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Brunello Cucinelli: mecenate e umanista

di | 2024-04-14T10:27:47+02:00 14-4-2024 5:15|Personaggi, Sezione 4|0 Commenti

PERUGIA – Una irresistibile ascesa, quella di Brunello Cucinelli. Già rientrava tra i mille uomini più ricchi del mondo, adesso la rivista statunitense “Forbes”, che aggiorna anno dopo anno le classifiche, lo ha appena inserito al 697esimo posto. Un balzo verso l’alto di circa duecento posizioni. Brunello Cucinelli, il re del cachmere, l’industriale “illuminato”, irrompe nell’empireo dei Paperoni. Un Creso moderno che vanta un capitale – secondo il magazine più celebrato del globo – di quattro milioni e mezzo di dollari…

Quella dell’imprenditore perugino della moda (che si è allargato pure alle scarpe, agli occhiali, persino ai vini, tutti prodotti di lusso, sia chiaro) presenta tutti i crismi della storia (positiva) da raccontare e diffondere: un ragazzo di campagna che prende l’ascensore del successo e, con pieno merito, entra a vele spiegate nel club dei nababbi. Cucinelli nasce a Castel Rigone il 3 settembre 1953 sotto il segno della Vergine, per gli amanti dell’astrologia. In una famiglia dai mezzi modesti. Il padre contadino, e poi operaio (quando lasciò la terra per entrare in fabbrica, a Perugia, suo figlio, Brunello appunto, aveva appena quindici anni), lo sprona a studiare e il ragazzo consegue il diploma di geometra. Si iscrive anche all’università, facoltà di Ingegneria, ma lo studio – almeno all’epoca – non lo appassiona. Gli piace giocare al calcio, frequenta il bar di Gigino a Ferro di Cavallo, il quartiere dove i Cucinelli sono andati a vivere, si dedica alle carte ed al biliardo.

Un giovane come tanti. Sempre sorridente, gioviale, simpatico. E dagli occhi svegli. Alla fine degli anni Settanta la svolta, l’improvviso, inaspettato “clinamen”: gli frulla un’idea in mente, quella di tuffarsi nel mondo imprenditoriale, in particolare nel tessile. Gli inizi risultano faticosi, ovvio. Ma lui non è tipo da alzare bandiera bianca, tutt’altro: affida ad una zia, bravissima a lavorare la lana con i ferri, il compito di confezionare le maglie, diciamo così, prototipo, che poi dipendenti e cottimisti replicano. Ed il suo mercato si allarga a dismisura. Anno dopo anno le ambizioni del giovane imprenditore crescono, maturano, offrono frutti sempre più copiosi. Lui stesso, di persona, decide di volare in Asia per scegliere il cachmere migliore per i suoi capi. Intanto la piccola azienda iniziale si trasferisce a Solomeo, frazione di Corciano, paese in cui è nata la moglie, Federica Benda (che gli regalerà due figlie, Camilla e Carolina) e si installa in un antico castello medievale, ristrutturato, ampio, luminoso ed a misura d’uomo.

Perché Cucinelli persegue il fine di gestire una impresa, che ama definire “umanistica”, basata cioè sul rispetto, sulla dignità, sulla giustizia. Principi etici ritenuti essenziali con i quali relazionarsi con i dipendenti. Un mantra dell’industriale umbro recita: “Agisci in modo da considerare l’umanità, sia nella tua persona, sia nella persona di ogni altro, sempre come nobile fine, mai come semplice mezzo”. Col tempo Cucinelli ha riscoperto pure il piacere della lettura, dello studio, cui si era avvicinato leggendo – ha confidato – la “Critica della ragion pura” di Kant, le “Memorie di Adriano” della Yourcenar, il “Fedone” di Platone. I suoi interventi brillano di citazioni di filosofi o di riferimenti a pensatori di grande spessore. E non è un caso che gli siano state attribuite, honoris causa, due lauree in Filosofia (dagli atenei di Perugia e di Messina) ed una in Scienze Bancarie (Roma). Il presidente della Repubblica lo ha nominato Cavaliere di Gran Croce Omri e Cavaliere del Lavoro.

A conferma del suo interesse giovanile per il calcio, l’industriale ha gestito per più di tre lustri un club (il Castel Rigone, squadra della frazione di Passignano sul Trasimeno), quindi è diventato – richiamo del suo debole per la cultura – presidente, ed a lungo, del Teatro Stabile dell’Umbria. Ha posto anche in luce il suo lato da Mecenate: con le numerose donazioni ha consentito, tra l’altro, il restauro della Porta Etrusca di Perugia e la ricostruzione del duomo e dell’attiguo monastero di Norcia, questi ultimi devastati dal terremoto. Inoltre ha varato l’ambizioso piano di una Biblioteca Universale (una riproposizione in chiave moderna della famosa Biblioteca di Alessandria d’Egitto, fondata dai Tolomei), con sede in Solomeo, nel frattempo trasformata in un borgo davvero vivibile, elegante e grazioso.

Se qualcuno dovesse storcere la bocca leggendo queste righe, ritenendo che l’autore abbia redatto un peana dedicato ad un conoscente o comunque ad un concittadino, metto subito in chiaro che ho intervistato una sola volta questo imprenditore, allora agli inizi della carriera. Quando era solamente un perfetto sconosciuto. Avrà qualche difetto Cucinelli? Non lo so, perché non l’ho frequentato, ma è probabile: nessuno è perfetto. Nella valutazione di un soggetto contano, tuttavia, i risultati: salire “ex nihilo” così in alto; dare lavoro a centinaia e centinaia di persone, trattandole con rispetto; restituire, almeno in parte, alla comunità (in senso largo), le ricchezze accumulate, restano tutti elementi che fanno pendere la bilancia sul versante della piena positività.

In un mondo come quello di oggi, ridondante di odiatori, di arroganti, di prevaricatori, ed anche, sia concesso, di ignoranti (nel significato di mancanti di conoscenze), ce ne fossero di Brunello Cucinelli a governare i popoli, a tenere il timone della barca di questa povera, bistrattata umanità…

Elio Clero Bertoldi

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