//In Aspromonte vive la quercia millenaria

In Aspromonte vive la quercia millenaria

di | 2020-12-13T06:51:17+01:00 13-12-2020 6:53|Top Blogger|0 Commenti

Demetra merita la copertina di una rivista specializzata. Demetra è un albero che grazie agli studi del professor Gianluca Piovesan, ordinario di Scienze forestali all’Università degli Studi della Tuscia a Viterbo, salta alla ribalta della cronaca per la sua veneranda età di 934 anni. Una rovere (Qercus petraea) che vive sulle cime selvagge dell’Aspromonte e che per questo suo record è finita sulla copertina di Ecology, pubblicazione della Ecological Society nel mese di dicembre.
E a oggi risulta la latifoglia di clima temperato e boreale più vecchia del Pianeta.

Il professor Gianluca Piovesan

La localizzazione e la datazione con il radiocarbonio di questa quercia straordinaria è il risultato di una lunga attività di ricerca coordinata dal laboratorio di Dendrologia dell’Università della Tuscia in collaborazione con il Parco nazionale d’Aspromonte, il Centro di Fisica Applicata, Datazione e Diagnostica (CEDAD) dell’Università del Salento e l’Università di Madrid.
Oltre a Demetra il team coordinato dal professor Piovesan ha rilevato la presenza in quel territorio di altri 4 esemplari di rovere decisamente antichi. La quercia più giovane, anche questa datata al radiocarbonio, è risultata avere ben 570 anni. Tutti e cinque gli alberi vivono su scoscesi pendii rocciosi, isolati e oltretutto difficili da raggiungere. Una condizione che sicuramente li ha preservati in tutto questo tempo.
“La mirabile età di Demetra – afferma il professor Piovesan – dimostra che longevità di un millennio sono raggiungibili anche dalle angiosperme di clima temperato nelle montagne del Mediterraneo. Studiare la longevità degli alberi in risposta ai cambiamenti climatici in ambienti diversi è una priorità di ricerca sia per la conservazione della natura sia per le strategie di mitigazione del cambiamento climatico”.
Le ricerche di Gianluca Piovesan hanno portato a interessanti risultati anche in altri campi. “Studiare la longevità degli alberi in risposta ai cambiamenti climatici in ambienti diversi – afferma infatti – è una priorità di ricerca sia per la conservazione della natura sia per le strategie di mitigazione del cambiamento climatico”.
E da questi risultati emerge chiaramente che i parchi naturali, in questo caso specifico quelli dell’Aspromonte, della Sila e del Pollino, rappresentano degli hotspot di biodiversità mediterranea per la ricerca e che quindi meritano di essere custoditi e tutelati. L’istituzione delle aree protette ha consentito di preservare foreste vetuste e specie a rischio che trovano in alberi antichi il loro habitat, come alcuni coleotteri.
Il professor Piovesan ne è convinto: “Ciò che emerge sempre con maggiore evidenza è che gli ecosistemi forestali di montagna nelle regioni temperate e boreali, dove vivono gli alberi più antichi della Terra, hanno un valore conservazionistico rilevante”. Da qui la proposta. “In un recente lavoro con Alessandro Chiarucci dell’Università di Bologna pubblicato su Conservation Biology – conclude – abbiamo sottolineato la necessità di mappare tutti gli ecosistemi forestali di elevata naturalità nei diversi biomi del mondo al fine di proteggerli e raggiungere così gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Sostenibile”.

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