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Manca il cuore, la vera emergenza educativa

di | 2023-12-15T11:48:43+01:00 17-12-2023 5:05|Attualità, Sezione 2|0 Commenti

NAPOLI – Dando un’occhiata a ciò che sta accadendo nel mondo, dal demandare alla scuola o ad enti quella che è la funzione cruciale della famiglia, cioè educare e quindi rendere i propri figli partecipi e attenti alla realtà spicciola che quotidianamente si pone di faccia a loro, viene da riflettere come non mai. Di sicuro le istanze sono importanti e drammatiche, ma è come se certe persone vivessero di un’illusione pelagiana e cioè che ci sia nella volontà politica calata dall’alto la soluzione di tutto: è come se da ogni parte e in maniera sconsiderata si continuasse a scaricare sulla scuola, su enti e associazioni o peggio ancora su sportelli di ascolto la salvezza mentale e vitale dei propri figli. Il tutto dimenticando che, al contrario, certe insicurezze sorgono nel rapporto e nel disagio che ciascuno sperimenta nella realtà e che la famiglia, nucleo fondante della società, non riesce a soddisfare. 

Si chiede insomma alla politica (genericamente intesa) di risolvere la fatica del rapporto con l’altro, l’incapacità a prendere decisioni individuali che possano tenere conto del superiore interesse collettivo, la paura per le cose che cambiano.

Allo stesso modo anche in ambito scolastico le vicende di questi mesi aprono gli occhi a quanti, insegnanti e genitori, si illudono che la posizione migliore si misuri nella capacità di schierarsi rigidamente per una parte o per un’altra e non, al contrario, nel bisogno che ogni cuore ha di mettersi in moto, di accettare la sfida della realtà avviando processi, intessendo relazioni con tutte le difficoltà annesse. È proprio sotto il profilo relazionale che si colloca tale urgenza: sembra che il dramma non sia tanto quello di avere un cuore che vuole cambiare il mondo e di andare a fondo del desiderio di ognuno, ma di cercare un ipotetico bisogno radicale di giustizia cui nessuna istanza umana potrà mai davvero rispondere. 

La vita, attraverso anche il temerario gesto di tanti ragazzi, è lì a ricordare a tutti che la salvezza, come atteggiamento adeguato, giusto, non è un’idea buona o una decisione saggia che prende il potere nel mondo, ma il sorgere di un luogo in cui tutto di te possa essere ospite, in cui il cambiamento più grande che si possa desiderare è quello del proprio io. In un tempo smemorato delle urgenze che abitano il profondo di ogni uomo, l’unica vera vittoria educativa è lo spettacolo di un bimbo o di un ragazzo che, dentro il rapporto con persone autorevoli, ricomincia, improvvisamente, a frequentare se stesso. Consapevoli che, oggi come oggi, uno scollamento che nessuno si può assolutamente permettere è quello con il proprio cuore.

L’emergenza educativa è esattamente l’esito di una tale comunicazione mancata con tutto ciò che ci definisce come processo di civilizzazione. Si inizia dall’indifferenza verso gli altri: dai compagni di classe, al vicino di casa, ai colleghi nei luoghi di lavoro ai compagni di gioco; altrettante ombre di un mondo percepito (illusoriamente) come irrilevante. Si prosegue nella mancata attenzione alle opere ed a quanto trasmettono, arrivando alla mancata condivisione di un capitale del quale siamo gli immeritati eredi e gli inevitabili custodi. Si arriva così a rintracciare la vera responsabile di tanto degrado che risiede per intero nell’illusione di poter vivere senza legarsi necessariamente ad un universo umano indispensabile.

Ed è questa illusione a fare danni. Restiamo soli, pur stando all’interno di una frastornante compagnia. L’emergenza educativa è allora l’esito dell’assenza di relazioni significative, tanto con gli altri quanto con le eredità culturali trasmesse e trascurate, come se potesse esistere un qualsiasi futuro quando non si comprende più nulla del proprio passato. Ed è proprio la famiglia il luogo i cui certi rapporti vanno costruiti, fondati e consolidati.

Solo successivamente la scuola, il punto nel quale precipitano ragazzi ed insegnanti, ad essere lo spazio sociale da riconquistare, recuperando i codici di un linguaggio costruttivo, ma anche quelli dell’attenzione, della non offesa, della misura dell’altro. Così, quindi, ancora la scuola, intesa come ambiente morale, risulta essere il luogo nevralgico nel quale si svolge l’unica battaglia che realmente conta: quella della messa in atto di ciò che si è percepito, recepito, assimilato nelle fondamenta familiari.

Perché il cambiamento più grande che si possa desiderare è solo quello del proprio io.

Innocenzo Calzone

 

 

Giornalista pubblicista, architetto e insegnante di Arte e Immagine alla Scuola Secondaria di I grado presso l’Istituto Comprensivo “A. Ristori” di Napoli. Conduce da più di 10 anni il giornale d’Istituto “Ristoriamoci”. Appassionato di Arte, partecipa ad attività culturali con l’associazione “Neapolis” promuovendo incontri e iniziative a carattere sociale e di solidarietà. Svolge attività di volontariato nel centro storico di Napoli attraverso attività di doposcuola per ragazzi bisognosi e il Banco Alimentare. Appassionato di arte, calcio e musica rock.

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