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Minori in carcere: numeri in aumento

di | 2024-03-22T11:12:25+01:00 24-3-2024 5:30|Attualità, Sezione 7|0 Commenti

FORLI’ – Nel 2023 sono stati 1.143 i ragazzi e le ragazze che hanno fatto ingresso negli Istituti penali minorili. Mai così tanti negli ultimi quindici anni. E il ritmo delle presenze non sembra rallentare: nel mese di gennaio 2024 i giovani detenuti in misura cautelare erano 340 contro i 243 dell’anno precedente. Sono i dati allarmanti contenuti nel settimo Rapporto sulla giustizia minorile pubblicato da Antigone, che dagli anni Novanta si occupa di giustizia penale.

NEL MIRINO IL DECRETO CAIVANO “Non mi pronuncio su chi abbia o meno la responsabilità di quanto sta accadendo – ha dichiarato recentemente Carla Garlatti, Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza -. Non si può negare che ci sia un aumento oggettivo dei detenuti negli istituti minorili. Si applica maggiormente la misura restrittiva del carcere rispetto a quanto succedeva precedentemente. Abbiamo infatti dei numeri che non si erano mai registrati in maniera così elevata negli ultimi dieci anni”. Per Carla Garlatti, già Presidente del Tribunale per i Minorenni di Trieste, “se la volontà dell’inasprimento delle pene era quella di rappresentare un deterrente nei confronti di determinate condotte illecite, direi che i risultati che ci vengono proposti non vanno nella direzione sperata”.

QUALE PUO’ ESSERE IL METODO GIUSTO? “Quando si parla di minorenni – spiega Carla Garlatti – occorre sempre mettere in primo piano la fase rieducativa. Ci sono delle misure contenitive, ad esempio quella delle comunità al posto del carcere. In alcuni casi, e quello delle sostanze stupefacenti può essere uno di questi, la misura contenitiva può essere necessaria. La reclusione dei minorenni deve essere sempre l’extrema ratio. E quando viene applicata la misura della custodia in carcere deve essere accompagnata dalle misure rieducative”.

DATI ALLARMANTI La criminalità minorile torna ai livelli del 2015 con 32.522 ragazzi segnalati alle autorità, in aumento rispetto ai dati bassi del 2020, ma influenzati dalle restrizioni dovute alla pandemia da Covid-19. Un ragazzo ogni due che entra in un Istituto di pena minorile lo fa però per reati contro il patrimonio con percentuali che raggiungono il 55% sul totale, il 64% se si guarda agli stranieri e addirittura il 70% prendendo in esame solo le donne. Un dato da leggere con l’analisi geografica delle denunce di minorenni all’autorità giudiziaria, che aumentano soprattutto al Nord, meno nel centro Italia e sono in forte decremento al Sud.

DI CHI LE COLPE? “L’aumento del costo della vita nonché la privatizzazione di alcuni servizi pubblici molto più al Nord rispetto al Sud – si legge nel rapporto stilato dalla associazione Antigone –  impedisce ad alcune fasce di popolazione di accedere a una serie di servizi fondamentali nella vita di tutti i giorni, a cui negli anni passati quelle stesse persone avevano invece accesso; pertanto, la difficoltà o l’impossibilità di fruire di determinati servizi porta a vedere coloro che invece possono permetterseli come dei ‘privilegiati della società’, che hanno la possibilità di vivere in condizioni più agiate pur senza averne merito. E questo senso di frustrazione, soprattutto nelle aree urbane in cui negli ultimi anni vi è stata una crisi del sistema di welfare, favorisce l’insorgere di condotte devianti”.

PUNIRE PER EDUCARE? Non sembra questa la strada giusta da percorrere.  Per la Garante per l’infanzia e l’adolescenza, Carla Garlatti “la strada deve essere quella delle misure alternative insieme a quella della giustizia riparativa. Quest’ultima, si faccia attenzione, non sostituisce il procedimento penale ma lo affianca. Si tratta di una importante iniziativa perché consente al minorenne o alla minorenne di avere coscienza dell’errore commesso e di prendere in considerazione la vittima, che è la grande dimenticata del processo minorile, tanto è vero che non può costituirsi parte civile”.

Da tutto questo ne consegue che prendere piena consapevolezza del male che si è procurato può essere fondamentale soprattutto per determinati gravi reati per evitare la ricaduta e scongiurare la recidiva.

Fabrizio Rappini

Sono un giornalista professionista e ho lavorato alla Gazzetta di Forlì e poi al Corriere Romagna. Ho collaborato con diverse testate e mi sono occupato di sport e cronaca nera e giudiziaria.

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