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Ecco il Carnevale, dove quasi tutto è permesso

di | 2022-02-20T07:12:58+01:00 20-2-2022 6:05|Attualità, Sezione 2|0 Commenti

NUORO – E anche quest’anno è arrivato il carnevale. Per le strade già si intravedono le prime stelle filanti e i coriandoli lasciati dai bambini come Pollicino era solito fare con le sue mollichine. Dopo due anni di paura, chiusure varie, Covid e pandemia, quest’anno paesi e città stanno finalmente riorganizzando sfilate, carri, veglioni in maschera, un po’ per buon auspicio, un po’ per tornare alla normalità di un tempo. L’origine del Carnevale rimanda ai tempi in cui Roma era Caput mundi, precisamente ai Saturnali, festività romana che avveniva durante il solstizio d’inverno, dal 17 al 23 dicembre. Le fonti tramandano che, dopo un primo giorno di cerimonie solenni, si svolgevano banchetti e feste sfrenate dove si scambiavano doni di buon augurio, mentre le distanze sociali venivano letteralmente cancellate. I ruoli venivano invertiti, addirittura i padroni potevano servire gli schiavi, i poveri potevano vestirsi e atteggiarsi come i nobili, i patrizi nascondevano la propria identità con una maschera.

Il carrus navalis

La ricorrenza del carnevale però trova la sua origine anche nelle feste del periodo classico greco in onore di Dioniso, dio del vino e dei misteri, simbolo dell’ebbrezza, della sensualità e del vitalismo più sfrenato, ma anche dio che assicura ai “puri”, ai fedeli iniziati al suo culto segreto, una sorte beata nell’aldilà. Documenti arrivati fino a noi inoltre ci dicono che, se andiamo ancor più indietro nel tempo, Babilonesi, Ittiti, Fenici ed Egiziani cercavano di onorare i propri dèi con feste, balli, libagioni e mascherate. Il Carnevale è comunque una festa legata al mondo cattolico e cristiano, è quel periodo che precede la quaresima al fine di rallegrare gli animi prima dell’inizio di quello che è un periodo di digiuno e di penitenza in attesa della Pasqua, ed è celebrato con feste mascherate, sfilate di carri allegorici, danze e baldorie. Il proverbio associato al carnevale, derivato dall’antico detto latino “semel in anno licet insanire”, ossia “una volta all’anno è consentito impazzire”, ben fa capire la caratteristica principale di questo periodo di festa.

Carnevale nel Medioevo

Non si sa da dove derivi il nome carnevale. C’è chi dice da “car navalis”, il rito che riconduce alla nave sacra portata in processione su un carro; secondo altri significa “carnem levare” (togliere la carne) o “carne vale” (carne, addio) e allude ai digiuni quaresimali, dato che il Carnevale si conclude con il martedì grasso, il giorno che precede, nei paesi cattolici, il Mercoledì delle Ceneri. Nel Medioevo il carnevale era il tempo delle scorpacciate comunitarie e delle danze infinite dove il re del carnevale garantiva l’allegria e la sospensione temporanea delle leggi, delle regole e della morale. Le prime testimonianze dell’uso del vocabolo carnevale, detto anche “carnevalo” provengono dai testi del 1400 del giullare Matazone da Caligano noto alla fine del XIII secolo e del novelliere Giovanni Sercambi. È proprio in questo periodo che il carnevale diventò una festa riconosciuta, organizzata e regolamentata anche dalle autorità. Nelle città si organizzavano grandiosi spettacoli, parate di carri e carrozze, folle di maschere, gare, feste, danze e canti ironici anche osceni perché pieni di doppi sensi. A Firenze, durante il governo della famiglia dei Medici, si organizzavano sfilate di carri accompagnati da canti detti carnascialeschi che esaltavano i piaceri della carne senza alcun freno inibitore.

Il carnevale non ha una data fissa, dipende da quando cade Pasqua. Inizia la prima domenica delle nove che precedono quella di Pasqua. Raggiunge il culmine il giovedì grasso e termina il martedì successivo, che precede il Mercoledì delle Ceneri, inizio della Quaresima. Nell’Arcidiocesi di Milano, dove si osserva il rito ambrosiano, la Quaresima inizia di domenica. In questo modo la festa dura di più, terminando il sabato dopo le ceneri, e ritardando così di 4 giorni il periodo del “Carnevalone”.

I Saturnali

Nel 2022 i festeggiamenti per il Carnevale hanno avuto inizio il 13 febbraio, la domenica prima della Festa di San Valentino, e proseguiranno fino al 1° marzo, giorno del martedì grasso. Ma come mai ci si maschera durante il carnevale? Da sempre le persone si sono travestite in vari modi per interpretare un ruolo diverso. La maschera infatti ha lo scopo di proteggere la persona che la indossa permettendole di agire senza pericolo di punizione o disgrazia, consentendole di conservare l’anonimato e mettendola nelle condizioni di fare quel che, solitamente, durante il resto dell’anno, non farebbe perché andrebbe contro l’ordine stabilito. Secondo il poeta latino Apuleio, il “travestimento” risalirebbe a una festa in onore della dea egizia Iside, durante la quale erano presenti numerosi gruppi mascherati. Questa usanza venne importata anche nell’impero Romano. Alla fine del vecchio anno un uomo coperto di pelli di capra veniva portato in processione e colpito con bacchette.

Boes e Merdules

Questa modalità è riscontrabile anche nel carnevale sardo dove Boes e Merdules, maschere della tradizione barbaricina tipiche del carnevale di Ottana, rappresentano la lotta tra l’istinto animalesco e la ragione umana; infatti, nelle esibizioni carnevalesche, il Boe, che ha le fattezze di un bue, viene inseguito, frustato e catturato dai Merdules, i guardiani dei buoi che, coperti di pelli di pecora bianca o raramente nera e con indosso una maschera di colore nero che ha le fattezze del volto di un vecchio uomo deforme, brutto e con una bocca ghignante, inscenano furiose risse. Utilizzano un bastone, Su Matzuccu, col quale richiamano a sé i Boes, o provano ad addomesticarli usando una fune di cuoio chiamata Sa Soca.

In molte altre parti del mondo, soprattutto in Oriente, anticamente c’erano molte feste con cerimonie e processioni in cui gli individui si travestivano: a Babilonia, ad esempio, era consuetudine vedere grossi carri simboleggianti la Luna e il Sole che sfilavano per le strade rappresentando la creazione del mondo. In generale però lo spirito della festa era, e tutt’oggi è, quello di ribaltare la realtà con la fantasia e travestirsi da ciò che non si è. Nel Medioevo, ad esempio, la gente del popolo, anche solo per poche ore, poteva divertirsi senza pensieri e sentirsi al pari dei potenti. Persino lo scemo del villaggio poteva indossare una corona ed essere nominato re della festa. A Roma c’erano spettacoli come la corsa dei barberi, i cavalli senza fantino; a Venezia, invece, il primo documento ufficiale che dichiara il carnevale una festa pubblica è del 1296 e l’abitudine di girare in maschera, nascondendo la propria identità, divenne diffusissima. Per la gente era soprattutto il momento degli eccessi soprattutto nel cibo. Il tempo cosiddetto “grasso” era scandito dalla carne di maiale che veniva ucciso in questo periodo come una sorta di sacrificio per i giorni della trasgressione. Con l’arrivo del tempo quaresimale ci sarebbe stato il digiuno fino al ritorno dell’abbondanza con l’avvento della primavera.

Maschera veneziana

L’usanza moderna di travestirsi nei modi più terrificanti ha origine dalle popolazioni celtiche che per ingraziarsi gli spiriti buoni e allontanare quelli maligni usavano compiere sacrifici vestendosi con le pelli degli animali uccisi. Come si può ben capire il carnevale è una festa che si svolge ogni anno in tutto il mondo, è divenuto una festa globale, e dai Caraibi all’Europa, dal Sud America al Canada si celebra con grande allegria. In Italia ogni regione festeggia il carnevale a suo modo, ma sempre nel segno della gioia e del divertimento. A Venezia regnano sfarzo e costumi bellissimi, a Viareggio si costruiscono carri allegorici che rendono l’atmosfera del carnevale magica, così come ad Acireale, in Sicilia, a Ivrea si combatte la nota Battaglia delle Arance, mentre a Sciacca vengono realizzate splendide opere in cartapesta. I carri allegorici risalgono al Rinascimento e avevano la funzione di mostrare a tutti la grandezza dei signori e permettere al popolo sfrenati baccanali. Erano strumento di una propaganda politica e culturale che costruiva una visione del mondo ricca e articolata offerta al popolo da chi deteneva il potere. Anche a Roma, Milano, Bologna, Ferrara, Mantova, si costruivano carri allegorici che rappresentavano scene mitologiche, episodi della Bibbia, allegorie di vizi e di virtù, storie della Grecia e di Roma, segni astrologici, favole e leggende dei santi.

Un antico simbolo trionfale romano, ma anche biblico, venne ripreso nel Medioevo con il Carroccio, simbolo di libertà cittadina e popolare. Le maschere, elemento caratterizzante del carnevale, sono sempre presenti in ogni cultura. Nascono come maschere degli antenati e dei defunti in ricordo dei riti per i Mani, poi vi sono le maschere animali, come quelle dei buoi, dei lupi o delle capre, e infine le maschere umane che permettono di invertire i ruoli. Nel teatro classico le maschere erano indossate dagli attori per amplificare la voce e impersonavano tipi fissi: Macco, lo sciocco chiacchierone, Bucco, il ghiottone furbo, Pappo, il vecchio sempre deriso, oltre al soldato spaccone e alla servetta astuta. Le maschere italiane nacquero a Venezia e da lì si diffusero in tutto il mondo. Ebbero la massima diffusione nei festini di carnevale del Settecento, in cui emersero personaggi come Rosaura la dama, Florindo l’innamorato, Lelio il bugiardo, inseriti da Goldoni nelle sue commedie e utilizzati dal teatro dell’arte.

Arlecchino

Tra le maschere più gettonate dai bambini continua ad esserci quella di Arlecchino, maschera lombarda originaria di Bergamo. Arlecchino rappresenta la cultura veneziana così come Pulcinella rappresenta quella campana. È un servo-facchino scaltro che cerca di spillare quattrini a padroni avari e stupidi. Simbolo di ilarità e furbizia, fusa a una giusta dose di malizia, deriva da “Hellequin”, figura diabolica medievale. Anticamente a Venezia gli uomini si divertivano a impersonare la “Gnaga”, popolana solita prendersi beffe di tutti, con abiti femminili e maschera da gatta. Chi però non aveva soldi per un costume si mascherava con delle pezze colorate, l’importante era camuffarsi. Per concludere possiamo dire che il carnevale anticamente era legato ai riti di purificazione dell’uomo e della terra. Lo scrittore latino Macrobio affermava che il mese di febbraio era dedicato al dio Februus, pertanto in questo mese bisognava purificare la città e celebrare i riti funebri per i Mani, divinità del mondo sotterraneo.

A febbraio, secondo il poeta Ovidio, si onoravano le tombe, si placavano le ombre degli avi e si portavano piccoli doni sui sepolcri e alle cerimonie di purificazione e di commemorazione si intrecciavano riti di fecondazione, come nei Lupercali, feste antichissime in onore di Marte e del dio Fauno. Durante il carnevale si festeggiava anche la fecondità della terra che, dopo il risveglio dal sonno invernale, doveva nutrire gli animali e gli esseri umani. Al riso si attribuiva il potere di sconfiggere la morte e il lutto e civiltà antichissime lo collegavano alla fertilità della natura e degli uomini. Moltissime popolazioni seminavano gli ortaggi ridendo e, per i Greci e i Romani, Ghelos e Risus, divinità del riso, erano sacre e venerate. Quante storie dietro al carnevale, per molti vissuto solo come momento di svago e ilarità, ma periodo carico di emozioni, culti, riti che, di anno in anno, si rinnovano a suon di balli, musica, canti, zeppolate e allegre mascherate, per rendere meno triste e monotona la nostra esistenza e perché no, attraverso la danza, il riso e l’amore santificare l’eterno ritorno della primavera.

Virginia Mariane

Amante del buon cibo, di un libro, della storia, dell’archeologia, dei viaggi e della musica

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