//Sanità pubblica, più soldi contro il virus

Sanità pubblica, più soldi contro il virus

di | 2020-03-15T10:58:39+01:00 15-3-2020 6:42|Top Blogger|0 Commenti

Migliaia di contagi, centinaia i casi di decesso, decine di migliaia di controlli effettuati su presunti malati. Il Coronavirus (o Covid 19 tanto per differenziarlo dalla normale e più conosciuta influenza) sta mettendo a dura prova le capacità e la resistenza sanitaria di molti Paesi. In Italia siamo nel pieno di una crisi la cui evoluzione è tutta da definire ma che già fa presagire gravissimi danni anche economici. I provvedimenti del Governo, che riguardano soprattutto la libertà di movimento dei singoli cittadini, seppur dolorosi, appaiono giusti e necessari, anzi inevitabili.
Ragioniamo adesso su un altro aspetto. La risposta dell’apparato sanitario nazionale è stata eccezionale, oserei dire eroica. In ogni angolo dello Stivale, da nord a sud, medici, infermieri, personale paramedico ma anche quello amministrativo hanno lavorato fin dall’inizio dell’epidemia in condizioni gravose come mai era successo prima. Per reggere l’urto con una malattia sconosciuta i sanitari sono stati, e lo sono ancor più in questi giorni, costretti a turni massacranti, al limite della resistenza umana, intollerabili per un Paese civile.
Mi faccio una domanda e metto a disposizioni dei dati: il servizio sanitario nazionale è all’altezza della situazione? Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, dal 1997 al 2015 l’Italia ha dimezzato i posti letto per i casi acuti e la terapia intensiva che sono passati da 575 ogni 100 mila abitanti ai 275 attuali. Parliamo di un taglio del 51% che ci porta in fondo alla classifica europea. I posti letto di terapia intensiva sono 5.090 (8,42 per 100.000 abitanti, quindi 0,00842 ogni 1.000 persone), 1.129 posti letto di terapia intensiva neonatale (2,46 per 1.000 nati vivi), e 2.601 posti letto per unità coronarica (4,30 per 100.000 abitanti).
E mentre le cronache raccontano del personale sanitario allo stremo delle forze e della resistenza, veniamo a sapere dalla Ragioneria dello Stato che la Sanità pubblica nazionale ha perso, tra il 2009 e il 2017, più di 46 mila unità di personale dipendente. Tra questi ottomila sono i medici e più di 13 mila sono infermieri. Ecco perché gli ospedali e i pronto soccorso potrebbero collassare da un momento all’altro di fronte all’avanzare di quella che ormai viene definita pandemia. E la situazione appare ancora più insostenibile nell’Italia centro-meridionale dove le strutture ospedaliere sono sicuramente meno adeguate di quelle del nord.
Va detto comunque che l’Ocse ritiene il nostro servizio sanitario pubblico per qualità ed efficacia delle prestazioni sanitarie, uno dei migliori in Europa e al mondo per qualità ed efficacia. Ma gli indicatori qualitativi e quantitativi dei servizi sanitari regionali mostrano un sistema con molte disuguaglianze. Differenze che spiegano i flussi di mobilità sanitaria diretti, prevalentemente, dal sud verso le regioni del nord. Mentre, dall’altra parte, la Corte dei Conti evidenzia una decrescita degli investimenti che ha rallentato l’ammodernamento delle apparecchiature terapeutiche aumentando il degrado delle infrastrutture. Maggiore al Sud rispetto al Nord, con ricadute anche sulla qualità delle cure.
L’Associazione nazionale medici ospedalieri (Anaoo) e il Sindacato medici italiani (Smi) denunciano: “Le strutture ospedaliere pubbliche hanno perso 70 mila posti letto solo negli ultimi 10 anni”. Vittorio Agnoletto, docente di Scienze politiche all’Università di Milano, medico del lavoro, giornalista e conduttore radiofonico non ha dubbi: “Meno soldi alla Sanità pubblica? Una strategia per favorire il privato”.

E adesso arrivano le misure straordinarie annunciate dal ministro della Salute, Roberto Speranza (nella foto in alto, a destra), pochi giorni fa che (finalmente) vanno in controtendenza rispetto a quanto avvenuto in questi ultimi anni: nuove assunzioni, l’incremento di aree di emergenza all’interno degli ospedali e l’acquisto delle apparecchiature necessarie per contrastare gli effetti del Coronavirus.
Iniziative che, se confermate, dovranno colmare, quindi, le gravi carenze già note agli addetti ai lavori e denunciate un anno fa dall’Associazione Salute Diritto Fondamentale, fondata dalle ex ministre della Salute Rosy Bindi e Livia Turco e dall’ex senatrice Nerina Dirindin.

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