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Quando la parola amore fa rima con morte

di | 2020-09-19T23:32:08+02:00 20-9-2020 6:25|Cultura, Sezione 6|0 Commenti

TIVOLI (Roma) – “Nemmeno con un fiore”, scrive il cantautore Edoardo De Angelis nella sua delicatissima prefazione ad “Amor(t)e”, il libro che Daniela Di Camillo ha scritto a quattro mani con Federica Confalone, appena pubblicato e già presentato a Tivoli e a Cervara di Roma. “Nemmeno con un fiore”, scrive appunto il cantautore, e invece le donne spesso subiscono vessazioni, offese, prevaricazioni e anche botte: in una parola violenza. Quasi mai ne parlano, per paura, vergogna, ma quando poi lo fanno si apre un mondo di impressioni, rumori, immagini che non è facile descrivere se non li si è vissuti. La Di Camillo lo ha saputo fare perché ha saputo far aprire il cuore, empaticamente, alle protagoniste di vicende in cui l’uomo l’ha fatta da padrone con arroganza, prepotenza, abusi lasciando segni indelebili sulle loro vite. Nel libro ne parla in quattro storie paradigmatiche, quattro confessioni vere di donne altrettanto vere, raccolte nel Centro antiviolenza del Comune di Tivoli all’interno del quale lei opera dal 2015 con la sua associazione “Il laboratorio del possibile”, atta a contrastare la violenza di genere e le discriminazioni.

Il titolo del libro dice da subito tante cose: “Amor(t)e. “Se scomposto – spiega la stessa autrice – può avere più significati: amore, a morte, amor te”. Ma soprattutto l’idea che serpeggia in tutta l’opera della scrittrice tiburtina è che la parola “amore”, in teoria la più dolce da pronunciare, fa purtroppo e spesso pendant con “morte”, che può anche non essere una morte fisica ma quando è civile e psicologica non è meno grave. E questa morte è toccata a molte donne. Il libro, dunque, si apre con le quattro storie, storiacce di vite devastate da traumi familiari o adolescenziali, storie come tante mai denunciate o tenute nascoste per paura o vergogna, che qui vengono raccontate in punta di penna. Sono narrazioni che, filtrate attraverso l’introspettiva, intima, prosa della Di Camillo, assumono per il lettore il valore di un colloquio diretto con le vittime. Così il racconto si snocciola fluido, a volte vibra per l’emozione o la sofferenza, per un ricordo che ancora fa sanguinare l’anima perché certe offese essa non potrà mai dimenticarle. Eppure, nonostante l’atrocità di quanto viene descritto, dalla penna della Di Camillo riesce a fluire anche tanta poesia perché poi queste figlie, madri, mogli, fidanzate, che hanno avuto il coraggio di liberarsi di segreti tanto gravosi e tenuti nascosti per anni, trovano la strada per rinascere e vedere il mondo con occhi nuovi: si chiama resilienza. I contenuti di ogni storia, al termine del capitolo, sono arricchiti da una riflessione di Federica Confalone che fa di questo libro, oltre che un’opera letteraria, anche uno strumento di crescita personale perché rende possibile la comprensione di alcuni meccanismi psicologici ed emotivi, acquisiti i quali si può arrivare alla consapevolezza e alla via per la salvezza. Una salvezza che per molte donne non c’è stata, purtroppo.

Ecco, quindi, che sin dalle prime pagine queste figure femminili ci appaiono a tutto tondo, in tutta la loro autenticità: una adolescente che viene violentata perché tradita dal sogno di incontrare il principe azzurro, una giovane donna che si ritrova prigioniera del suo uomo nella sua stessa casa, la figlia che subisce in silenzio le angherie del padre sulla madre, la vittima di un manipolatore narcisista. Sono solo alcune delle storie che arrivano al centro antiviolenza di Tivoli dove nell’anno che si sta per concludere se ne sono contate 200 e almeno la metà di queste si sono trasformate in denunce presso il Tribunale. Ma quelle raccontate nel libro sono le più significative e rappresentative dei “tipi” di violenza maschile esercitata sulla donna e anche quelle attraverso cui la Di Camillo lancia un messaggio positivo: che si può tornare a vivere dopo essere passate attraverso certi incubi. L’ultima parte del libro, invece, è più tecnica, un vero e proprio vademecum che si compone di “strumenti” per il riconoscimento di campanelli d’allarme negli atteggiamenti maschili, perché a volte può non essere semplice distinguere un uomo eccessivamente affettuoso da uno stalker, un padre apprensivo da un padre padrone, un fidanzato scontroso da un narcisista manipolatore. Per una donna, tra le pagine, c’è tutto per orientarsi quando ha il sospetto di essere incappata in una sordida storia. Vi sono poi risposte alle domande più comuni e l’indicazione di comportamenti da assumere in caso di pericolo o punti di riferimento cui rivolgersi. Il piccolo libro, insomma, oltre ad essere un gioiellino di letteratura, ha un valore anche informativo. La scrittura è solo un aspetto dell’attività di Daniela Di Camillo, la cui vita si svolge tutta intorno al tema della violenza di genere, su cui organizza con la sua associazione convegni, spettacoli, laboratori. Si può dire che in questo si esprima il suo impegno civile. “Perché è proprio su questo tema che si gioca il senso della parola progresso – spiega – che non sarà tale finché l’educazione dell’uomo, per un fatto ancestrale, lo farà sentire in diritto di decidere delle sorti della donna”. Sono tanti gli spunti da approfondire, con la scrittrice, e mentre il discorso, con lei, fluisce facile e piano, ci si rende conto che in questa sua battaglia per affermare il diritto delle donne – anzi le Donne con la maiuscola come lei stessa scrive nel libro – risiede il vero senso della presenza della vita sulla terra. “La violenza di genere – sottolinea la scrittrice – nasce da una ‘svista’ culturale secondo cui l’uomo conta più della donna”.

E’ una svista gravissima e antica, che mina alle radici la cosiddetta civiltà e non verrà sanata finchè non sarà chiaro che nessun elemento della natura può prevaricare sull’altro. Guerre, devastazioni ambientali, inquinamento, corruzione sono le conseguenze del fatto che l’uomo non è consapevole di non avere il diritto di ergersi a padrone su nessun elemento della natura di cui fa parte. E quindi non può farlo neanche sulla donna, che gli ha dato la vita. La violenza di genere non finirà se non passerà questo messaggio. Daniela Di Camillo sta lavorando per questo.

Gloria Zarletti

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