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La parola “gentilezza” sta tornando di moda

di | 2023-06-05T13:21:38+02:00 4-6-2023 5:35|Attualità, Sezione 8|0 Commenti

MILANO – Sembra che negli ultimi tempi la parola gentilezza stia tornando di moda. Lo dimostra la presenza di film, libri, dibattiti e perfino corsi per tutte le età. Ma cosa si intende con gentilezza? È semplicemente cortesia? Non proprio. La gentilezza rappresenta la mitezza proposta come alternativa ad atteggiamenti di arroganza, violenza, bullismo, prevaricazione. É sinonimo di generosità, è attenzione per gli altri, è empatia, è capacità di ascoltare e comprendere le persone. “La gentilezza è la catena forte che tiene legati gli uomini” (Johann Wolfgang Goethe). Una definizione importante che sottolinea quanto sia indispensabile praticarla. La gentilezza migliora l’umore, l’empatia, le relazioni umane, e perfino la salute.

Marco Aurelio, filosofo e imperatore romano, definiva la gentilezza come “la gioia dell’umanità”, la gioia di incontrare l’altro e trattarlo con rispetto. Si può dire allora che la gentilezza non è altro che un atteggiamento che implica ascolto, rispetto, comprensione e fiducia verso l’altro. Perciò non ha nulla a che vedere con la formale cortesia, con il buonismo, né tantomeno con l’ipocrisia e la mancanza di autenticità. E non può essere nemmeno segno di debolezza o propensione alla sopraffazione. Anzi, è segno di coraggio, coraggio di affrontare le situazioni nel rispetto delle persone e delle leggi, tendendo una mano verso l’interlocutore. Può sembrare strano in questo mondo frenetico dove ognuno vuol dire la propria opinione a voce alta, con forza, imponendo il proprio pensiero, troppo presi dal ritmo frenetico della vita che si scelga un atteggiamento di gentilezza.

È stato ristampato l’Elogio della gentilezza di Adam Philips e Barbara Taylor (edizioni Ponte delle Grazie) riscuotendo un notevole successo. Si tratta di un piccolo trattato sulla buona educazione, che offre alcune indicazioni molto pratiche e utili, alla portata di tutti. Nel 2011, un’équipe di psicologi della Hebrew University, interrogandosi sulla natura biologica della gentilezza, ha, riscontrato l’attivazione del gene AVPR1A. Si tratta del gene che rilascia quei neurotrasmettitori che producono una sensazione di benessere nel momento in cui si compie un atto gentile verso il prossimo. Quindi sembrerebbe, e lo dicono personaggi illustri, che ciascuno di noi possiede un impulso biologico che spinge l’uomo ad essere gentile, purtroppo però ecco che entrano in gioco modelli comportamentali sviluppatisi nell’infanzia e soprattutto l’ambiente circostante in cui siamo immersi a modificare se non soffocare l’istintivo bisogno di gentilezza. E non sono solo i ritmi frenetici della società e l’arrivismo dilagante, ma anche la mancanza di empatia.

In un mondo frenetico e competitivo, che spesso rende freddi e concentrati solo sulla propria persona, si finisce per essere insensibili ai bisogni altrui, fino a sfociare nella maleducazione e nel bullismo. Riscoprire la gentilezza diventa non solo un valore, ma un’esigenza se si vogliono fermare episodi sempre più dilaganti di maleducazione e aggressività. Tre parole da riscoprire nell’ambito delle relazioni familiari, lavorative e interpersonali in genere: GRAZIE, PER FAVORE, POSSO. E bisogna insegnarle ai bambini fin da piccoli. Come? È necessario insegnare la gentilezza ai bambini attraverso il buon esempio e il gioco, in famiglia e a scuola. Poi proprio nella scuola, nell’ambito dell’educazione civica si può e si deve far conoscere il significato della gentilezza nella convivenza, l’importanza della cortesia e del rispetto, ai fini della qualità delle relazioni umane e sociali. Gentilezza con il vicino di banco oggi, con il compagno di lavoro o con il dirimpettaio domani.

Molti gli strumenti per diffondere questo sentimento che diventa atteggiamento comportamentale, da utilizzare in tutti gli ambienti spiegando che proprio chi utilizza la gentilezza si dimostra il più forte e il più coraggioso. Consigli per allenare la gentilezza? Per la psicoterapeuta e autrice di The Kindness Cure, la dottoressa Tara Cousineau, la gentilezza è un momento di connessione umana. Poiché ogni interazione porta con sé una potenziale minaccia e una potenziale ricompensa, ci vuole coraggio nel connettersi all’altro. Ma in modo semplice ci si può allenare ad essere gentili. La dottoressa propone tre consigli: Il primo dice che bisogna iniziare da se stessi, ascoltandosi. La chiave per imparare a essere più gentili con sé stessi risiede nell’autocompassione che si basa su tre pilastri: auto-gentilezza (trattare te stesso con la gentilezza e la comprensione che mostreresti a qualcuno che ami), comune umanità (riconoscere che non sei solo nel tuo dolore e che la sofferenza è un’esperienza umana condivisa), e consapevolezza (mantenere le proprie esperienze negative così come sono, senza sopprimerle o identificarsi eccessivamente con esse).

Il secondo dice semplicemente “Trova il modo di essere gentile”. Per coltivare la gentilezza come pratica, Cousineau invita a riflettere su una domanda chiave: come trovare il modo di portare gentilezza nella propria giornata, sia per sé stessi che per un’altra persona? Infine la dottoressa afferma che è necessario imparare a coltivare il proprio istinto di gentilezza (compassione), quello con cui ciascuno nasce, attraverso la meditazione. È questo istinto che deve essere coltivato rafforzando il muscolo della compassione. Per concludere, una frase di Esopo, esorta tutti a mettersi in gioco: “Per quanto piccolo nessun atto di gentilezza è sprecato”.

Margherita Bonfilio

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