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La vita di Francesco secondo Celestini

di | 2023-11-12T06:28:08+01:00 12-11-2023 5:40|Sezione9, Spettacolo|0 Commenti

GRECCIO – “Quante stelle stanno in cielo? Così tante che non si possono contare. Quante stelle stanno in cielo? Comincia a contarle. Una, due, tre. Arrivi a cento, centocinquanta. Poi perdi il conto. Non si possono contare perché sono tante e stanno tutte sparpagliate”. Inizia così, preceduto da battiti di ali e vociare di uccelli, lo spettacolo “Rumba – L’asino e il bue del presepe di San Francesco nel parcheggio del supermercato”, di Ascanio Celestini, musica di Gianluca Casadei, prodotto da Fabbrica, Fondazione Musica Per Roma, Teatro Carcano, commissionato dal Comitato Nazionale Greccio 2023 in occasione dell’ottavo centenario del presepe di Francesco a Greccio. Suono Andrea Pesce, Luci Filip Marocchi, Organizzazione Sara Severoni, Distribuzione Mismaonda.

Ascanio Celestini

L’anteprima nazionale dell’opera in versione ‘studio’, quindi minimal, senza scenografie, è stata rappresentata il 4 e 5 novembre nei locali del Centro della Comunità a Limiti di Greccio e il 9 novembre al teatro di Spoleto. La tournée nazionale inizia all’Auditorium Parco della Musica di Roma il 16 e 17 novembre, il 23 dicembre sarà al Piccolo di Milano, poi Genova, Firenze, Bologna e altre città. L’evento teatrale rappresenta l’essenza e lo spirito esemplare di San Francesco in un contesto inedito e suggestivo ed è stato scritto dopo interviste svolte sul territorio dallo stesso Celestini, insieme al sindaco di Greccio e presidente del Comitato ‘Greccio 2023’ Emiliano Fabi, nella primavera scorsa. Celestini ha fatto una full immersion nella vita e nei luoghi di San Francesco, le interviste sono state tante e interessanti, hanno coinvolto famiglie, mense, cittadini, hanno ispirato la sceneggiatura, insieme alla vita e alla storia ufficiale di Francesco “che non voleva possedere niente”. Non andranno perse, perché saranno inserite in un podcast.

In scena con Ascanio Celestini che racconta, c’è la fisarmonica di Gianluca. “Rumba” è la terza parte di una trilogia composta da Laika (2015) e Pueblo (2017). I due personaggi sono gli stessi in tutti e tre gli spettacoli, vivono in un condominio di qualche periferia e si raccontano quello che succede nella loro ‘vita’ quotidiana. Nella povera gente del quartiere riconoscono facce e destini analoghi a quelli degli ultimi, quelli che Francesco ha incontrato otto secoli fa. Oggi Francesco sarebbe vicino a loro, ai più poveri ed emarginati e forse oggi, a differenza di otto secoli fa, non sarebbe tanto mite, ma forse si arrabbierebbe e prenderebbe posizione. C’è Giobbe, magazziniere analfabeta che ha organizzato il magazzino senza nemmeno una parola scritta, Joseph che è partito dal suo paese in Africa, ha attraversato il deserto, è stato schiavo in Libia e poi naufrago nel mare. Forse si è salvato, ma in Italia è finito in carcere. Appena uscito è stato un facchino, ma adesso è un barbone. C’è lo zingaro che ha cominciato a fumare a otto anni e sta ancora lì che fuma, accanto alla fontanella, davanti al bar. E c’è un mare di gente in fondo al mare, “ma non è morta, perché è senza nome” e ancora “Quante stelle stanno in cielo? Così tante che non si possono contare. Quante stelle stanno in cielo? Comincia a contarle. Una, due, tre. Arrivi a cento, centocinquanta. Poi perdi il conto. Non si possono contare perché sono tante e stanno tutte sparpagliate”, ripete più volte Celestini.

L’opera porta un messaggio di pace universale nello stile inconfondibile di Celestini, “un messaggio che oggi è più che mai necessario rilanciare con sempre maggiore convinzione e forza – commenta il sindaco Emiliano Fabi – è stata una grande emozione, oltre che una bellissima esperienza, aver partecipato insieme a tanti cittadini alla realizzazione di questo spettacolo, che ripercorre e cerca di tradurre in chiave moderna il profondo messaggio lanciato da Francesco a Greccio, nella notte di Natale del 1223, quando realizzò proprio qui la prima rappresentazione del presepe della storia”.

Il primo presepe era solo un asino, un bue, una mangiatoria con la paglia, le spighe di grano, a significare che Gesù può nascere ovunque, soprattutto tra la gente più povera e che Betlemme è qui tra noi, che oggi assistiamo inermi ai nuovi fatti di sangue, che Francesco aveva rinnegato, avendo imbracciato la spada, sapendo cosa significhi uccidere. Si rifugiò al sacro speco di Poggio Bustone per perdonare se stesso.

Dopo otto secoli nulla è cambiato, forse è anche peggiorato e Celestini trasmette tutto ciò, nel suo inconfondibile stile, surreale, ironico e diretto allo stesso tempo.

Francesca Sammarco

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