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Nel solstizio d’inverno c’è il “sole fermo”

di | 2023-12-15T11:23:32+01:00 17-12-2023 5:35|Attualità, Sezione 8|0 Commenti

MILANO – Il “sole fermo”. Un tempo lo definivano così gli antichi latini: solstitium deriva dall’unione di sol (sole) e stitium (fermo). Un tempo in cui stare fermi, in cui il tempo e la stessa vita sembrano rallentare. Il solstizio di venerdì 22 dicembre segna il passaggio dall’autunno all’inverno e indica il giorno più corto dell’anno, in cui si registrano solamente 8 ore e 46 minuti di luce solare. Lo spostamento del solstizio d’inverno si spiega attraverso il calendario redatto dall’Institut de mécanique céleste et de calcul des éphémérides dell’Osservatorio di Parigi, che ha stilato un elenco dei solstizi invernali tra il 1583 e il 2999. A seconda dell’anno, il solstizio d’inverno può cadere il 21 o il 22 dicembre, o addirittura il 20, come nel 2080, o addirittura il 23 dicembre, come è successo nel 1903.

Bisogna fare una distinzione fra l’anno solare su cui è basato il calendario gregoriano e l’anno siderale che dura 365 giorni, 6 ore, 9 minuti, 10 secondi. Il calendario che utilizziamo è lungo 365 giorni, questo però fa sì che vengano lasciate fuori circa sei ore ogni anno. Questo ritardo con il tempo si accumula, causando una oscillazione del solstizio d’inverno fra il 21 e il 22 dicembre. Ogni quattro anni avviene poi una sorta di “recupero”, aggiungendo un giorno a febbraio.

Il solstizio è un fenomeno astronomico legato all’inclinazione dell’asse di rotazione della Terra rispetto all’eclittica. Si verifica quando il Sole illumina una zona del Pianeta per meno ore, smette infatti di calare rispetto all’equatore celeste, per poi invertire il proprio cammino. Nel corso di questa giornata inoltre il Sole tocca il punto più basso che si trova all’orizzonte e a mezzogiorno raggiunge l’altezza minima di tutto l’anno.

Il solstizio d’inverno è un fenomeno conosciuto sin dall’antichità, legato a credenze, leggende e con un enorme valore simbolico. Nell’Antico Egitto veniva celebrato il dio Horus, mentre in Messico gli Inca onoravano il dio Inti. E se in Grecia, il solstizio d’inverno era il tempo di Adone ed Ercole, gli Aztechi onoravano gli dei Huitzilopochtli e Bacab. I popoli del Nord invece credevano che in questa giornata si mostrasse il dio Freyr, figlio di Freya e Odino.

Nel corso dei secoli, i popoli hanno celebrato il passaggio durante il solstizio d’inverno dalle tenebre alla luce. Nell’antica Roma invece si festeggiavano i Saturnali, una giornata in cui venivano azzerate le distinzioni sociali, gli schiavi infatti prendevano il posto dei loro padroni e ci si scambiavano dei regali. Per i romani era festeggiare la rinascita del sole: “sol invictus”. 

Un famoso luogo di ritrovo per appassionati è Stonehenge, in Gran Bretagna, secondo alcuni studi il complesso di pietre sarebbe stato voluto dai druidi (sacerdoti celtici) che avrebbero disposto i megaliti per consentire una perfetta visuale del sole che tramonta. Questo evento veniva ricordato con particolari rituali per celebrare la vittoria della luce sulle tenebre, oggi si accoglie questa giornata con canti e musiche di corni e tamburi.

Invece Vancouver, in Canada, ha creato il Solstice Lantern Festival della città. I partecipanti possono frequentare laboratori per creare la loro lanterna e sfilare in processioni notturne per tutta la città che culminano in spettacoli di fuoco. Ci si fa strada attraverso il Labirinto di Luce, di 600 candele che invita i visitatori a lasciar andare i vecchi pensieri e a trovare nuove possibilità per il prossimo anno.

Il solstizio rappresenta dunque una fermata obbligata del Sole lungo il suo cammino attraverso la volta celeste e ci permette di rallentare un po’ tutti, in vista della luce da accogliere nella notte del Santo Natale.

Claudia Gaetani

Nell’immagine di copertina, il solstizio d’inverno a Stonehenge in Inghilterra

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