RIETI – Due figure femminili coraggiose, anticonformiste, che non si arresero mai, prendendole ad esempio di lotta per i diritti e la libertà, in un momento in cui le democrazie mondiali non godono di buona salute e le donne ancora debbono lottare: Adela Zamudio (boliviana) e Leona Vicario (messicana).

Adela Zamudio
Adela Zamudio, conosciuta anche come Soledad (Cochabamba, 11 ottobre 1854 – Cochabamba, 2 giugno 1928) è stata insegnante e pittrice, tra le pioniere del movimento femminista in Bolivia. La sua famiglia possedeva delle miniere, ha scritto opere poetiche e teatrali, narrativa, saggistica, trattò temi come il divorzio, il matrimonio civile e la separazione dei poteri tra Stato e Chiesa. Tra i suoi scritti principali Ensayos poéticos, Ensayos politicos, Íntimas, Peregrinando, Ráfagas, Cuentos breves, Nacer hombres, ¿Quo Vadis?, pubblicati anche in Argentina e in Francia.

Adela Zamudio
Promosse l’educazione libera e secolare, nel 1921 fondò la prima scuola di pittura femminile, la rivista femminista boliviana Feminiflor, diretta e scritta da donne, che parlava di libertà femminile e fu in quel momento che la Chiesa la scomunicò, la cultura la condannò e la società si scandalizzò, perché scelse di non sposarsi. In Bolivia il giorno della sua nascita è diventato il giorno delle donne.

Adela Zamudio
Studiò da autodidatta e cominciò da adolescente a scrivere poesie con lo pseudonimo Soledad. Trasgressiva e anticonformista, dovette lottare molto per essere accettata nell’insegnamento professionale. La sua attività pedagogica fu soprattutto volta a difendere il diritto delle donne a ricevere una degna istruzione e a eliminare tutti gli ostacoli e i pregiudizi che a quel tempo minavano la formazione delle giovani boliviane. Prese parte alla fondazione della prima organizzazione femminile autonoma che combatteva per i diritti politici nelle scuole. Nel 1926, sostenne pubblicamente la legge sul divorzio, approvata sei anni dopo. Non si piegava alla mentalità dominante, la sua opera e le sue gesta furono talmente importanti che venne riconosciuta come “la massima esponente della cultura femminile” dal Presidente della Repubblica nel 1926. Il suo epitaffio è “Volo ad abitare fra le stelle ignorate, come un’allodola solitaria”.

Leona Camila Vicario
Molti anni prima, nel 1789 in Messico, nacque María de la Soledad Leona Camila Vicario Fernández de San Salvador, da una famiglia creola altolocata. Fu eroina dell’indipendenza messicana, difese la libertà e i diritti delle donne. Il suo nome è inciso in oro nel Murale d’Onore nella camera bassa del Congresso dell’Unione. Fu la prima giornalista in Messico, mettendo in pericolo la sua vita, fu più volte imprigionata e costretta alla latitanza. Sacrificò la ricchezza della sua famiglia in nome della liberazione. Aveva ricevuto un’educazione completa in belle arti e scienze e sviluppato un forte senso critico. Dopo la morte dei genitori nel 1807 venne affidata allo zio Agustín Pomposo Fernández de San Salvador, noto avvocato e sostenitore della corona spagnola, che aveva stabilito, senza successo, un matrimonio con un colonnello. Lei seguì le sue idee liberali, era in contatto con gruppi che combattevano per l’indipendenza del paese.

Leona Camila Vicario
Nel 1809 incontrò Andrés Quintana Roo (che sposò nel 1815), figura di rilievo nel movimento per la liberazione, con cui ha condiviso l’amore per la rivoluzione. Fu messaggera, spia e propagandista nell’organizzazione segreta Los Guadalupes, organizzò gruppi di donne e incontri clandestini, aiutò a reclutare persone, accolse fuggitivi, distribuìi denaro e medicine. Nel 1810 scrisse Memoria cristiano-política per sensibilizzare sui pericoli della mancanza di unità nel paese. Nel 1813, quando le sue attività insurrezionali furono scoperte, fuggì di casa, venne incarcerata e interrogata, ma non parlò. Gli insorti la salvarono, le autorità confiscarono tutti i suoi beni. Attraverso i giornali El Ilustrador Americano e Semanario Patriótico Americano teneva informate le forze rivoluzionarie di ciò che accadeva nella capitale. Perennemente in fuga insieme al marito, visse in povertà, scampando diverse volte all’arresto.
Nel 1817 nacque la prima figlia, la arrestarono insieme al marito e alla figlia, accettò l’amnistia dai realisti e rimase nella città di Toluca fino all’indipendenza del Messico nel 1820. Nel 1823 le restituirono una piccola parte delle sue proprietà. Insignita e riconosciuta per il suo sostegno all’insurrezione, la sua fama scese nel corso degli anni, riacquistando visibilità solo in rare occasioni, diversamente dal marito che ricoprì cariche politiche. Nel 1827 la città di Saltillo la rinominò semplicemente Leona Vicario, ma non mancarono attacchi da parte della stampa e da realisti che ricoprivano posizioni nel governo, per sminuire i suoi sforzi rivoluzionari in quanto donna colta e agiata. Lucas Alamàn, ministro e intellettuale sostenne che non era degna degli onori tributateli, perché aveva lottato soltanto per seguire il suo compagno.

Leona Camila Vicario
Lei rispose pubblicando su El Federalista, una lettera, la prima pubblicata da una donna in Messico: “Per quanto mi riguarda, posso dire che le mie azioni e opinioni sono sempre state molto libere; nessuno ha avuto alcuna influenza su di esse e, in questo senso, ho sempre agito con totale indipendenza, senza tener conto delle opinioni di coloro che ho stimato. Sono convinta che tutte le donne siano così, tranne quelle molto stupide e quelle la cui educazione le ha portate a un’abitudine servile. Ci sono anche molti uomini di entrambi i tipi“. Morì a 53 anni nel 1842, fu l’unica civile a ricevere un funerale di Stato, nominata Benemerita y Dulcisima Madre de la Patria. Nel 1900 venne traslata insieme al marito nella Rotonda delle Persone Illustri nel Pantheon Civile di Dolores e nel 1925 spostata nella Colonna dell’Indipendenza. La sua effige compare su monete e francobolli. Il 2020, bicentenario dell’indipendenza messicana, è stato dichiarato anno di Leona Vicario, Benemerita Madre della Patria.
Francesca Sammarco
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