in difesa dei diritti umani, invita a firmare contro l’abolizione della legge approvata in Gambia nel 2015 che vietava questa pratica. I politici vogliono rendere di nuovo legale l’infibulazione delle bambine e sono come sempre gli uomini a deciderlo: il 91% dei parlamentari gambiani sono di sesso maschile.

Donne coraggiose che l’hanno subita stanno cercando di opporsi per proteggere le ragazze non ancora mutilate. “Abbiamo meno di 90 giorni per fermarli. Il governo del Gambia desidera proteggere la propria immagine internazionale e la crescente economia turistica. Le organizzazioni locali sostengono che una protesta globale avrebbe un impatto enorme! Firma ora e lavoreremo insieme per portare il nostro appello globale fino al parlamento” è l’invito di Avaaz. Quasi un milione di ragazze in Gambia sono state costrette all’infibulazione e, talvolta, alla cucitura della vulva. Dopo l’escissione venivano minacciate di essere mutilate di nuovo se ne avessero parlato a qualcuno. Firmando l’appello si possono proteggere altre milioni di giovani donne che non l’hanno ancora subita, altro non si può fare. Le tutele legali sono estremamente importanti per fermare le violazioni dei diritti umani e la legge non deve essere abrogata. Tre donne sono state recentemente condannate in Gambia per aver praticato la mutilazione.

Il 20% dell’economia del Gambia si basa sul turismo e il Governo, che sta costruendo la sua immagine di democrazia emergente, ha enorme interesse a proteggere la sua reputazione internazionale. Qui si può e si deve intervenire. Lavorando con gruppi sul campo, Avaaz ha preparato un piano per mostrare ai leader gambiani che abrogare il divieto e rendere legale l’infibulazione delle bambine danneggerebbe la reputazione internazionale e metterebbe a repentaglio le sue entrate turistiche. Le mutilazioni genitali costituiscono un atto estremamente traumatico, anche con gravi conseguenze sulla salute fisica, psichica e sessuale delle bambine e delle giovani ragazze che le subiscono. Sono di vari tipi, con diversi livelli di gravità, di cui la più radicale è comunemente chiamata infibulazione, una pratica diffusa prevalentemente nell’Africa Subsahariana, che l’immigrazione ha fatto conoscere anche in Europa e in Italia. Il nostro Paese ha legiferato con la legge 7/2006 “Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazioni genitali femminili”: chiunque pratichi l’infibulazione è punito con la reclusione da 4 a 12 anni, pena aumentata di 1/3 se la mutilazione viene compiuta su una minorenne, nonché in tutti i casi in cui viene eseguita per fini di lucro.

Bisogna vigilare e prevenire, soprattutto nei confronti delle figlie delle donne che hanno già subito mutilazioni nel loro Paese d’origine e questo è forse l’aspetto più inquietante. Nel rispetto dell’art. 4 della Legge 7/2006, il Ministero della salute ha emanato le Linee guida destinate alle figure professionali sanitarie e ad altre figure che operano con le comunità di immigrati provenienti da Paesi dove si effettuano pratiche di MGF, per realizzare un’attività di prevenzione, assistenza e riabilitazione delle donne e delle bambine già sottoposte a tali pratiche. E questa è un’altra cosa da fare da “quest’altra parte del mondo”. Le modalità di esecuzione variano a seconda dei paesi e delle etnie, dalle forme più radicali a quelle più blande e quello che colpisce di più è l’espressa volontà e convinzione della madre e dell’intera comunità, mentre, come sempre, gli uomini, che hanno il vero potere decisionale, rimangono invisibili. Può variare l’età delle bambine sottoposte alla pratica, realizzata in alcuni paesi già nelle prime due settimane di vita e non mancano situazioni in cui le MGF, se non praticate da bambine, vengono praticate nell’adolescenza, al momento del matrimonio, durante la gravidanza, al momento del parto.

Studi recenti hanno evidenziato un graduale abbassamento dell’età delle bambine sottoposte a MGF, per occultare l’intervento laddove proibito, ma anche per vincere le eventuali resistenze da parte di bambine e ragazze consapevoli. La pratica si colloca tra le tradizioni che segnano il passaggio dall’infanzia all’età adulta, un rito attraverso il quale si diventa “donna”, laddove invece, è la donna, la sua femminilità, che viene abusata e negata. La ritualità, più o meno marcata a seconda dei paesi, si trasmette da madre in figlia. Si tratta di una identità di genere costruita socialmente che darebbe senso a una identità biologica, attraverso la manipolazione fisica del corpo che costringe le bambine, future donne, a movimenti contenuti e misurati per le ferite subite, a una andatura flessuosa e lenta, più rispondente al ruolo che alla donna è attribuito nella società (viene in mente l’antica pratica di fasciatura dei piedi delle donne giapponesi, per avere una andatura a piccoli passi dietro all’uomo).

Una manipolazione che già dall’infanzia pone fine ad ogni forma di promiscuità tra bambine e bambini, perché le bambine non sono più in grado di fare quei giochi che richiedono una libera espressione del proprio corpo. Nelle nostre scuole gli insegnanti devono essere formati adeguatamente per riconoscere i segnali: la tendenza a parlare meno, isolarsi, percepire la propria diversità, vivere con disagio la partecipazione al gruppo, evitare le attività di educazione fisica a causa dei dolori provocati dalle cicatrici, subire cambiamenti nell’andatura e nei movimenti, potrebbe impiegare molto tempo per urinare, soffrire di forti dolori mestruali, assentarsi dalle lezioni uno o due giorni al mese, presentare cambiamenti dell’umore e del comportamento. A tutte le età le persone lanciano messaggi per comunicare le proprie sensazioni, le proprie paure, per chiedere aiuto e quando ciò avviene durante l’infanzia e l’adolescenza la società nel suo insieme è chiamata a un coinvolgimento consapevole in nome del principio che donna, nata in qualunque luogo del mondo, è portatrice di un diritto alla salute, all’integrità della propria persona, al di là di ogni tradizione e convenzione. Firmate l’appello, abbiamo poco tempo.

Francesca Sammarco

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