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Alla scoperta del Parco nazionale del Vesuvio

di | 2018-01-18T22:07:35+01:00 8-1-2018 6:00|Attualità, Sezione 3|0 Commenti

NAPOLI – L’istituzione del Parco nazionale del Vesuvio, avvenuta con decreto del presidente della Repubblica del 5 giugno 1995, giunge dopo anni di iniziative degli ambientalisti italiani volte alla conservazione dell’unico vulcano continentale attivo in Europa. L’agricoltura del Vesuvio è da sempre considerata una delle più pregiate d’Italia, grazie alla fertilità del terreno lavico presente alle falde del Vulcano.

Il territorio vanta una produzione vinicola unica per varietà e originalità di sapori. Sono ancora coltivati il piedipalomba o piedirosso, il greco del Vesuvio, il coda di volpe, il caprettone e la catalanesca, cui si sono aggiunti l’aglianico e la falanghina. Dall’uva si ricava il Vesuvio rosso, rosato o bianco doc e il celebre Lachryima Christi, a sua volta disponibile nelle varietà rosso, rosato e bianco. Ad esaltare il fascino di un Calice di Lachryma Christi è l’alone di mistero che circonda la sua nascita, la cui storia si confonde tra suggestioni, mito e realtà: “Un golfo stupendo, un mare cristallino ed una vegetazione da giardino, uniti ad un clima mite, lo rendevano come il paradiso in terra. Ma Lucifero, quando litigò con Dio, volle fargli un dispetto, e non trovò di meglio che rovinare il suo bel giardino. Scagliò un masso enorme in quel luogo incantato, provocando uno squarcio enorme fino alle viscere della terra, da dove nacque il Vesuvio. Il buon Dio, accorso ai piedi del Vulcano, resosi conto dello scempio, pianse e laddove caddero le sue lacrime, nacque la vite”.

A deliziare il palato, contribuiscono altri frutti tipici del luogo: le profumatissime albicocche, la boccuccia, la baracca, la vitillo, la pollastrella e la cafona, le ciliegie (malizia e “durona del monte”), le susine “pazze”, le arance, i limoni, i pomodorini del “piennolo” (dalla tipica forma allungata, ovale, raccolti in grappoli attorno a un filo: il piennolo, appunto). Non possono mancare sulle tavole i “friarielli” e i tipici pinoli, particolarmente profumati, delle pinete vesuviane.

Eppure l’uomo, non sempre mostra riconoscenza ed apprezzamento per la ricchezza che la Natura gli offre. Nel corso dell’estate del 2017, una mano criminale ha appiccato il fuoco a questa inestimabile ricchezza, devastando e deturpando una vasta zona del Parco. Ma, come già avvenuto all’indomani di ogni singola catastrofe, con ostinazione, tenacia e determinazione, l’opera dell’uomo solerte non si è fatta attendere, mettendo in campo tutta la forza e il coraggio per arginare un simile scempio. La Natura, siamo certi, si mostrerà nuovamente benevola e ci regalerà ancora i suoi meravigliosi frutti sui dolci pendii, come testimoniano i primi germogli di ginestre e betulle, simboli della rinascita dell’ecosistema.

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