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Malborghetto, una storia dimenticata

di | 2024-03-22T11:46:39+01:00 24-3-2024 5:00|Sezione 1, Viaggi|0 Commenti

ROMA – Ci sono luoghi che raccontano, con le loro mura sbrecciate o evidentemente ricostruite, tamponate per i rimaneggiamenti, con le loro ombre, i loro angoli dimenticati, secoli di storia. Tra questi ce n’è uno, alle porte della Capitale, che addirittura racconta due millenni di fatti, di cambiamenti sociali, di eventi. In una parola, racconta tutta l’umanità che vi è passata. Non dimentica nulla. Al contrario, è esso a non essere ricordato come meriterebbe. Si tratta di Malborghetto, una massiccia costruzione al Km 19 della via Flaminia, nei pressi della pittoresca stazione ferroviaria di Sacrofano. Apparentemente di aspetto medievale, a guardarlo bene l’edificio rivela particolari, strati, ristrutturazioni o restauri, che di epoca in epoca lo hanno trasformato assecondando le esigenze del territorio e delle persone, anche relegando inconsapevolmente nell’oblio i fasti delle sue origini.

Era, infatti, il 315 d. C., quando esso fu realizzato per celebrare l’imperatore Costantino che aveva sconfitto tre anni prima il suo avversario Massenzio nella battaglia di Ponte Milvio, quella famosa il cui esito secondo la leggenda fu determinato dalla scritta di fuoco apparsa in sogno al sovrano. Nell’urbe, per celebrare l’imperatore, il Senato fece erigere il più noto arco bifronte davanti al Colosseo mentre nel suburbio, probabilmente, questo a quattro fornici, che si chiama Malborghetto e del quale pochi sanno cosa sia. Gli studi hanno individuato il sito come quello dove le schiere armate di Costantino avrebbero stazionato in attesa dello scontro finale, nella notte in cui sarebbe avvenuta la famosa visione nel sonno, tutti avvenimenti che sarebbero stati celebrati con questo monumento onorario.

Come che sia, le ricerche iniziate nel 1900 dall’archeologo Fritz Tobelmann e poi riprese più recentemente da Gaetano Messineo hanno confermato l’ipotesi che la struttura sia proprio ciò che si è sempre pensato: un tributo a Costantino il Grande, colui che ricompose, sbaragliando tutti gli avversari, l’impero prima diviso in quattro dalla tetrarchia di Diocleziano e si guadagnò l’appoggio del mondo cristiano rendendo legittimo il suo culto. Proprio lui, Costantino, il sovrano che riuscì a far passare di sé un’immagine grandiosa (si fece raffigurare anche come Apollo nel famoso Colosso), unica, quasi mistica nonostante fosse stato – per citare lo storico Alessandro Barbero – “l’imperatore che aveva ucciso il più grande numero di imperatori”. Il monumento racconta tutto del tempo trascorso da quell’evento in poi.

Nato come tetrapilo (arco quadrifronte all’incrocio tra due strade), all’intersezione della Flaminia (ancora visibile all’interno) con la Veientana, il Medioevo incipiente lo vide depredato dei marmi bianchi che lo rivestivano. Nel X secolo fu trasformato in chiesa a croce greca con tanto di abside (oggi ce ne sono i resti all’esterno), grazie alla chiusura dei fornici. Segni dei tempi che sono tutti leggibili sulle mura esterne. La via Flaminia che passava dentro all’imponente monumento onorario fu deviata all’esterno. Dentro, gli scavi archeologici hanno riportato alla luce il tracciato più antico che, per gli usi successici dell’edificio, era stato ricoperto. Il tempo scorre e la prima notizia ufficiale di questa struttura si ha nel 1256 quando essa viene citata in un rogito notarile come un piccolo “borgo” fortificato.

Intorno, infatti, erano sorte delle abitazioni. Il toponimo ricevette presto una connotazione negativa dopo il 1485 quando gli Orsini, per scacciare i Colonna, lo incendiarono e allora l’ex arco onorario con tutto il suo terreno circostante divenne ciò che è oggi: Borghettaccio e poi Malborghetto. Da quella data l’insediamento fu disabitato fino a metà 500 quando fu l’ex arco fu ristrutturato da un certo Costantino da Pietrasanta (citato anche sulle mura e che confonde i visitatori per la omonimia con l’imperatore, che non sembra causale), ottenendo l’aspetto esterno che oggi vediamo. All’interno, però, esso continuò ad essere adibito a vari usi che sono stati tutti individuati attraverso gli scavi: osteria, stazione di posta, stalla e anche, in tempo di guerra, abitazione per due famiglie.

Dal 1982 il casale è diventato proprietà dello Stato ed ha avuto una nuova destinazione che risponde bene alla sua originaria vocazione di monumento. Malborghetto è diventato infatti antiquarium e sede di un distaccamento della Sovrintendenza dei Beni Culturali. Quasi del tutto sconosciuto ai romani, esso si staglia all’interno di uno splendido prato vicino al Parco di Vejo, in una zona ricchissima delle vestigia del passato di cui rappresenta una deliziosa, compatta, eloquente sintesi. Malborghetto è capace di sorprendere gli escursionisti, molti dei quali arrivano qui accompagnati dalla guida capitolina Luigi Plos, specializzato in luoghi misteriosi vicino Roma. Per il resto, studenti e studiosi, turisti e curiosi ignorano l’esistenza di questo piccolo tesoro, capace di raccontare una storia importante che ancora in troppi non sanno di poter acoltare.

Gloria Zarletti

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