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Turchia-Siria, anche la tragedia dei monumenti distrutti

di | 2023-02-11T10:27:56+01:00 12-2-2023 6:45|Attualità, Sezione10|0 Commenti

PERUGIA – Un sisma catastrofico. Apocalittico. Ancora vite spezzate, strappate nel sonno ai propri cari. Un bilancio di morti e feriti tuttora “in fieri”, ma che rischia di toccare cifre spaventose, agghiaccianti. Anche perché i movimenti tellurici andranno avanti a lungo: più violente le scosse iniziali, più lunghi i sommovimenti di assestamento. Tra tanta sofferenza e dolore rimarrà nella mente e nel cuore la foto della bambina, a terra tra la polvere, tra le macerie di una casa crollata, che tiene accanto, per proteggerla la sorellina più piccola. Scene di amore profondo, incondizionato, viscerale nel mezzo di una tragedia incommensurabile.

La devastazione ha martirizzato una delle culle della cultura umana. Della nascita dei miti, a cominciare da Gilgamesh. Dell’invenzione della scrittura cuneiforme, della matematica, dell’astronomia, in cui primeggiavano i Caldei (nel vicino Iran). Affondano nella notte dei tempi le origini dell’Anatolia e della Siria. Forse addirittura da questi luoghi remoti, dalla Lidia – secondo lo storico Erodoto (484 aC-425aC), di Alicarnasso, città della Caria in Asia Minore ora Turchia, poi ripreso dal geografo Strabone (60 aC-27 dC) che era nato pure lui nell’attuale Turchia e che visse a Roma – arrivarono i Tirreni che si scontrarono con gli Umbri, “gens antiquissima Italiae” e diedero origine agli Etruschi, i quali nella fase di massima espansione, toccarono l’attuale Toscana, l’Umbria, il Lazio, la Campania e, più a nord, la Liguria, l’Emilia e lembi di Veneto e di Lombardia.

Non tutti gli studiosi moderni accettano questa teoria, ma Erodoto e Strabone sostengono che il popolo dei Lidi, dopo un terribile periodo di carestia, si divise in due tronconi: uno, sotto il proprio re, Atys, rimase nella terra natia; l’altro, guidato dal figlio del sovrano, di nome Tirreno, prese il mare e raggiunse le coste centrali italiche, in cui si insediò.

Il terremoto, che dalla profondità di 18 chilometri, ha squassato la superficie con una frattura larga tre metri e lunga quasi 200 chilometri ed ha spostato – a parere dei geologi – l’Anatolia di circa 5 o 10 metri in direzione sud-ovest, ha cancellato o comunque severamente danneggiato anche monumenti di grande richiamo, tra i quali spiccano il castello di Margat, in Siria, al centro di Aleppo, una delle città più antiche del mondo (già fiaccata e spossata da dodici anni di guerra), rinforzato dai cristiani nel corso delle prime crociate e ritenuto per secoli imprendibile. Solo Gengis Khan e, più tardi, il Tamerlano con forze preponderanti riuscirono a violare la possente cittadella, fondata forse dagli Ittiti (a questa cultura appartengono i due leoni di basalto, esposti al museo nazionale della città).

Sbriciolate in gran parte anche le mura e le torri del castello di Gaziantep, epicentro del tremendo sisma, pure questo fortezza ittita, ma sicuramente ristrutturato e rafforzato durante l’impero romano (tra il II ed il III secolo) ed ancora al centro di lavori di potenziamento ad opera di Giustiniano (482-565).
Fino alla tremenda scossa di 7,8 gradi Richter alle 02.17 del mattino (ora italiana) e della successiva di 7.5 alle 11.24 del 6 febbraio (della medesima faglia o di un distretto diverso ma contiguo?), la cinta muraria di 1200 metri presentava ancora le decine di torri che l’avevano resa celebre e temuta. E che ingolosirono il sultano Suleyman il Magnifico (1494-1566) tanto da inviare (pochi anni prima della battaglia navale di Lepanto, combattuta dal figlio Selim II, nel 1571) un esercito a conquistarla.

Danneggiata pesantemente pure Hekimhan, vicino all’epicentro della movimento tellurico, città nella quale è nato Mehmet Ali Agca, il terrorista dei “lupi grigi”, che soggiornò a Perugia diversi giorni, prima di spostarsi a Roma ed attentare, a colpi di pistola, il 13 maggio 1981 alla vita di Giovanni Paolo II, al secolo Karol Józef Wojtyla. Nulla ancora filtra sulle condizioni di Antiochia, metropoli dell’antichità, distrutta da un terremoto nel 526 dC, dove si spensero personaggi come l’imperatore Marco Ulpio Nerva Traiano (nel 117 dC) e Lucio Cesare Germanico ((19 dC) e dove, per la prima volta i discepoli vennero chiamati col nome di “cristiani”.

Più lontane, sulle coste del Mare Egeo Efeso, capitale della provincia romana d’Asia (col tempio di Adriano e la biblioteca di Celso) e Smirne (oggi Izmir), devastata da un terremoto nel 178 dC e restaurata da Marco Aurelio (con i resti del foro romano). Ma sono numerosi i centri nell’area interessata dal terremoto (con un raggio di quasi 500 chilometri), a vantare significativi ed interessanti reperti archeologici, che potrebbero essere stati sconquassati o distrutti per sempre. Testimonianze sbriciolate dalla furia cieca del terremoto.

Elio Clero Bertoldi

Nell’immagine di copertina, le due sorelline salvate dopo il terribile terremoto che ha colpito Turchia e Siria

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