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Dove è andato a finire il Don Giovanni di Mozart?

di | 2021-11-12T19:10:31+01:00 14-11-2021 6:45|Sezione10, Spettacolo|0 Commenti

ROMA – Un nuovo “Don Giovanni” è passato per Roma, al Teatro Olimpico, promosso dall’Accademia Filarmonica Romana e con danzatori dell’Aterballetto. I modelli di riferimento sono stati ben 25, a detta del coreografo – lo svedese Johan Inger – e del drammaturgo Gregor Acuyña-Pohl: fra essi spiccano i Don Giovanni di Ingmar Bergman, Mats Ek, Bertold Brecht e la scrittrice Suzanne Lilar, ma le differenze sono molte. Occorre soprattutto rinunciare a rifarsi al capolavoro musicale di Mozart, “Il dissoluto punito ossia il Don Giovanni K.527”: nel nuovo Don Juan non troviamo infatti fondamenti religiosi, per cui il libertino non finisce all’Inferno (ma sono vestiti da angeli o da demoni i personaggi deputati).

Il coreografo svedese Inger Johan

Una scena del Don Juan al Teatro Olimpico

Non vi troveremo la figura del defunto Commendatore, il delitto peggiore da Don Juan perpetrato: il celebre Leporello viene mutato in Leo, accentuando la sua funzione di buon tutore dello scavezzacollo incorreggibile, e soprattutto emerge la figura della Madre. La Madre che abbandonò il piccolo Don Juan lasciando in lui un vuoto affettivo incolmabile. E qui emerge la componente psicoanalitica della trama: tale figura materna riappare più volte nel balletto, ma con connotati sessuali (da Mats Ek), specie quando il libertino si accoppia con le donne previste dalle vecchie partiture, Elvira, Zerlina, Donna Ana, e la nuova Tisbea. Ma questa Madre non ha poi sviluppi ulteriori, non si iscrive nell’evoluzione del figlio.

La drammaturgia di quest’opera difatti è difficilmente comprensibile. I ballerini dell’Aterballetto, bravissimi, innervano qualunque personificazione la trama richieda loro, ma la trama non si svolge, si spezzetta, portandosi dietro i pannelli scenici creati da Curt Allen Wilmer e sospinti dagli stessi ballerini. La musica, creata per l’occasione da Marc Álvarez e diretta da Manuel Busto, riecheggia talora il grande Gluck, tal altra la calda musica spagnola, specie nel colorato Carnevale, con effetti di notevole e indovinata complicità con la danza. Ma Don Juan non si modifica, come del resto quello mozartiano, permane nel male (che per la storia primaria è il peccato): e nella scena finale torna alla vita di sempre, inquadrato ridente su un firmamento di stelle, tra i lugubri figuri del suo permanente passato. Ed il giudizio è lasciato agli spettatori.

Paola Pariset

Nell’immagine di copertina, i ballerini Daniele Ardillo (Saul) e Estelle Bovay (donna Elvira)

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