//Non toccateci la pasta, vera eccellenza d’Italia

Non toccateci la pasta, vera eccellenza d’Italia

di | 2023-10-29T09:08:32+01:00 29-10-2023 6:00|Punto e Virgola|0 Commenti

E’ il primo giorno di aprile del 1957 e la BBC (non Telemontecocuzzolo…) manda in onda nel programma Panorama un filmato di 3 minuti durante il quale viene mostrata una famiglia del sud della Svizzera intenta a raccogliere nell’orto di casa spaghetti dall’albero. All’epoca gli spaghetti (e più in generale la pasta) non erano evidentemente molto conosciuti nel Regno Unito, così tanti non sapevano che in realtà sono fatti con farina e acqua. La faccenda comunque ebbe una certa qual risonanza tanto che qualche telespettatore successivamente contattò l’emittente televisiva per avere un consiglio sulla coltivazione di quegli alberi così particolari.

Un pesce d’aprile di pessimo gusto, non rispettoso delle tradizioni e delle eccellenze gastronomiche di un altro popolo. E’ come se la Rai mandasse in onda un servizio sulla coltivazione dell’albero di porridge: come prenderebbero gli inglesi una provocazione del genere, per quanto possa trattarsi di uno scherzo? Come che sia, qualche decennio dopo la CNN definì quella trasmissione “la più grande bufala che qualsiasi istituzione giornalistica rispettabile abbia mai tirato fuori”.

Parlare male della pasta e mettere alla berlina i miliardi di consumatori in ogni angolo di mondo è operazione squallida, di livello infimo poichè si tratta di un alimento semplice e completo, senza controindicazioni culturali o religiose, con costo accessibile e facile da conservare. Per questa ragione, dal 1998, ogni 25 ottobre la pasta viene celebrata con una giornata interamente dedicata alla promozione e divulgazione delle sue straordinarie caratteristiche di prodotto salubre e gustoso. La Giornata mondiale della pasta (organizzata dall’Unione Italiana Food) nasce quindi con l’intento di celebrare un prodotto sano, sostenibile, diffuso in tutti i continenti e in grado di soddisfare tutti i tipi di cucina. La prima celebrazione ebbe luogo a Napoli 25 anni fa e da allora si festeggia in diverse città in tutto il mondo per attirare l’attenzione sul ruolo globale ed unificante di un alimento dai molti pregi nutrizionali e dalle caratteristiche organolettiche uniche, riconosciuto dall’Unesco come Patrimonio culturale immateriale dell’Umanità.

La celebre scena di Alberto Sordi che divora un piatto di spaghetti nel film “Un americano a Roma”

Contrariamente a quanto molti pensano, non fu Marco Polo a portare la pasta per la prima volta in Italia. La leggenda circola dalla prima metà del ‘900 e fu il Macaroni Journal (rivista dell’associazione dei produttori americani) ad elaborarla e pubblicarla per la prima volta nel 1929. Sebbene inverosimile, la storia riscontrò fin da subito un discreto successo, tanto da ispirare una scena de Le avventure di Marco Polo, film del 1938 con Gary Cooper. In breve, la vicenda narra di un marinaio dell’equipaggio, tale Spaghetti, che avrebbe appreso in Cina come preparare una pasta dalla forma lunga e sottile. La base della diceria pare essere un passaggio de Il milione in cui il viaggiatore veneziano menziona un albero (probabilmente la palma del Sago) dal cui frutto si ricava effettivamente un alimento alla vista simile alla pasta.

E stavolta è Totò a divorare gli spaghetti

Il dato certo è che il consumo in Italia si attesta a molto prima del ritorno dalla Cina del leggendario esploratore. Bassorilievi sulla “Tomba dei Rilievi” di Cerveteri del IV secolo a.C. sembrano raffigurare alcuni strumenti atti alla preparazione di una pietanza a base di acqua e farina simile alla pasta fresca. Anche i Romani erano soliti consumare la lagana, antenata della lasagna che veniva però servita come contorno insieme a carne, pesce o uova. Tuttavia, è agli arabi che si deve l’invenzione della pasta secca, un prodotto particolarmente adatto a rimanere integro durante le traversate nel deserto. Nel Decamerone, Boccaccio parla dell’immaginario paese di Bengodi, dove su una montagna di parmigiano i cittadini cucinano maccheroni e ravioli. In effetti, proprio il formaggio è stato a lungo il principale condimento della pasta, anche se sulle tavole più facoltose non mancavano accostamenti ben più arditi e fantasiosi.

Solo nel XIX secolo si celebra finalmente il matrimonio perfetto tra la pasta e il suo condimento più famoso: la prima ricetta degli spaghetti al pomodoro risale al 1837. La pasta ha legato il suo nome alla città di Napoli. Tale era la sua diffusione all’ombra del Vesuvio che nel corso del ‘700 i napoletani vennero addirittura soprannominati “mangiamaccheroni”. Di questa grande popolarità fu testimone Goethe. Durante il soggiorno a Napoli del 1787, il grande scrittore tedesco rimase sorpreso nel constatare come i maccheroni venissero venduti un po’ dappertutto e per pochi soldi. Re Ferdinando IV ne era un avido consumatore e la mangiava direttamente con le mani senza l’uso di posate.

Certamente i numerosi pastifici della zona contribuirono a spingere la diffusione del prodotto. Il ‘500 e il ‘600 furono due secoli chiave per il boom della pasta secca, alimento estremamente versatile durante le carestie: si conserva a lungo, è economico e possiede un alto valore nutritivo. In zone in cui la presenza d’acqua era copiosa sorsero mulini e pastifici a conduzione familiare. La cittadina di Gragnano ne è un esempio lampante: nel 1845 Ferdinando II di Borbone incaricò i pastai locali dei rifornimenti delle cucine di corte.

C’è bisogno di aggiungere altro? No, solo che, in occasione del World Pasta Day, i pastai di Unione Italiana Food hanno simbolicamente donato alle mense Caritas di Milano, Roma, Napoli e Palermo un quantitativo sufficiente ad assicurare 250.000 pasti caldi. Insomma, non toccate la pasta: né a noi italiani, né ai miliardi di consumatori che la mangiano quasi ogni giorno in ogni angolo del pianeta. A proposito, il record mondiale di consumo appartiene naturalmente a noi: ogni anno, in media, un italiano ingerisce 23 chili di pasta d’ogni genere e tipo.

Buona domenica (con un bel piatto di pasta in tavola).

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