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Mausoleo Swobada, tesoro a Mentana

di | 2024-05-05T09:29:57+02:00 5-5-2024 5:00|Arte, Sezione 1|0 Commenti

MENTANA (Roma) – Un “locus amoenus”, un piccolo tesoro di meraviglie e di arte, ombroso, fresco e profumato laggiù in fondo, nella parte che, prima di essere costruita l’ala nuova, era la più recondita del cimitero di Mentana. Al Mausoleo Swobada – perché di questo si parla – si arriva attraverso un lungo viale di cipressi. Questo, nel progetto, aveva la funzione di accompagnare il visitatore fino a “La couple” (l’amplesso), scultura simbolo della storia raccontata da questo monumento all’amore e all’amicizia. Nel 1996 il critico d’arte Federizo Zeri, residente a Mentana, chiese a Salvatore Vicario, suo amico e medico oltre che grande studioso di cose locali, se avesse notizia della tomba fatta realizzare in paese dal famoso scultore Jacques Swobada (autore di diverse opere sparse nel mondo tra cui il monumento a Simon Bolivar a Quito, in America latina). L’opera era per sua moglie Antonia Fiermonte , da lui amata “di un amore incomparbile”.

Questa tomba – Zeri aveva spiegato a Vicario – secondo quanto da lui letto in una biografia “avrebbe sfidato i secoli” per la sua simbologia legata ai valori umani più profondi: amicizia, amore, erotismo. Antonia era di origine pugliese, Swobada l’aveva conosciuta a Roma in un circolo intellettuale e ne era stato subito irrimediabilmente colpito. Come non notare quella figurina raffinata, colta, elegante e autorevole, oltre che bella e giovane? Tra i due era stato amore da subito e lei, per sposare lo scultore, aveva lasciato il marito, René Leturneur, anche lui appartenente alla stessa cerchia di intellettuali. Ma durò poco perché Antonia, prematuramente, morì nel 1956. Inconsolabile, Swobada pensò subito a come rendere eterna lei, la sua musa.

Il luogo prescelto fu Mentana perché questo rispondeva al desiderio di Antonia di essere sepolta in campagna, nel verde e al riparo dalla confusione della città. I lavori per realizzare il mausoleo iniziarono subito e furono affidati a Paul Herbè, amico intimo di Swobada e di Antonia. Ai due artisti-colleghi piaceva particolarmente l’idea di poter realizzare un’arcata (oggi tamponata per le nuove leggi cimiteriali), che si affacciasse su una verde vallata, proprio davanti al monumento. Purtroppo la morte di Herbè, e poi dello stesso committente, portò ad una interruzione dei lavori e l’opera rimase per molto tempo incompiuta e abbandonata a se stessa, anche se il degrado non ha impedito mai alla bellezza di prorompere e manifestarsi da sotto quelle rovine.

Prima che Vicario scrivesse il suo libro “Swobada a Mentana. Amore sfolgorante, simbolismo erotico” (1996), nessuno era a conoscenza di cosa rappresentasse quella costruzione, maestosa ma serrata nel suo misterioso silenzio. Era il 1996 e il dottor Vicario (poi scomparso nel 2019), anche lui ignaro del significato di quel mausoleo, anonimo relitto di amministrazioni che non si sono mai fatte domande, raccontò la sua genesi nel libro che poi scrisse. Tra le pagine lo studioso spiegò di essersi sentito quasi in dovere di indagare e, quindi, di raccontare la “realtà romanzesca che le notizie in sequenza come grani di un lungo rosario, mi fecero conoscere”.

Le indagini avviate da Vicario misero in moto l’allora sindaco Luigi Cignoni, furono contattati gli eredi di Antonia e il mausoleo venne restaurato. In tutto il suo splendore, riflesso dalla luce del sole sul marmo bianco, esso fu inaugurato alla presenza della figlia Anna Filali con il marito, ambasciatore del Marocco. Per il comune di Mentana, ciò significò avere in dono, oltre al monumento, anche altre sculture – copie di valore di busti conservati in Francia – che avrebbero dovuto farne parte secondo l’idea originaria dello scultore. Erano presenti Federico Zeri e autorità locali e nazionali, a celebrare quella traccia di presenze creatrici, subliminali e tanto potenti da disorientare ogni visitatore. Quella di Salvatore Vicario fu una scoperta, o meglio, una rivelazione per quanti si erano chiesti il significato di quei ruderi rimasti muti per troppo tempo.

Salvatore Vicario

Oggi la storia di questo amore travolgente e creativo sopravvive, oltre che a Mentana, in un museo a Lecce, città di origine di Antonia. Qui la nipote Antonia Filali ha creato il brand “La Fiermontina”, un elegante resort dedicato a sua nonna, la musa. In questo posto la sua immagine muliebre sopravvive in una sorta di accademia umanistica dove, oltre al relax, gli ospiti hanno la possibilità di farsi raccontare questa storia d’amore, respirare cultura in un clima filantropico, vedere le opere di Swobada qui custodite in un museo. “La Fiermontina” è l’ambiente che Swobada avrebbe voluto per la sua donna, tessitrice di relazioni forti e di poesia.

Il critico d’arte Federico Zeri

E mentre a Lecce la figura di Antonia diventa un centro di interesse culturale e turistico, a Mentana il bellissimo monumento è tornato un po’ nell’oblio e se non è proprio del tutto così, il suo passato di degrado rischia di non essere niente in confronto a ciò che gli riserva il futuro. L’amministrazione, infatti, ha decretato la costruzione di un forno crematorio nell’area cimiteriale e questo progetto non favorirà certo il rilancio turistico del sito monumentale. Il cimitero di Mentana, nonostante il suo titolo di monumento, potrebbe trasfomarsi nel capolinea di carri funebri provenienti dalla provincia per incenerire defunti. Il silenzioso “genius loci” di Mentana, l’angolo di rara perfezione, rischia così di diventare il testimone dell’oltraggio al territorio che avrebbe voluto onorare con la sua presenza. Più di ieri, meno di domani.

Gloria Zarletti

Nell’immagine di copertina, lo splendido Mausoleo Swobada nel Cimitero munumentale di Mentana

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