RIETI – Nel 1774, mentre in Francia saliva al trono Luigi XVI, in una Italia ancora divisa in Stati, Vittorio Amedeo III di Savoia, Re di Sardegna, istituiva la “Legione delle truppe leggere”: fu il primo esempio di un Corpo speciale con compiti di difesa militare e di vigilanza doganale. Da quel momento, un quarto di millennio di storia della Guardia di Finanza si intreccia con le vicende di questo Paese. Le guerre risorgimentali con la Repubblica Romana, l’Unità d’Italia, la prima e la seconda guerra mondiale, la Resistenza.
Nel 1821 le truppe leggere parteciparono ai moti liberali al Nord, sostenendo i garibaldini, il 24 maggio del 1915 sullo Julio a Brazzano i genieri austriaci stavano minando un ponte, ma “le vedette insonni del confine, le più isolate e le più sole, perché questo è il comando, il giuramento, il premio” sventarono l’azione sparando il primo colpo di fucile del conflitto mondiale. Durante la Resistenza l’aiuto agli ebrei in fuga verso la Svizzera (7 finanzieri sono “Giusti tra i Giusti’), a Milano il colonnello Alfredo Maugeri guidò da solo con i suoi uomini l’attacco contro i nazisti per liberare la Prefettura, la sede della X Mas e altri uffici governativi. Fu lui a suonare tre volte l’allarme antiaereo, annunciando la liberazione di Milano.
Negli anni cambiano i compiti: da Polizia doganale a Polizia tributaria, infine “Corpo di polizia economico finanziaria” proiettato al futuro (al motto Nec Recisa Recedit – Neanche spezzata retrocede – si affianca il motto scelto per il 250esimo Nella tradizione il futuro), poi lo sport con gli atleti delle Fiamme Gialle (saranno alle Olimpiadi a Parigi), nel 1965 l’istituzione del soccorso alpino, inizialmente a Predazzo. Negli anni e con l’Unità d’Italia, cambiano anche le divise: nel 1881 sul bavero ci sono già le fiamme, le stellette arrivano nel 1907, il saluto romano venne istituito per i militari nel 1928. In Italia oggi il Corpo conta circa 60 mila uomini, 135 sono a Rieti (la presenza qui risale al 1862, con un bando specifico di arruolamento, dopo l’Unità d’Italia), la caserma di Rieti è intitolata a Luigi Mattei, un comando è a Poggio Mirteto e dal 2022 è operativo il nucleo soccorso alpino anche ad Antrodoco.
In occasione della ricorrenza solenne per i 250 anni (con il prefetto di Rieti Pinuccia Niglio e il generale Virgilio Pomponi, comandante del Lazio), nella sala delle cerimonie è stata allestita (purtroppo solo fino al 30 giugno) un’esposizione storica i cui documenti vanno in parallelo con quelli dell’Associazione reatina collezionisti “Sabatino Fabi”: divise (la più vecchia è della legione reale piemontese, 1815), le medaglie in battaglia e quelle vinte dagli atleti delle Fiamme Gialle, scarponi, corde, ciaspole e corredi del soccorso alpino, monete, cartoline di propaganda fascista, lettere della Croce Rossa ai familiari sui soldati al fronte, diari di guerra aperti alla pagina dell’aprile 1919 “tornato sano e salvo”, attestati e croci di Cavaliere di Vittorio Veneto, lettere rigorosamente passate al vaglio della censura, un marengo del Re Eletto, le cinque giornate di Milano, il Governo provvisorio della Lombardia e quello della provincia di Venezia, le Am-lire, una rara moneta dei cippi di confine e tanto ancora: sono documenti che parlano di noi, dei nostri nonni e bisnonni e non lasciano indifferenti.
Il Comitato provinciale dell’Istituto Storico del Risorgimento presieduto da Gianfranco Paris non poteva perdere questa ghiotta occasione e ha subito organizzato la visita collettiva con i soci, guidata dal comandante provinciale della GdF colonnello Andrea Alba (nuovo socio dell’istituto storico del Risorgimento) e dal presidente dell’associazione collezionisti Valentino Gunnella. Garibaldi ha soggiornato a Rieti, in territorio reatino si è combattuta la prima battaglia del Risorgimento: “Sui Colli dell’Annunziata (Castelfranco e Villa Reatina), a Campoloniano e a Valle Oracola – precisa Paris – il generale Guglielmo Pepe diresse la battaglia dal Colle di Lesta che sovrasta Villa Reatina. Ad Antrodoco ci fu l’ultima resistenza dell’esercito napoletano che consentì al grosso dell’esercito di raggiungere L’Aquila e da lì Napoli”.
Nel 1840 lo Stato Pontificio e il Regno delle Due Sicilie decisero di segnare i confini tra i due Stati. Dove non era possibile segnarli in maniera naturale, seguendo il corso dei fiumi o i crinali montani, i due Stati posero dei cippi con i simboli del giglio borbonico da un lato e quello pontificio dall’altro lato. Alla base dei cippi veniva sepolta una moneta identificativa (di poco valore), ma si era sparsa la voce che ci fosse un tesoro e molti cippi vennero abbattuti per cercarlo. In esposizione anche la moneta rara del cippo di Cantalice.
L’Istituto storico del Risorgimento (con Gianfranco Paris, studiosi e storici) sta lavorando a un convegno sull’intero percorso del confine che andava da Gaeta ad Arquata del Tronto, con oltre 600 cippi. La Guardia di Finanza, insieme al Cai di Rieti e alla Fondazione Varrone, sta ultimando la pulizia e tabellazione del “cammino dei cippi” del tratto Poggio Bustone-Cantalice (con 13 cippi restaurati), che verrà presentato ufficialmente in autunno. Nel 2023 e nei primi mesi di quest’anno il Corpo della GdF ha individuato a Rieti 25 evasori, recuperando 27 milioni di euro, 14 lavoratori in nero o irregolari, ha sequestrato beni per 3 milioni e mezzo, effettuato interventi nel campo dell’edilizia e dell’energia, accise, altri danni erariali, sequestrato oltre 31 kg di stupefacenti, ha partecipato alle operazioni di soccorso nel terremoto in Turchia con assetti aerei e soccorso alpino con la Protezione Civile europea. Collabora ove richiesto con le altre forze dell’ordine ognuno per le proprie specifiche competenze. Auguri dunque per i primi 250 anni, molto ben portati.
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