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Chiacchiere o frappe, comunque dolci tentazioni del Carnevale

di | 2023-02-10T19:18:27+01:00 12-2-2023 6:20|Enogastronomia, Sezione 5|0 Commenti

NUORO – Il Carnevale è la festa che segna il passaggio tra il giorno e la notte, che guarda al ritorno dei morti sulla terra accompagnati da maschere in processione e attende l’arrivo della rinascita della natura e della sua luce in primavera. Il nome deriva dalla locuzione carnem levare e preannuncia il digiuno prima della Santa Pasqua. La festa  ha origini antiche: a Roma, nel ‘500, a Palazzo Colonna, la residenza papale, si lanciavano pezzi di carne e dolci fritti come le frappe, si alzavano alberi della cuccagna e si crocifiggevano maiali.

Anche oggi, con l’arrivo del Carnevale, le strade si fanno rumorose. Si colorano di coriandoli e stelle filanti. Maschere e allegria la fanno da padroni. Accade però anche qualcosa di speciale nelle nostre tavole. Si riempiono di dolci di ogni tipo: fritti, zeppole, castagnole, cioffe, cróstołi, gròstoi, fiocchetti, sosole, maraviglias, e tante frappe o chiacchiere cotte in forno o fritte, cosparse di zucchero a velo o di cioccolato fondente, delizia di grandi e piccini.

Le chiacchiere (o frappe) hanno un’antichissima tradizione che probabilmente risale a quella delle frictilia, dolci fritti nel grasso di maiale che venivano preparati nell’antica Roma durante i Saturnalia e distribuiti tra la folla. Chiamate anche cenci in Toscana, crostoli o galani in Veneto, bugie in Piemonte, frappe nel Lazio e chiacchiere in diverse regioni dell’Italia, sono un dolce della tradizione, tipiche del periodo di Carnevale. Anticamente erano dolci fatti di uova e farina. Venivano poi ricoperti di miele una volta fritti. Nel corso dei secoli la ricetta è cambiata, dando origine ad un dolce più leggero ma sempre gustoso e appetitoso.

La ricetta apparve per la prima volta ne “La singolare dottrina”, opera pubblicata nel 1560 da Domenico Romoli detto il Panonto, considerato uno dei più grandi gastronomi rinascimentali insieme a Bartolomeo Scappi e Cristoforo di Messisbugo. Il suo trattato, ristampato anche nel Seicento, raccoglieva non solo ricette, ma anche consigli alimentari e dietetici, secondo la moda del tempo. Tra le varie ricette dei dessert, biscotti, mostaccioli e altro, è indicata quella “Per far Frappe, overo palle di pasta di strufoli” e viene descritta la preparazione delle frittelle. Veniva indicata una ricetta semplice, fatta con ingredienti poveri: farina, uova e zucchero.

L’impasto, spianato a mano col mattarello, creava una sottile sfoglia che veniva incisa con piccoli tagli paralleli e fritta in abbondante strutto per essere servita cosparsa di miele. Nel 1570, il gastronomo Bartolomeo Scappi, nella sua “Opera”, ripropose la ricetta “Per fare una pasta della quale se ne potrà fare palle & diversi altri lavorieri”. Propose una ricetta quasi identica a quella di Panonto ma con qualche variante, l’aggiunta dell’acqua di rose e del sale. Il dolce venne registrato anche nel tardo Settecento da Francesco Leonardi nell’opera “L’Apicio moderno” con il nome di Flappe e l’impasto venne arricchito col burro e il vino, dando origine alla ricetta che si utilizza ancora oggi. Ai primi dell’Ottocento le Flappe vennero riportate anche ne “La nuova cucina economica”, il dizionario gastronomico composto da Vincenzo Agnoletti che arricchì la ricetta con l’aggiunta di scorza di limone. L’autore, inoltre, propose anche una versione del dolce, detta “di magro”, utilizzando per l’impasto solo albumi e dell’olio.

Nel ‘900 Anna Gosetti della Salda, nel suo libro “Le ricette regionali italiane” riportò quattro diverse versioni di chiacchiere in base a una suddivisione regionale: le Chiacchere o lattughe in Lombardia, le Sfrappole in Emilia, i Cenci in Toscana e infine i Crostoli in Trentino, più golosi di tutti gli altri dolci per la gran quantità di burro e zucchero utilizzati. Ormai è il tempo giusto, siamo a febbraio, e nei supermercati, nelle pasticcerie e nei forni cominciano a vedersi i fragranti e gustosi dolci fatti al forno o fritti. Quando il tempo era meno tiranno le nostre nonne e le mamme preparavano queste delizie per la gioia di grandi e piccini in casa.

Le chiacchiere sono croccanti e delicate sfoglie, molto friabili e facilmente digeribili. La loro presenza nelle vetrine rende l’aria frizzante e allegra e si possono trovare anche ripiene o nella versione al forno, insieme alle castagnole semplici, al cioccolato o ripiene, alle bugie e alle zeppole. Le classiche frappe della nostra tradizione seguono una particolare filosofia, perciò la quantità di uova, farina e zucchero sono dettate più dal gusto personale che da una ferrea ricetta. Comunque, che sia la prima o la milionesima volta che si mangia una chiacchiera ogni morso è una magia ed è subito Carnevale.

Virginia Mariane

Amante del buon cibo, di un libro, della storia, dell’archeologia, dei viaggi e della musica

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